In questo numero Dental Cadmos inizia una rubrica dedicata ai problemi odontoiatrici degli ex-giovani. Si tratta, come giustamente ha impostato il collega Ragonesi, autore della rubrica, non solo di esaminare tali problemi dal punto di vista strettamente odontoiatrico, ma, anche e soprattutto, dal punto di vista del “contesto”, intendendo come tale l’ampia serie di disagi, talora drammatici, che l’anziano si trova a dover affrontare come conseguenza della sua patologia odontoiatrica. Ecco allora, ancora una volta, emergere la necessità che ogni dentista si prepari a curare “persone e non solo bocche”. Questo slogan, più volte ripetuto con tono solenne e sentenzioso deve poi concretare la sua attuazione pratica in una maniera che non trova sempre preparato il professionista.
Infatti, mentre fare una otturazione, sia pur difficile, in una radice scoperta, può costituire “solo” un grosso problema tecnico-operativo, curare in modo integrato (olistico?) il paziente anziano, è problema tutto differente. Anche se può apparire paradossale introdurre nell’argomento “otturazione radicolare” una costellazione di problemi esistenziali dell’anziano, questa è la pura ed autentica verità, con la quale dobbiamo imparare a misurarci: verità articolata in una serie di particolari molto più ampia di quella di un adulto normale. Infatti l’anziano, come elemento primario e costante, ha paura: di apparire troppo pavido, di un’anestesia che può dargli disturbi, di apparire ridicolo con il suo comportamento esitante, di non essersi spiegato bene, di non essere ascoltato con sufficiente attenzione, di non avere abbastanza soldi per pagare, di non poter più mangiare, di non poter più sorridere, di non poter più parlare bene, “senza che gli altri se ne accorgano”… Insomma: ha paura di tutto.
Nella parte strettamente clinica della nuova rubrica il lettore troverà i suggerimenti più specifici riguardo i problemi tecnico-manuali da affrontare. Nella obbligata stringatezza di un editoriale io mi limito ad integrare quanto descritto dal collega Ragonesi con un semplicissimo consiglio di base, valido per tutto il team: prepararsi. Prepararsi, come? In modo semplicissimo, l’unico davvero fondamentale, dal punto di vista operativo: date al paziente anziano tempi di cordializzazione e di spiegazione più lunghi di quelli standard. Calcolate, per questi appuntamenti, almeno un quarto d’ora in più: per ascoltare, per informare, per spiegare, per tranquillizzare. Questo è tempo ben speso, clinicamente e umanamente: questo è l’investimento giusto per curare al meglio gli ex-giovani.
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