Obiettivi Negli ultimi anni la mutazione delle condizioni socio-economiche della popolazione e l’evoluzione della tecnologia a disposizione degli odontoiatri hanno portato alla formulazione di piani di trattamento sempre più all’insegna della mininvasività. Storicamente le riabilitazioni implanto-protesiche prevedevano l’utilizzo anche in zona anteriore di impianti di diametro normale, spesso associati a interventi di rigenerazione ossea. Interventi che spesso avevano un forte impatto sul paziente sia dal punto di vista psicologico che temporale, ma soprattutto chirurgico. Infatti, la chirurgia era spesso molto invasiva e pur utilizzando metodiche e strumenti innovativi la morbilità era elevata.
Si è cercato, pertanto, di utilizzare strumenti che fossero il meno traumatici possibili sull’osso, quali gli strumenti piezoelettrici che grazie alla loro frequenza sovramodulata permettevamo un taglio selettivo, micrometrico e pertanto garantivano una chirurgia che aveva un impatto sicuramente meno traumatico perché davano all’operatore la possibilità di avere un controllo costante dello strumento chirurgico che garantiva allo stesso tempo una migliore efficacia di taglio sul tessuto osseo senza peraltro danneggiare i tessuti molli. Queste prerogative consentivano di ottenere una migliore guarigione dei tessuti duri e di quelli molli.
Risultati confortati dalle ricerche scientifiche che hanno dimostrato una migliore e più rapida risposta biologica là dove si era usato uno strumento piezoelettrico per eseguire le chirurgie. Purtroppo, però, l’utilizzo di impianti di diametro tradizionale costringeva l’operatore a cercare di ottenere una notevole rigenerazione ossea per garantire un sufficiente spessore osseo intorno agli impianti per evitare deiscenze pericolose non solo per il risultato estetico ma per la sopravvivenza degli impianti stessi, e quindi alla fine la chirurgia risultava essere ugualmente invasiva nonostante l’utilizzo di strumenti piezoelettici.
Attualmente, invece, in diverse situazioni cliniche è stato proposto l’utilizzo di impianti a diametro ridotto (<3,5 mm) per riuscire a minimizzare gli interventi di aumento di volume osseo garantendo quindi al paziente una contrazione dei tempi di trattamento e delle spese, nonché un minore trauma chirurgico e se a questo aggiungiamo l’utilizzo di uno strumento poco traumatico, come quello piezoelettrico, possiamo comprendere come questo binomio possa permettere di avere approcci chirurgici meno traumatici.
A questo proposito si vuole presentare un caso in cui si è deciso di trattare una giovane paziente con una tecnica post-estrattiva a carico immediato utilizzando, per via dei ridotti volumi ossei, impianti di piccolo diametro (3 mm) abbinando l’utilizzo di uno strumento piezoelettrico che era perfettamente operativo grazie all’uso di inserti atti alla preparazione del sito implantare di dimensioni corrette per ricevere un impianto di 3 mm. Impianti che nel tempo, grazie anche a lavori scientifici, hanno dimostrato una validità elevata tale da permettere agli operatori di poter risolvere casi che tradizionalmente sarebbero stati affrontati con chirurgia finalizzata a ottenere una rigenerazione ossea per poter posizionare impianti di dimensioni tradizionali in maniera molto più semplice e predicibile.
Alla fine l’uso di un manufatto protesico estetico permette di finalizzare in modo ottimale il caso clinico.
Materiali e metodi Si è deciso di trattare una giovane paziente con agenesia di 2.2 con impianti. Dato il ridotto spazio residuo inter-radicolare si è optato per un impianto a diametro ridotto inserito con tecnica chirurgica piezoelettrica. La paziente è stata quindi riabilitata con un provvisorio immediato e, a guarigione avvenuta, con una corona definitiva in disilicato di litio.
Discussione L’evoluzione delle tecniche chirurgiche ricerca la riduzione della morbilità post-operatoria e la diminuzione dei tempi e dei disagi dell’intervento. La chirurgia piezoelettrica ha dimostrato, in particolare, una spiccata atraumaticità nei confronti soprattutto dei tessuti molli e diviene una scelta di elezione in casi dove la precisione chirurgica deve essere un obiettivo primario.
Gli impianti a diametro ridotto consentono di evitare procedure rigenerative molto invasive con lunghi tempi di guarigione.
Conclusioni L’utilizzo di mini-impianti in casi selezionati risulta essere una valida alternativa a procedure più invasive, quali la rigenerativa ossea.
Significato clinico L’obiettivo degli autori è quello di fornire ai clinici un’alternativa terapeutica valida a quei pazienti che, in area estetica con ridotti volumi ossei, necessitano di riabilitazioni implanto-protesiche, ma per ragioni di tipo economico, medico o temporale non possono affrontare interventi di rigenerazione ossea.
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doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.08.2020.06
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