Tetti ai risarcimenti civili delle strutture e limiti all'imputabilità dei medici la cui responsabilità diventa extracontrattuale: questi i meccanismi con cui la legge sulla sicurezza delle cure approvata il 28 febbraio scorso e ora firmata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dovrebbe cambiare il quotidiano del medico, principalmente ospedaliero, eradicando il ricorso a pratiche difensive messe in atto per evitare "grane" in caso di eventi avversi sul paziente, e la relativa spesa.
Per morte o lesioni personali ad un paziente, in caso di negligenza o imprudenza o inosservanza di linee guida il medico può rispondere per colpa grave e la sua responsabilità può rivestire ambiti penali (articolo 590 sexies). Ma in caso di imperizia, ove si fosse attenuto alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate o, in mancanza, alle buone pratiche clinico-assistenziali, la sua punibilità è esclusa, sempre che sia provata la rispondenza delle regole seguite al caso concreto. Un decreto dirà come dovranno dialogare società scientifiche e Istituto superiore di sanità per validare le linee guida.
In ambito civile, invece, la struttura risponde delle condotte dolose o colpose dei suoi sanitari per responsabilità contrattuale che si estende all'attività intramoenia del medico e persino alla ricerca clinica e al medico convenzionato con l'Asl od operante con la telemedicina. Il sanitario risponde solo per responsabilità extracontrattuale (articolo 2043 del codice civile) a meno che non abbia operato fuori controllo della struttura o assunto obblighi espliciti; il giudice tiene sempre conto del fatto che abbia seguito le linee guida. C'è un tetto a quanto possono risarcire le strutture ed è fissato dalle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, integrabili entro certi limiti per tener conto di fattispecie non previste.
La struttura può rivalersi per danno del sanitario solo in caso di dolo o colpa grave. Nel caso delle strutture pubbliche non si parla di rivalsa ma di azione per responsabilità amministrativa (danno erariale) che si esercita alla corte dei conti. La rivalsa delle strutture private è presso il giudice ordinario. Se il sanitario è stato parte del giudizio o della procedura stragiudiziale di risarcimento danni, l'azione può essere esercitata subito, se non è stato parte può essere esercitata solo dopo aver versato il risarcimento, entro un anno, e della decisione del giudizio precedente non si tiene conto. Mai si può opporre una transazione al sanitario in un giudizio di rivalsa.
Nel quantificare il danno, la procedura alla corte dei conti tiene conto delle situazioni di difficoltà della struttura pubblica in cui il sanitario ha operato. Sia nel pubblico sia nel privato l'importo della condanna non può superare il triplo della retribuzione annua del sanitario. Nel pubblico in compenso quest'ultimo nei 3 anni successivi al giudizio non può essere promosso e il giudicato pesa sulla successiva valutazione.
Mauro Miserendino
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