"Ordini all'attacco sul ruolo dei soci di capitale nei servizi forensi, dentistici, farmaceutici e di ingegneria". A scriverlo è Il Sole 24 Ore in edicola questa mattina in quanto sarebbe dato "troppo spazio ai soci di capitale a scapito delle garanzie professionali, con potenziali ricadute negative soprattutto sui clienti più deboli".
Nonostante le critiche, il provvedimento in discussione al Senato, dopo 4 passaggi parlamentari, sembrerebbe in via di approvazione. Per il senatore Pd Salvatore Tomaselli (nella foto), stando a quanto riporta il quotidiano economico, non dovrebbe subire modifiche: "contiamo di mandare il Ddl in Aula la prima settimana di agosto e di approvarlo definitivamente".
Alle richieste di modifiche al testo, al fianco di dentisti e farmacisti, ora si schierano i notai, gli ingegneri e gli avvocati: ognuno ovviamente con motivazioni proprie ma in parte sovrapponibili sulla questione dell'ingresso dei soci di capitale nelle professioni.
Sulla questione il senatore Tomaselli ricorda al Sole come ci sia "un pregiudizio verso il discorso societario" e che "con i soci di capitale molti giovani professionisti, che resterebbero fuori dagli studi tradizionali, avranno l'opportunità di entrare nel mercato".
Posizione respinta dai dentisti, come noto, ma anche dagli avvocati. "Noi -riporta il quotidiano le parole del presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin- non siamo contrari alle società ma la formulazione del Ddl è incompleta perché non affronta, ad esempio, i profili fiscali e la natura del compenso. Così, è probabilmente inadeguata a funzionare. Per questo avevamo chiesto lo stralcio".
Anche il presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, Armando Zambrano sul tema delle società dice: "Si stravolge la parità di regole nella concorrenza: queste società non devono iscriversi all'albo e non hanno gli obblighi deontologici, né di formazione. Se il testo sarà approvato così com'è, ricorreremo".
Altra professione contro i soci di capitale quella dei farmacisti visto che il Ddl Concorrenza prevede di abolire il limite delle quattro licenze previsto oggi per ogni società in ciascuna provincia, ma un unico soggetto non potrà controllare più del 20% delle farmacie della regione. Per Andrea Mandelli, senatore e presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti italiani, "la possibilità di controllare un quinto delle farmacie della Regione va contro le logiche della concorrenza. Questa impostazione - aggiunge - renderà più fragile la posizione delle farmacie più piccole o dei colleghi che gestiscono le parafarmacie".
Nor.Mac.
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