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05 Aprile 2018

Dubbi sulle responsabilità del prestanome e l’eventuale interdizione dalla professione

Per l’Osservatorio del Diritto Farmaceutico, la Legge Lorenzin non lo prevede

Norberto Maccagno

Come per tutte le leggi “nuove”, saranno poi le sentenze a definirne nel dettaglio la loro applicabilità. Una delle novità della Legge Lorenzin, nella parte in cui inasprisce le pene per abusivi e prestanome, riguarda l’esplicita indicazione dell’interdizione da 1 a tre anni dalla professione per chi, iscritto ad un Albo professionale, ha esercitato una professione senza averne i titoli ma anche, almeno questa era la nostra interpretazione, per chi ha consentito di farlo: il prestanome come viene chiamato nel settore il medico che permette ad altri di fare il dentista senza averne i titoli.  

Non sarebbe così per l’avvocato Francesco Cavallaro, che sul sito Ius Farma, quotidiano del diritto farmaceutico, evidenza come la norma non dica questo.  

“La nuova disposizione –scrive l’avvocato Cavallaro- distingue tra due posizioni e prevede, per chi eserciti abusivamente la professione la reclusione da sei mesi a tre anni, e la multa da € 10.000 ad € 50.000, il sequestro delle attrezzature nonché l’interdizione da uno a tre anni dalla professione da parte dell’Ordine o registro al quale sia eventualmente iscritto”. Per chi abbia determinato o diretto l’esercizio abusivo della professione, continua il legale, la norma prevede “la reclusione da uno a cinque anni e la multa da € 15.000 ad € 75.000; non è invece prevista la interdizione dalla professione e tale asimmetria suscita perplessità, lasciando aperta la questione se la interdizione debba o non debba essere applicata, dato che in mancanza di una pena chiaramente stabilita (art. 1 del codice penale) nessuna sanzione è applicabile”.  

E proprio sulle pene per il prestanome, l’avvocato Cavallaro ritiene “che l’interdizione da una professione è una pena accessoria che può essere prevista solamente da un giudice, ed è quindi singolare che ne venga prevista la irrogazione da parte dell’Ordine professionale, tanto più che tra le sanzioni disciplinari che possono venir inflitte dagli ordini (avvertimento, censura, sospensione e radiazione) l’interdizione non è ricompresa”. “C’è quindi da chiedersi fino a che punto tale previsione legale risulterà effettivamente praticabile” conclude l’avvocato.  

“Il dettato normativo del nuovo art. 348 c.p. è tutt’altro che chiaro”, osserva l’avvocato Laura Asti, dello studio legale Stefanelli. “Soltanto la Cassazione potrà dipanare i molteplici interrogativi che si pongono all’interprete e che nasceranno durante i procedimenti giudiziari. E’ evidente, difatti, che  a seconda di come si “legga” la condotta descritta nell’ultimo comma (relativa a chi abbia determinato o diretto altri ad esercitare abusivamente la professione), conseguiranno effetti di gran lunga differenti”. “Nell’ipotesi prospettata dal Collega –continua- ci si troverebbe di fronte ad una fattispecie autonoma di reato. In tal caso, se si trattasse di “altro” reato rispetto a quello previsto dal primo comma (relativo a chi esercita abusivamente), le pene accessorie non troverebbero applicazione, perché non previste espressamente dal legislatore. Se, invece, si qualificasse quella condotta come circostanza aggravante, non vi sarebbero dubbi in ordine alla irrogazione anche delle sanzioni accessorie”. “E’ evidente che il legislatore ha formulato la norma in maniera infelice”, dice l’avvocato Asti.

“Il sistema penale italiano prevede, difatti, un modello di concorso di reato di pari responsabilità, in sostanza tutti coloro che concorrono sono considerati egualmente responsabili e punibili, salvo poi graduare la pena in base al ruolo effettivamente svolto (sia attraverso il riconoscimento di specifiche aggravanti ed attenuanti, sia in base a taluni correttivi che impongono di valutare in concreto il contributo prestato). In altri ordinamenti, invece, vige un sistema a responsabilità differenziata: si risponde di concorso, solo se quella specifica condotta è prevista e descritta ed ogni concorrente sarà ritenuto diversamente responsabile e punibile. Nelle Legge Lorenzin il legislatore sembrerebbe aver creato una fattispecie qualificata di concorso, che prevede per taluni concorrenti una sanzione penale più grave”.

La complessità della materia è evidente. Di certo la ratio della riforma Lorenzin era quella di aumentare le pena per i professionisti che favoriscono il reato, lasciando lo spettro di tutte le ulteriori sanzioni accessorie (in particolare la sanzione interdittiva e la confisca delle attrezzature utilizzate).

Per l’avvocato Asti servono ancora due osservazioni conclusive per fare il punto sull’argomento: “che senso avrebbe applicare la sanzione interdittiva soltanto contro chi, nella maggior parte dei casi, esercita in maniera abusiva proprio perché privo dei titoli abilitanti e quindi non verrebbe applicata? Ed ancora: se la confisca riguardasse soltanto i beni di proprietà dell’abusivo. La sanzione –conclude l’avvocato- si vanificherebbe ogni qualvolta la strumentazione fosse di proprietà di un terzo. E questo terzo fosse proprio il professionista che ha determinato o diretto l’abusivo? Staremo a vedere come si esprimerà la Suprema Corte, di certo c’è necessità di chiarezza”.      

“Abbiamo imparato che, in ambito giuridico, quanto consideriamo logico non è scontato che lo sia nel giudizio finale”, commenta ad Odontoiatria33 il presidente ANDI, Gianfranco Prada. “La richiesta che abbiamo trasmesso ai parlamentari, chiedendo di inserire l’emendamento al Disegno di Legge Lorenzin, era proprio quella di inasprire le pene in primo luogo per chi esercita abusivamente, ma anche per l’odontoiatra iscritto all’Albo che si presta a far commettere l’illecito, sia con pene più severe ma soprattutto con la sospensione dalla professione per un congruo periodo. Se i giudici interpretando la Legge riterranno che l’interdizione non è direttamente applicabile al prestanome, allora dovrà essere ancora più incisiva l’azione dell’Ordine chiamato comunque a giudicare l’iscritto condannato, comminando la sospensione di almeno un anno, come previsto dal nostro codice deontologico e dalla Legge 175/92”.      


Questo il testo dei commi della Legge Lorenzin che riguardano abusivo e prestanome.  

1. L'articolo 348 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 348 (Esercizio abusivo di una professione). - Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000.La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attività, la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell'applicazione dell'interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata.

Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l'attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo».                      

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