07 Novembre 2016

Dolci bugie

Editoriale

Giovanni Lodi

Sulla mia scrivania c'è una scatola sempre piena di caramelle. Mi piace che chi passa in ufficio per qualsiasi motivo, sia paziente o studente o collega, se ne esca con la bocca più dolce di quando è entrato.

È di questi giorni la pubblicazione su JAMA Internal Medicine di un articolo un po' diverso dal solito, perché non riporta tanto i risultati di una ricerca, quanto quelli di un lavoro investigativo che ha rivelato le relazioni inconfessabili (e ben pagate) incorse circa cinquant'anni fa tra l'industria statunitense dello zucchero e alcuni eminenti scienziati.

L'obiettivo era screditare le ricerche che mostravano un legame tra consumo di zucchero e rischio di malattia cardiovascolare, dirottando l'attenzione verso i grassi, intesi non come persone sovrappeso ma come lipidi. Passaggio chiave di questa operazione fu il Project 262, che nel 1967 portò alla pubblicazione sul New England Journal of Medicine di una revisione della letteratura il cui contenuto fu fortemente influenzato dal committente (occulto).

È verosimile che questa revisione, e più in generale l'intera operazione, per decenni abbia influenzato significativamente la ricerca, i comportamenti e le raccomandazioni riguardanti alimentazione e rischio di malattia cardiovascolare. Anche perché gli eminenti scienziati occuparono in seguito posizioni di rilievo in agenzie ministeriali, contribuendo a redigere linee guida sull'alimentazione.

Negli Stati Uniti, dal 1965 a oggi l'apporto calorico associato ai grassi è diminuito del 25%, mentre quello associato ai carboidrati è aumentato quasi del 30%. E a chi come me è nato negli anni Sessanta, è stato spiegato che lo zucchero fa venire la carie e non è l'ideale se stai cercando di dimagrire, ma se ti lavi bene i denti e non esageri, non ti farà male. Il piano della lobby dello zucchero può dirsi riuscito.

Non so se tra cinquant'anni una scatola di caramelle su una scrivania di un ospedale farà l'effetto che provocherebbe oggi un pacchetto di sigarette. Nel frattempo ho ridotto di un terzo lo zucchero che metto nel caffè.

Buona lettura

Prof. Giovanni Lodi, Direttore Scientifico Dental Cadmos

doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.09.2016.01



 
 
 
 

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