L’inclusione dentaria è una problematica frequente nella pratica odontoiatrica; colpisce dal 5,6 al 18,8% della popolazione generale ed è spesso motivo di trattamenti ortodontici. I denti che più frequentemente vanno incontro a inclusione sono sicuramente i terzi molari, a causa del fatto che sono gli ultimi denti a erompere e trovano quindi minor spazio in arcata.
Escludendo i terzi molari, il canino superiore è il dente che più frequentemente va incontro a inclusione, seguito dal secondo premolare inferiore, dal secondo molare inferiore e dagli incisivi centrali superiori. Per poter fare una diagnosi di inclusione dentaria è fondamentale conoscere il normale sviluppo della dentizione e le tempistiche fisiologiche di eruzione e permuta di ciascun elemento dentario. Un dente si definisce, infatti, incluso quando non è presente nel cavo orale una volta conclusa l’epoca della fisiologica eruzione e si presume che non eromperà spontaneamente in quanto non ha ormai più spinta propulsiva.
L’eziologia delle inclusioni dentarie è multifattoriale: sono riconosciuti fattori eziologici generali, locali e strutturali. Tra i fattori eziologici generali vi sono condizioni sistemiche predisponenti quali ereditarietà, patologie dismetaboliche o infettive, disendocrinie come l’ipotiroidismo, trattamenti di radioterapia. I fattori eziologici locali sono più frequenti rispetto ai generali. Possono essere correlati alla dentizione decidua – in particolare, a una persistenza o a una perdita precoce di un elemento deciduo – e a quella permanente, legati al fatto che l’elemento incluso potrebbe avere anomalie di forma o di volume corono-radicolari, un decorso eruttivo sfavorevole o un’anomalia di posizione oppure, infine, essere correlati a un ostacolo meccanico all’eruzione.
Quest’ultimo caso è rappresentato da ostacoli eruttivi quali denti soprannumerari, neoformazioni odontogene, cisti, tumori, esiti cicatriziali in seguito per esempio a labio-palato-schisi, traumatismi. Per quanto riguarda invece i fattori strutturali parliamo di alterazioni delle ossa basali, come per esempio un’ipoplasia del mascellare superiore, o condizioni patologiche congenite ereditarie. Nel caso di sospetto di inclusione dentaria la diagnosi si basa sull’anamnesi e su un approfondito esame clinico che prevede anche radiografie che diano una conferma della diagnosi clinica.
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doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.08.2020.10
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