Fondamentale per un buon successo a distanza delle ricostruzioni con i materiali compositi è garantire un'ottima fotopolimerizzazione di questi materiali. Al momento sul mercato esistono quattro diversi tipi di lampade fotopolimerizzatrici che si basano su differenti principi fisici :
- Lampade alogene
- Lampade ad arco al plasma
- Lampade laser
- Lampade light -emitting diodes (LED)
In questa sezione tratteremo più nel dettaglio le lampade alogene e quelle al LED che risultano essere le più utilizzate negli studi odontoiatrici. Le lampade alogene fotopolimerizzanti in odontoiatria più comuni sono quelle al Quarzo - Tungsteno (QTH), che sono stati i dispositivi standard per polimerizzazione dei compositi per quasi due decenni. Queste lampade alogene si basano sul principio che l'energia elettrica porta all'incandescenza un sottile filamento di tungsteno all'interno di un bulbo di quarzo contenente un gas alogeno (ioduro), che protegge il filamento e vi rideposita il tungsteno evaporato (QTH: quartz tungsten halogen). Per produrre la quantità di radiazioni, nell'intervallo della luce blu, adatta alla polimerizzazione del fotoiniziatore (quello più usato nei materiali compositi è il canforochinone), è necessario portare il filamento a temperature molto elevate (2000-3000°C).
La luce emessa appare bianca perché contiene tutte le lunghezze d'onda percepibili dall'occhio umano (da 380 a 780 nm) dopodichè la luce bianca passa attraverso il riflettore della lampadina che è costruito in modo da lasciar passare l'energia infrarossa all'indietro e di riflettere invece in avanti la luce, focalizzandola a un'opportuna distanza. Il calore viene disperso all'esterno dell'apparecchio da un ventilatore. La luce riflessa in avanti passa attraverso filtri che fermano i fotoni con lunghezza d'onda inferiore a 380 nm e superiore a 520 nm: fra questi due estremi infatti si colloca lo spettro (400-500 nm) di assorbimento del fotoiniziatore maggiormente utilizzato, il canforochinone. Alla fine solo lo 0,7% dell'energia arriva al puntale luminoso. Tuttavia, queste lampade alogene hanno alcune limitazioni come la degradazione della lampadina, del filtro e del riflettore , producono alte temperature, e necessitano di certi tempi di polimerizzazione (Yazici 2007; Auya 2008; Schneider 2005). Per superare i problemi inerenti alle unità alogene di fotopolimerizzazione (LCU) è stata proposta la tecnologia a LED( Light-Emitting Diode). Queste lampade al Led si basano sui diodi ad emissione luminosa.
Un diodo è una combinazione di due diversi semiconduttori, uno carico negativamente l'altro positivamente, che entrano tra loro in connessione all'applicazione di una differenza di potenziale. Il risultato è l'emissione di una luce entro una banda ristretta dello spettro, compreso tra i 440-480 nm con intensità massima di circa 465 nm, quasi identica al picco di assorbimento del canforochinone.
Questi dispositivi realizzano quindi una fotopolimerizzazione altamente efficace pur funzionando con livelli di potenza inferiori alle lampade alogene, producendo minor dispersione energetica. Vantano più di 10,000 ore di durata effettiva. Hanno meno degrado nell'uso continuo, mostrano una diminuzione minima di potenza di uscita progressiva nel tempo e la loro intensità è quasi costante. Sono lampade più piccole, a luce fredda, e non hanno bisogno del filtro, dei sistemi di raffreddamento e della sostituzione della lampadina come accade per le alogene. L'efficienza degli apparecchi a LED rispetto agli alogeni è maggiore di circa 10 volte; infatti il 7% (invece dello 0,7%) dell'energia elettrica consumata è utilizzata per polimerizzare.
Oltre alla lunga durata i LED possiedono anche la caratteristica di necessitare di un minor consumo di energia per cui possono essere azionati da pile (cordless); garantiscono una minore riduzione nel tempo dell'intensità luminosa, legata alla degradazione termica di filtri e di lampadine, con conseguente minor richiesta di manutenzione e sostituzione periodica di queste parti (quando però non funziona, il LED non è sostituibile dal dentista); inoltre fornisce un minor sviluppo di calore all'interno dell'apparecchio, che consente di adottare ventilatori piccoli (non rumorosi) o eliminarli; infine ha una maggior resistenza a vibrazioni e shock. Lo svantaggio principale è costituito dal ristretto spettro della luce prodotti dai LED, che non è efficace su fotoiniziatori alternativi al canforochinone, che abbiano un assorbimento poco o per nulla sovrapponibile alla banda 430-490 nm. In pochi apparecchi, accanto ai chip principali, i costruttori ne hanno assemblato altri che emettono lunghezze d'onda differenti, più corte, con lo scopo, dichiarano, di poter attivare efficacemente tutti i compositi e gli adesivi, anche quelli con fotoiniziatori diversi dal canforochinone. Per cui è bene sempre controllare quale fotoiniziatore è compreso nel composito che si adotta e se il suo spettro di attivazione coincide con quello prodotto dalla nostra lampada al LED.
Studi clinici hanno evidenziato che le lampade alogene durante la fotopolimerizazione producono un aumento della temperatura a livello della camera pulpare che può andare da 1,5°C fin a 4°C, mentre le lampade al LED non trasmettendo alcuna luce infrarossa a dente e composito fornisce aumenti di temperatura irrilevanti, e sicuramente inferiori alle lampade alogene (Hannig 1999). Studi in letteratura dimostrano che le proprietà meccaniche e fisiche, il grado di conversione, la profondità di polimerizzazione e la durezza finale dei compositi polimerizzati con lampade alogene o al LED sono assolutamente sovrapponibili, anche se con LED i tempi di polimerizzazione devono essere di almeno 40 secondi per uno spessore di composito di circa 2mm, tempo che per le lampade alogene ad alta potenza può essere anche ridotto (Duke 2001). In un recentissimo studio pubblicato sul Journal of Esthetic and Restorative Dentistry di maggio 2005 si è per esempio testata la durezza superficiale Vickers di 200 provini di compositi microibridi polimerizzati con lampada alogena e lampada al LED. Gli autori hanno diviso i provini in due gruppi a seconda dello spessore dello strato di composito (1,5 e 2mm) e di ognuno di questi 100 sono stati fatti 5 sottogruppi a seconda del tipo di matrice , più o meno spessa, inglobata nella resina composita (nessuna matrice, matrice di 0,5mm di spessore, matrice di 1 mm di spessore, di 2 mm di spessore e di 3 mm di spessore).
Metà dei campioni è stata polimerizzata con lampada alogena e metà con LED. Oltre ad avere constato dai risultati che i compositi con matrici più sottili garantivano maggior durezza superficiale in entrambi i tipi di polimerizzazione, nei gruppi con spessori delle matrici di 2 e 3mm i provini di composito di 2 mm di altezza polimerizzati con lampada alogena offrivano nei risultati inadeguati valori di microdurezza superficiale Vickers. Da questo studio quindi emerge che nei compositi a matrice più spessa è meglio adottare per la fotopolimerizzazione lampade al LED perché in queste circostanze riescono a raggiungere una migliore polimerizzazione rispetto alle lampade alogene.
A cura di: Lara Figini, Coordinatrice Scientifica Odontoiatria33
Biobliografia:
- Yazici AR, Kugel G, Gul G. The knoop hardness of a composite Resin polymerized with different curing lights and different modes. J Contemp Dent Pract. 2007;8:52-9
- Schneider LFJ, Consani S, Sinhoreti MAC, Crrer Sobrinho L, Milan FM. Temperature change and hardness with different resin composites and phto- activation methods. Oper Dent. 2005;30:516-21.
- Auya Yazici A, Celik C, Dayangac B, Ozgunalty G. Effects of different light curing unit / modes on the microleakage of flowable composite Resin. Eur J Dent. 2008;2:240-6.
- In-vitro pulp chamber temperature rise during composite resin polymerization with various light-curing sources. Hannig M, Bott B. Dent Mater. 1999 Jul;15(4):275-81.
- Light-emitting diodes in composite resin photopolymerization. Duke ES. Compend Contin Educ Dent. 2001 Sep;22(9):722-5.
- Effect of Preoperative Occlusal Matrices on the Vickers Microhardness of Composite Disks Polymerized with QTH and LED Lamps. Castillo-Oyagüe R, Milward PJ, Martín-Cerrato A, Lynch CD. J Esthet Restor Dent. 2015 May 18
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