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03 Ottobre 2017

Influenza di differenti procedure di rifinitura e lucidatura dei materiali compositi sullo sviluppo di biofilm in vitro. Studio italiano pubblicato sulla stampa internazionale

di Eugenio Brambilla


I materiali compositi sono largamente entrati nella pratica clinica per il restauro degli elementi anteriori e posteriori grazie alle loro eccellenti performances estetiche ed alle loro caratteristiche meccaniche. Tuttavia, nonostante il continuo sforzo di ricerca volto al loro miglioramento, questi materiali dimostrano una suscettibilità alla carie secondaria maggiore rispetto ad altri materiali utilizzati da tempo, quali amalgami o vetroionomeri. Il fattore principale all'origine dello sviluppo di lesioni secondarie appare l'interazione fra materiale da restauro e flora microbica.

Quest'ultima, organizzata in biofilm, colonizza in condizioni fisiologiche la superficie del restauro stesso e dei tessuti circostanti. La prevalenza al suo interno di specie microbiche ad elevato potenziale patogeno, quali Streptococcus mutans (S. mutans), rappresenta la condizione di partenza per lo sviluppo di lesioni dei tessuti marginali e la perdita di integrità della superficie del materiale.

Dal punto di vista clinico, grande importanza viene attribuita al processo di rifinitura della superficie del restauro, ritenuto in grado di ridurre l'adesione e la colonizzazione microbica attraverso una riduzione della sua rugosità.

Lo studio nasce da una collaborazione fra il Laboratorio di Microbiologia Orale della Statale di Milano, l'Università Vita-Salute San Raffaele e l'Oregon Health Science University ed il suo scopo è stato valutare preliminarmente in vitro la reale importanza delle procedure di rifinitura sulla colonizzazione microbica dei compositi, importanza che viene loro usualmente enfatizzata a livello clinico.

Lo studio ha valutato l'influenza di 6 differenti protocolli di rifinitura sulle caratteristiche superficiali e sullo sviluppo in vitro di un biofilm di S. mutans su 4 differenti compositi disponibili in commercio. I materiali testati differivano principalmente per caratteristiche del filler (micro-ibrido, nano-ibrido, nano-riempito, composito bulk), in modo da strutturare un test che offrisse risultati estendibili ad un ampio spettro di materiali.

I protocolli di rifinitura selezionato sono stati:

1) polimerizzazione all'aria senza rifinitura (controllo)

2) polimerizzazione sotto Mylar

3) sequenza di dischetti in ossido di alluminio

4) punta di gomma a passaggio singolo

5) frese diamantate a grana fine

6) frese multilama.

I campioni sono stati sottoposti ad analisi di superficie valutando la morfologia microscopica, la rugosità, il gloss e la composizione chimica di superficie. L'impiego di un bioreattore a flusso continuo ha permesso di sviluppare per 24 ore un biofilm di S. mutans sulle superfici dei campioni. Tale apparecchiatura permette di riprodurre con ottima approssimazione, in condizioni controllate, un ambiente di sviluppo per i microrganismi molto vicino a quello del cavo orale. Il biofilm ottenuto e la superficie del campione sono stati analizzati quantificando la biomassa aderente e studiando la sua morfologia mediante microscopia elettronica a scansione (SEM) e microscopia confocale laser (CLSM). La colorazione fluorescente Live/Dead è stata impiegata per visualizzare e differenziare le cellule vitali da quelle non vitali, ottenendo una ricostruzione tridimensionale della struttura biologica molto simile ad una TAC. L'analisi della composizione chimica di superficie è stata ripetuta dopo l'incubazione per valutare l'azione dei microorganismi sulla superficie.

I risultati hanno evidenziato come le diverse procedure di rifinitura riducano la rugosità (Fig. 1) ed

aumentino il gloss della superficie, dato peraltro atteso. Lo stesso protocollo di rifinitura ha effetti differenti a seconda del composito utilizzato. Il dato originale è invece legato all'analisi dello sviluppo di biofilm (Fig. 2), che risulta influenzato dal tipo di composito ma non dalla procedura di rifinitura. Inoltre l'analisi chimica di superficie ha mostrato come i compositi studiati presentino rilevanti differenze di composizione chimica, cosa che spiegherebbe la loro influenza sullo sviluppo di biofilm.

E' interessante inoltre notare come i dati indichino che la colonizzazione microbica sia in grado di modificare significativamente tale parametro.

Entro i limiti di uno studio in vitro, i risultati suggeriscono che le procedure di rifinitura influenzino significativamente le proprietà di superficie dei compositi testati ma non lo sviluppo di biofilm da parte di S. mutans. Questo dato dimostra come le caratteristiche e la composizione dei materiali rivestano un ruolo decisamente più importante rispetto alla rugosità della loro superficie. Ulteriori studi appaiono necessari per confermare il dato in vivo. Se il dato venisse confermato il ruolo delle procedure di rifinitura verrebbe fortemente ridimensionato in favore della scelta del materiale.

Autori: Gloria Cazzaniga, Marco Ottobelli, Andrei C.Ionescu, Gaetano Paolone, Enrico Gherlone, Jack L.Ferracane, Eugenio Brambilla (nella foto)


Per approfondire:

In vitro biofilm formation on resin-based composites after different finishing and polishing procedures

  • Fig.1: Rugosità delle superfici dei compositi testati in relazione alla procedura di rifinitura. Il grafico evidenzia come diverse procedure di rifinitura producano risultati differenti in termini di rugosità

  • Fig. 2: Biomassa aderente alla superficie dei campioni dopo incubazione di 24 ore. Il grafico evidenzia l’assenza di differenze significative fra superfici trattate con diverse procedure di rifinitura

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