"La protesi fissa con margini di chiusura verticali - Un approccio razionale alla clinica e al laboratorio": è un testo di due specialisti italiani, Ezio Bruna e Andrea Fabianelli (nella foto). Dopo il successo ottenuto nel nostro Paese, è stato tradotto in varie lingue e ora ne viene proposta la versione in lingua inglese, presupposto necessario per raggiungere i dentisti di tutto il mondo. Questo testo atlante, rivolto a protesisti e odontotecnici, tratta essenzialmente la realizzazione di protesi fissa con una chiusura marginale verticale. Solo alcune fasi sono sovrapponibili alle tecniche con chiusura orizzontale e tutti i passaggi descritti si intersecano tra di loro per portare a un corretto risultato finale.
Dottor Fabianelli, a chi è rivolto il testo e quali obiettivi si pone?
Il testo si rivolge a un'ampia platea di lettori. Chi non conosce la metodica delle preparazioni verticali trova tutta la procedura da eseguire, con i giustificativi bibliografici e i corretti timing procedurali. Il neolaureato o il collega poco avvezzo a trattare casi estesi troveranno certamente utile la parte riguardante l'occlusione e la gestione di tutti i passaggi clinici, mentre chi ha già frequentato corsi che trattano l'argomento potrà disporre di un utile testo per ripassare e mettere in ordine le cose ascoltate in precedenza. La forma è asciutta e sintetica, priva di eccessivamente sofisticate e ridondanti immagini, e finalizzata alla comprensione delle procedure descritte... insomma un testo base per approcciare in maniera corretta la protesi fissa con margini di finitura verticali. Tale approccio protesico è erroneamente considerato destinato ai casi di perio-protesi, mentre può essere impiegato tranquillamente per la routine protesica quotidiana dei nostri studi. Devo dire che l'idea di scrivere questo testo, nata da numerose chiacchierate con il mio amico e maestro Ezio Bruna, sembra aver portato i suoi frutti. Dopo un inizio un po' difficoltoso per far capire l'importanza del momento e della necessità della presenza di un testo che ci desse delle indicazioni su questo approccio protesico, molti colleghi hanno apprezzato il libro e i dati di vendita sono stati abbastanza buoni. Soprattutto importante è stato il fatto che il libro sia andato oltre i confini nazionali e sia stato tradotto in diverse lingue: spagnolo, portoghese prima di tutto; recentemente è stato tradotto anche in inglese con l'aiuto del collega Jason Smithson, cosa che ci permetterà di raggiungere praticamente tutti i colleghi del mondo.
Quali sono i vantaggi della tecnica protesica con chiusura marginale verticale?
Premesso che non esiste una metodica in assoluto superiore all'altra in termini di successo clinico, i vantaggi vanno cercati nei passaggi e nella personali preferenze del clinico stesso. Preparare un dente a finire è certamente una procedura semplice e veloce, ma non necessariamente facile. Come tutte le procedure necessita quindi di una curva di apprendimento per potere poi diventare fruibile e di facile impiego. Molti passaggi clinici, come la parallelizzazione di più monconi, la ribasatura, la collocazione dei fili retrattori per l'impronta, l'impronta stessa oppure i controlli delle strutture sono molto intuitivi e veloci. L'estetica ottenibile è decisamente gradevole, specialmente se il tecnico sa gestire in maniera ottimale i bordini metallici o se si utilizza una struttura metalfree in zirconia. Tutto il protocollo poi permette di finalizzare in tempi protocollati e certi il manufatto protesico. Insomma, se il protocollo protesico viene eseguito lege artis, l'odontoiatra ha la possibilità di eseguire in maniera predicibile e veloce la gran parte delle terapie protesiche. Gli stessi ampi margini di correzione in laboratorio e in studio utilizzabili nella metodica rendono poi le preparazioni verticali qualcosa di dinamico e attivamente gestibile.
Quali sono gli aspetti più critici e delicati correlati a questo approccio?
Il problema principale che vedo attualmente è quello della tendenza a semplificare e a banalizzare la metodica proponendola come "facile e per tutti" e la tendenza a scordare gli eventuali problemi parodontali dei pilastri, che nell'immediato post-preparazione sembrano aver risolto tutte le problematiche perio... e che invece devono essere assolutamente affrontate! Importante poi è collaborare con un tecnico che sappia perfettamente gestire tutti i passaggi di laboratorio peculiari di questa metodica. Come sempre l'odontotecnico è il vero copilota delle nostre terapie protesiche e, senza il suo valido e dotto apporto, tutta la nostra terapia protesica va a farsi benedire. Bisogna poi stare molto attenti alle procedure cliniche, specialmente durante la preparazione, al fine di non ledere l'attacco connettivale e magari successivamente impedendo la guarigione perché ci abbiamo messo un bordo protesico. Al fine di evitare preparazioni decisamente traumatiche all'interno del parodonto, il dottor Bruna ed io abbiamo messo a punto delle frese con dei markers a due, quattro e sei millimetri che ci informano visivamente di quanto si stia entrando all'interno del solco stesso, utilizzando la fresa come una sonda parodontale.
Quali sono le indicazioni e le controindicazioni?
Le indicazioni sono principalmente quelle della protesi fissa tradizionale, dalla corona singola a lavori estesi, come ponti e arcate splintate complete. Certo attualmente dobbiamo fare una discriminante sulle indicazioni della protesi. Molte potenziali corone singole oggi vengono sostituite nel piano di terapia da restauri parziali adesivi in ceramica mentre gli impianti spesso e volentieri sostituiscono i più tradizionali ponti. Tuttavia dove necessario, nei rifacimenti, nei casi di estrema perdita di sostanza e di impossibilità di applicare la diga di gomma e nei casi estesi di perio-protesi, tale metodica è assolutamente indicata. Vista la impossibilità di poter applicare la diga di gomma in un moncone preparato a finire, io preferisco non utilizzare le preparazioni a finire se prevedo una cementazione adesiva in associazione, per esempio, a un disilicato di litio, e nessuno mi impedisce di preparare con un chanfer, decisamente adatto all'utilizzo della diga di gomma!
Si tratta di una procedura complessa oppure è alla portata di tutti?
La procedura non è più complessa di altre procedure protesiche, ma necessita di una curva di apprendimento e di una rigorosa applicazione per poter ottenere risultati predicibili e soddisfacenti. Questa considerazione vale per tutte le procedure mediche, che hanno nella predicibilità e nella ripetibilità uno dei maggiori punti di forza. Mi spiego: se decidiamo di seguire questo protocollo, non dobbiamo poi metterci del nostro creando a caso delle variabili che appunto deviano, non sempre in maniera positiva, l'iter protesico. Quindi conoscenza e applicazione sono indispensabili per poter ottenere ottimi risultati clinici.
È una tecnica che viene adeguatamente insegnata al corso di laurea in odontoiatria oppure esiste una necessità formativa a cui questo libro risponde?
Questa metodica non è l'unica ad essere insegnata in università. Dipende proprio dal titolare dell'insegnamento e dalle sue scelte protesiche dare spazio a questa o ad altre procedure protesiche che, ripeto, se ben eseguite daranno comunque ottimi risultati. Certamente questo libro può illustrare in maniera esaustiva tutte le procedure della protesi con margini di chiusura verticali, e quindi essere di ausilio nello studio delle stesse. Inoltre la presenza di video e la ricca letteratura presente rendono agevole ulteriori approfondimenti personali.
Adelmo Calatroni
A questo link è possibile acquistare il testo in lingua italiana
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