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19 Settembre 2008

Studio odontoiatrico: una corretta illuminazione

di Giorgio Perini


Le nuove tecnologie hanno permesso l'utilizzo di attrezzature che faciliteranno sempre più il lavoro dell'odontoiatra.
L'evoluzione tecnologica e la ricerca della miniaturizzazione hanno permesso l'utilizzo di apparecchi di precisione ancor più semplici e di costo decisamente contenuto. Questo trend positivo e di notevole modernismo tecnologico è ovviamente presente anche in altri settori.
Quello che stupisce quindi è la scarsa considerazione riservata alla scelta di una illuminazione adeguata, idonea e confortevole per gli studi odontoiatrici. Non mancano le possibilità per attrezzare gli studi da un punto di vista illuminotecnico. Trascorrendo poi molte ore al giorno all'interno dello studio, la necessità di una corretta illuminazione è essenziale.
Ma che cosa significa"corretta"?
I paramentri da considerare sono molteplici: non solo la qualità della luce, ma anche la quantità, il posizionamento degli apparecchi, la resa del comfort visivo e un adeguato controllo della riflessione e dell'abbagliamento, fanno dell'ambiente di lavoro un ambiente più o meno confortevole.
Provate porvi le seguenti domande: quando avete fatto installare gli apparecchi illuminanti nel vostro studio, per quale tipo di apparecchi avete deciso e quali sono state le considerazioni per cui si è determinata la vostra scelta? Quali caratteristiche rispetto alla diffusione della luce hanno gli apparecchi che avete scelto? Diretta, semi-diretta, diffusa, diretta-indiretta, semi-indiretta, indiretta o magari avete fatto o vi hanno fatto un mix di tutte queste caratteristiche? Gli apparecchi illuminanti scelti quanti tubi fluorescenti contengono e di quanti watt ciascuno?
Probabilmente non tutti saprebbero rispondere a queste domande. Vorrei riuscire a sensibilizzare, senza alcuna pretesa ovviamente di riuscirvi, tutti coloro che dopo queste poche righe si staranno ponendo alcune di queste domande, ma vediamo meglio quali potrebbero essere anche le relative risposte.
Forse non tutti sanno che esiste una figura professionale dedicata, chiamata "lighting designer", che non è altro una specie di architetto della luce o più semplicemente di un "illuminotecnico". L'illuminotecnica o tecnica dell'illuminazione, ha la funzione di indicare come devono essere impostati e risolti i problemi di illuminazione degli ambienti interni, esterni e delle altre location in spazi privati o pubblici.
Quindi per ottenere le condizioni ideali di illuminazione in un determinato spazio, in questo caso interno, sarà necessario rispettare due fondamentali esigenze: individuare le condizioni di illuminazione adeguate alla destinazione e studiare le modalità con cui tali condizioni possono essere realizzate, senza trascurare i parametri di consumi e quindi risparmio energetico, le specifiche tecniche e la legislazione con le indicazioni riportate nella nuova normativa EN 12464-1, riferita agli "studi dentistici" che ha da qualche anno sostituito la recedente
UNI 10380-A1.
Per determinare le condizioni ideali di illuminazione è quindi indispensabile effettuare rilievi e misurazioni dei perimetri e di ogni volume dello studio per determinare la "quantità" di luce che potrà essere indispensabile e idonea per quel determinato spazio. Verrà quindi realizzato un vero e proprio progetto per ogni singolo spazio dello studio: quindi gli spazi destinati agli interventi, la sala di attesa, la reception e anche gli spazi di transito.
Nel progetto oltre a determinare una scelta idonea per gli apparecchi illuminanti, sarà indicato anche come realizzare l'installazione e quindi la quantità di apparecchi e la loro disposizione in ogni singolo ambiente definito nel progetto. Bisogna prestare attenzione all"armonia" della distribuzione della luce, cercando assolutamente di evitare fastidiosi abbagliamenti o spazi illuminati disarmonici riuscendo così anche a determinare uno stato di relax e comfort visivo per i pazienti, oltre che a ottenere un elevato grado di comfort visivo per l'odontoiatra, all'interno di ogni spazio di operativo.
Naturalemte ciò non è sufficiente a realizzareun progetto ideale: è necessario infatti rispettare un ulteriore e indispensabile parametro che si pone quando il progetto è relativo a uno studio odontoiatrico: la "qualità" della luce, ovvero la resa cromatica delle fonti luminose ed il relativo spettro di emissione cromatica. La scelta di un colore nel restauro parziale e/o totale di uno o più elementi dentali è decisamente rilevante.
Dovremo scegliere fonti luminose idonee quindi che supportano certamente gli "ormai famosi" e forse un po' troppo "inflazionati" 5500° Kelvin, ma che presentano anche uno spettro di emissione cromatica, il più uniforme possibile, tra i 380 ed i 770 nanometri e più semplicemente fra lo spettro dell'ultravioletto e lo spettro dell'infrarosso, ovvero della luce visibile. La scelta ideale dovrebbe cadere su fonti luminose fluorescenti per rispondere a un intelligente risparmio energetico e in commercio vi sono alcune aziende che possono rispondere a questa determinata esigenza.
Un altro problema facilmente risolvibile è il classico "sfarfallamento" delle fonti luminose fluorescenti, generalmente alimentate dal classico starter a 50 Hz.
Le attuali e molto conosciute lampade fluorescenti definite "a risparmio energetico" hanno già risolto il problema inserendo nella base della
lampada uno starter elettronico ad alta frequenza. Nelle plafoniere o apparecchi illuminanti, sarà necessario sostituire il classico "starter" il tipico "cilindretto" presente in ogni plafoniera che dà lo start all'accensione delle polveri nel tubo fluorescente, con l'inserimento di un reattore elettronico ad alta frequenza di esercizio, da circa 30 Khz a circa 80 Khz. Con un costo modesto, entro i 100 euro, sarà possibile risolvere quel fastidiosissimo sfarfallamento dei tubi al neon che crea un affaticamento visivo realmente fastidioso e dannoso alla vista. In commercio esistono anche reattori elettronici "digitali" che hanno caratteristiche simili a quelli elettronici ma hanno anche la possibilità di essere dimmerati (dimmerare significa regolaresenza disconinuità il flusso luminoso - ndr) fino all'1 per cento del flusso e cioè, pur essendo dei semplici neon fluorescenti, sarà possibile con l'installazione di un interruttore/dimmer di accensione, regolarne la potenza e quindi il flusso luminoso in relazione alla luce esterna presente, per bilanciare l'illuminamento generale.
Il tutto può essere impostato manualmente e controllato visivamente e/o automaticamente attraverso fotocellule esterne e interne allo spazio operativo, per mezzo di un sistema automatizzato digitale. Potremo quindi scegliere la quantità di luce ideale durante tutto l'arco della giornata indifferentemente dalla variabile situazione di illuminazione esterna.
Dobbiamo inoltre ricordare che i livelli di illuminamento richiesti da alcune tabelle e/o parametri istituzionali prevedono che per "compiti visivi" di eccezionale difficoltà, come incisioni a mano, lavori di alta precisione con componenti elettronici miniaturizzati e "interventi chirurgici" sono richiesti un minimo di 2000 lux. La vastità dell'argomento non può essere certo trattata in queste poche righe, qualora vi sia la necessità di risolvere problematiche precise potrete fare riferimento alla mia mail o consultare uno di questi testi che ritengo possano chiarire alcuni aspetti del tema trattato: D. Ravizza Progettare con la luce Franco Angeli; G. Forcolini Lighting Hoepli; P. Palladino Lezioni di illuminotecnica Tecniche nuove.

Giorgio Perini
Lighting designer
gioperini@mac.com

GdO 2008; 12

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