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18 Settembre 2020

È meglio non rimuovere i pilastri implantari e il ruolo della mucosa cheratinizzata

Le considerazioni del prof. Marco Esposito sullo studio (italiano) pubblicato Clinical Trials in Dentistry dal titolo: The impact of repeated abutment changes on peri-implant tissue stability: Five-year post-loading results from a multicentre randomised controlled trial

di Marco Esposito


La terza pillola di evidenza scientifica del prof. Marco Esposito è dedicata ad un quesito, che giudica “minore”: è meglio, una volta posizionato il pilastro implantare non rimuoverlo più, per non disturbare il sigillo mucoso? Nello stesso studio, pubblicato sulla nuova rivista di ricerca scientifica di EDRA Clinical Trials in Dentistry si cerca di valutare anche il ruolo del carico immediato e di capire il ruolo della mucosa cheratinizzata sui risultati a 5 anni dal carico implantare. “Quest’ultimo argomento lo trovo assai più stimolante”, confessa il prof. Esposito.

Ecco le sue riflessioni ed indicazioni.


Questo studio randomizzato controllato multicentrico (1) compara i risultati clinici di pilastri implantari posizionati all’inserimento implantare e mai più rimossi (40 pazienti sottoposti a carico immediato) con pilasti che sono stati rimossi almeno 3 volte (40 pazienti sottoposti a carico dilazionato). Si è anche valutato se la presenza di meno di 2 mm di mucosa cheratinizzata sia associata ad una maggiore perdita ossea peri-implantare) e di recessioni vestibolari dei tessuti molli.

I pazienti sono stati seguiti per 5 anni dal carico protesico iniziale.Nessun impianto è stato perso nel gruppo in cui pilastro non è mai stato rimosso verso 5 impianti in 3 pazienti quando il pilastro è stato rimosso almeno 3 volte, sebbene la differenza non sia statisticamente significativa. Non ci sono state differenze fra i 2 gruppi per complicanze, recessioni e soddisfazione dei pazienti. Anche il risultato estetico totale non ha mostrato differenze significative, con la solo eccezione di un migliore profilo dei tessuti molli attorno ai pilastri mai rimossi. Si è osservata una perdita mediasignificativa di osso peri-implantare di poco meno di 0.4 mm quando i pilasti sono stati rimossi almeno 3 volte.  Infine, non si è osservata nessuna differenza significativa in termini di perdita osseo peri-implantare e di recessioni fra impianti circondati da meno di 2 mm o più di 2 mm di mucosa cheratinizzata.

Come interpretare queste informazioni? 

Credo che i risultati si possano interpretare in questo modo: meno si va a disturbare il sigillo peri-implantare e meglio è, ma se dovesse servire farlo, che lo si faccia senza troppi problemi in quanto una differenza media di perdita ossea inferiore ai 0.4 mm a 5 anni dal carico non sempre essere particolarmente rilevante. il carico immediato non-occlusale di impianti inserti con un torque maggiore di 35 Ncm non sembra presentare particolari rischi. Infine non sembra esserci alcuna associazione fra la presenza di meno di 2 mm di mucosa cheratinizzata e un maggior rischio di perdita ossea peri-implantare e di recessione dei tessuti molli.


Cosa l’industria e la ricerca clinica ci potrebbero offrire? 

Ancora una volta sarebbe necessaria una maggiore correttezza da parte dello sponsor commerciale che ha deciso di non supportare la raccolta dei dati a 7 e 10 anni, come inizialmente stabilito. Solamente con follow-up più lungi saremmo stati forse in grado di dare delle risposte più attendibili sul lungo periodo, che è quello che poi interessa maggiormente. Inoltre ci vogliono più studi seri e ben fatti per capire meglio l’effettivo ruolo della mucosa cheratinizzata attorno agli impianti dentali. 


A cura di: Prof. Marco Esposito

Vuoi porre una domanda/un commento al prof. Esposito su questo argomento, manda una mail a questo indirizzo.


Per approfondire:

D'Avenia F, Bressan E, Grusovin MG, Neumann K, Sbricoli L, Luongo G, Piombino P, Buti J, Esposito M. The impact of repeated abutment changes on peri-implant tissue stability: Five-year post-loading results from a multicentre randomised controlled trial. Clinical Trials in Dentistry 2020;2:27-46. 

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