Se il Ddl Concorrenza verrà approvato così come licenziato dal Sentato, anche dalla Camera in terza lettura, nei fatti non cambierà quasi nulla rispetto alla situazione attuale: mentre molto cambierà sotto il profilo di diritto.
L'art. 57 del DDL Concorrenza sancisce apertamente - stavolta attraverso lo strumento legislativo - quanto nei fatti già ammesso dalla giurisprudenza intervenuta negli anni: la possibilità cioè di gestire una struttura odontoiatria tramite società del codice civile.
Infatti è dal 1934 che RD 1265/1934 (TU Leggi Sanitarie) ammette all'art. 193 la possibilità per le persone giuridiche (società del codice civile) di gestire strutture sanitarie (di tutte le branche sanitarie) .
Oggi - dopo feroci battaglie sul tema - il legislatore del DDL concorrenza si limita solo a precisare, in maniera palese ed incontrovertibile, che tale possibilità è lecita anche per il settore odontoiatrico.
Ora, preme precisare alcuni aspetti.
Ammettere la legittimità della gestione tramite società non significa "equiparare" l'attività del dentista con l'attività di una società.
Il dentista eroga una prestazione professionale; la società di gestione di servizi odontoiatrici (questa è la locuzione giuridica corretta, e non l'abusata e non corretta locuzione di "società commerciale") gestisce un "complesso organizzato" di beni e persone che eroga prestazioni odontoiatriche sempre attraverso professionisti abilitati e ove vi è l'obbligo di un direttore sanitario odontoiatra (con il DL Concorrenza oggi in esclusiva) che ha un obbligo di controllo sui profili igienici sanitari.
Quindi, in entrambi i casi, la prestazione sanitaria viene erogata da odontoiatri iscritti all'Albo.
Peraltro oggi, dopo la legge 24/2017 che obbliga le strutture sanitarie ad avere tutte l'assicurazione sull'attività dei propri professionisti, non vi è più alcune differenza neppure per quanto attiene ai profili di responsabilità sanitarie nei confronti dei pazienti.
Ciò che differenzia le due fattispecie è solo la complessità organizzativa: nel primo caso infatti l'attività viene svolta in uno studio nel quale si ha una diretta riferibilità al professionista titolare dello studio; nel caso della struttura sanitaria invece il paziente sceglie di riferirsi non ad un singolo specifico professionista ma un complesso più complessamente organizzato nel quale possono essere presenti ed operanti più dentisti.
Questa è la distinzione: non la qualità intrinseca della prestazione (che può essere corretta o non corretta in entrambi i casi, come dimostrato dalle richiesta danni che intervengono nell'uno e nell'altro caso), ma la volontà del paziente di scegliere (riferirsi) ad un dentista specifico oppure ad un centro organizzato nel quale operano più soggetti.
Cosa c'è di sbagliato in questa possibilità?
Avvocato Silvia Stefanelli: esperto di diritto sanitario in Bolgona
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