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31 Agosto 2017

Università italiana ai primi posti per la ricerca nel Raking mondiale. Gherlone: risultato importante ma l'obiettivo delle nostre Università è quello formare ottimi dentisti che sappiano curare


Nelle scorse settimane l'ARWU (Academic Ranking of World Universities) ha pubblicato la classifica del mondo universitario confrontando le Università al mondo sulla base di metodologie trasparenti e di dati di terze parti.

Dalla classifica per il settore odontoiatrico, l'Università italiana occupano ottime posizione al mondo e tra le prime in Europa.

Due Università italiane (Trieste, tra 51-75 e Bologna 76-100) si sono posizionate tra le prime 100 ed altre 6 (Sapienza Roma, Milano, Napoli FedericoII, Chieti-Pescara, Pisa, Siena) tra le successive cento (tra 100 e 200 posizione). Se confrontiamo questi dati con quelli degli altri paesi europei, si nota come soltanto il Regno Unito e l'Olanda, si siano mostrate nettamente migliori del nostro Paese mentre leggermente meno rappresentati di Svezia, Svizzera e Finlandia e sullo stesso livello della Germania. Tutti gli altri paesi, come Francia, Spagna hanno un Rank nettamente inferiore al nostro.

A livello internazionale, gli USA sono la nazione nettamente meglio collocata nel Ranking, solo il Giappone, Canada e Cina si posizionano meglio di noi.

Il Ranking, ci spiega il prof. Enrico Gherlone (nella foto) presidente del Collegio dei Docenti, si riferisce al periodo 2011-2015. "Per essere incluse le Università dovevano aver pubblicato un numero minimo di lavori scientifici nel suddetto periodo. I dati bibliometrici sono stati presi da InCites".

I punteggi sono stati assegnati in base a 5 categorie:

1) Numero di pubblicazioni scientifiche pubblicate su riviste di 'qualità';

2) Numero di citazioni dei lavori scientifici di una Università in rapporto al numero medio delle pubblicazioni dello stesso settore scientifico nello stesso periodo a livello mondiale;

3) Collaborazioni internazionali sugli articoli (almeno due istituti di nazioni diverse per articolo);

4) Numero di pubblicazioni su rivista/e TOP del settore scientifico (per noi J Dent Res);

5) Premi internazionali ricevute da docenti di quella Università (p.e. Nobel).


"Le Scuole Odontoiatriche italiane -continua il prof. Gherlone- si sono comportate meglio, molto meglio di quella Medica, di quella Infermieristica e sono risultateinferiori alla Scuola Farmacologica. Quindi possiamo dire sia stato un grande successo nell'ambito nazionale.

Prof. Gherlone, come si possono considerare questi risultati?

I risultati possono essere considerati l'espressione della progressiva internazionalizzazione dell'Odontoiatria Italiana e dei notevoli progressi compiuti nell'ambito della ricerca scientifica internazionale. Dobbiamo anche tener presente come in questa direzione stia andando in maniera illuminata uno degli atenei toscani che dall'anno accademico entrante terrà il proprio corso di laurea interamente in lingua inglese, così come molti Master di II livello in diverse sedi sono offerti sempre in lingua inglese.
Certo siamo orgogliosi di vedere come il Ranking delle scuole odontoiatriche italiane sia migliore di tutta l'area medica.

Quale futuro quindi per la ricerca odontoiatrica nel nostro paese?

Se consideriamo dove la nostra ricerca era 10-15 anni fa e come eravamo considerati a livello internazionale ed osserviamo ora lo spessore di questi risultati,possiamo solo aspettarci un progressivo consolidamento e quindi miglioramento delle nostra posizione a livello internazionale. Ormai i germi della ricerca sono stati seminati in diverse sedi ed i più giovani ora stanno dando un contributo sempre più importante alla nostra ricerca scientifica ed alla sua internazionalizzazione. Pensiamo alle Scuole di dottorato di ricerca che dal 2000 sono state aperte anche nel nostro ambito, oppure la presenza di giovani dottorandi/ricercatori stranieri nelle nostre scuole che si vengono a formare per poi tornare e portare le loro conoscenze nei loro paesi d'origine.
Certo dispiace leggere e/o sentire ancora qualche isolato professionista (sui social si sono levati qualche commento polemico NdR) attaccare l'Università Italiana usando vecchi stereotipi e senza essersi documentato adeguatamente: logicamente è molto più facile difendere i propri fallimenti criticando gli altri -cioè l'Università- piuttosto che pensare che ormai il "Professore Universitario" è un lavoro a tempo pieno che implica la suddivisione del proprio tempo lavoro tra ricerca didattica ed assistenza e che per giunta la libera professione è molto più remunerativa dello stipendio di dipendente statale.

Polemica fisiologica?

Più che fisiologica, roba vecchia che non riguarda solo l'odontoiatria o la medicina in generale , ma anche come ben sapete il sistema economico globale dove l'interesse pecuniario la fa da padrone. Non esiste uscita di classifiche di questo genere che non determini polemiche e qui oltre che cose giuste, cose non giuste, interessi economici, nella polemica di alcune settimane fa andrebbe scomodato Esopo. Lasciamolo tranquillo e cerchiamo piuttosto di chiarire le idee a chi di questi Ranking poco conosce e può farsene un'idea sbagliata.

La classifica pone l'Università italiana come 7° al mondo e 3° in Europa. Come presidente del Colelgio dei Docenti sarà soddisfatto.

Dopo aver definito i criteri sopra citati della recente classificaARWUcurata dall'Università Jiao Tong di Shanghai, la posizione dei nostri Atenei è un risultato molto importante, che dimostra la qualità della tanto criticata odontoiatria Universitaria italiana a fronte dei dentisti italiani che sono riconosciuti tra i migliori al mondo. Mah..avranno studiato solo all'estero!!
Tuttavia, tale ranking prende in considerazione solo una parte di ciò che è l'obiettivo dell'Università e dei suoi docenti, presenta dei limiti ed è giusto che questi siano evidenziati e spiegati.

E quali sono?

Innanzitutto la classifica riguarda esclusivamente i prodotti della ricerca scientifica, cioè le pubblicazioni su riviste internazionali presenti solo su alcuni database (ad esempio non è stato considerato Scopus, utilizzato con altri database dal Ministero dell'Università per le abilitazioni scientifiche nazionali). Altri parametri presi in considerazione sono il numero di citazioni (solo su alcuni database, Scopus ancora non considerato), le collaborazioni internazionali tra diversi autori e il numero di pubblicazioni su riviste considerate "top" (per l'odontoiatria ne hanno considerata solo una, il "journal of dental research", che tra l'altro pubblica pochi articoli clinici). Ad esempio esistono gruppi accademici nazionali che pubblicando su Dental materials che presenta lo stesso I.F. ma neppure vengono considerati trattandosi di materiali e tecniche e non di biologia.

Ma la ricerca scientifica può essere un valore di buona qualità formativa?

La moderna Università, soprattutto per quanto riguarda l'odontoiatria, ha l'obiettivo di formare sotto ogni punto di vista il futuro operatore, che di fatto, una volta laureato, avrà il compito di gestire la salute orale dei pazienti. Questo vuol dire che dovrà sicuramente avere un percorso formativo che preveda dei docenti ottimi ricercatori, ma allo stesso tempo dovrà essere particolarmente approfondita la didattica professionalizzante legata al tirocinio ed alle attività pratiche. Tanto per essere un po' più chiari, il docente di odontoiatria deve sì fare ricerca e pubblicare lavori scientifici di valore, magari sviluppando materiali innovativi o protocolli impeccabili, ma questi vanno poi applicati clinicamente. Per ottenere una buona formazione "pratica" degli studenti, il docente universitario deve dedicare una buona parte del suo tempo alla attività assistenziale e di tutoraggio nei loro confronti, che devono essere formati in modo molto accurato soprattutto da questo punto di vista, con una futura importante ricaduta sulla salute del cittadino. I recenti episodi di malasanità fanno riflettere su questo punto, o meglio su quanto sia importante la formazione "clinica" dei futuri medici o odontoiatri: certo è importantissimo pubblicare su riviste prestigiose o considerate "top", ma se poi non si hanno capacità cliniche allora tutto ciò diventa meno importante.

Per esempio?

Un esempio di come vi sia questo "mismatch" tra i ranking accademici e i risultati in termini di formazione, si può evincere nel caso della Spagna. Infatti le Università spagnole negli ultimi anni hanno creato ottime scuole, che hanno portato alla formazione di odontoiatri di chiara fama internazionale, e sempre in Spagna vi è una delle più importanti scuole parodontali riconosciuta a livello mondiale: eppure i risultati nell'Academic Ranking of World Universities 2017 sono decisamente deludenti, collocandosi la Spagna in una classifica che la vede più o meno allo stesso livello di Turchia ed Israele.

La polemica nata sui social di cui dicevamo prima nasce anche da questo?

Non voglio puntualizzare troppo, non è il mio stile, ma alcuni degli "scrittori" di questa polemica non hanno superato l'abilitazione scientifica nazionale pur essendo professionisti riconosciuti tra i più bravi clinicamente al mondo nel loro settore, altri non avevano neppure i parametri per presentarsi, salvo poi urlare (spero in perfetta buona fede) che le accademie Italiane non sono valide perché non rientrano (ripeto non tutte) nei parametri che sono gli stessi che li hanno emarginati pur essendo essi dei grandi clinici.
Altri ancora mitizzano devo dire anche giustamente atenei Spagnoli dove si esercita un eccellente odontoiatria parodontale, e non solo, facendo finta di non vedere che in queste classifiche (quella appena riportata è una delle più accreditate) non risultano, per poi lanciarsi a spada tratta contro il sistema Italiano che non li avrebbe voluti " piove governo ladro asseriva un vecchio detto".

Ma è giusto giudicare la "bravura" di un professore dalla quantità di lavori scientifici pubblicati?

Qui rispondo oltre che a livello personale con una estrema convinzione dettata dalla mia purtroppo (visto che gli anni passano) ampia esperienza, che mi dice che un professore universitario deve sì essere giudicato per la sua produzione scientifica, il contrario sarebbe inaccettabile, ma anche per la capacità di insegnare ed insegnare a fare. Non sempre questo accade in alcune chiamiamole prestigiose classifiche e si ritorna ai tempi giurassici, dove un buon/grande professionista si sentiva legittimato ad essere titolare di cattedra solo perché preparava bene un dente o rilevava un impronta in maniera corretta ed i suoi pazienti erano soddisfatti.
Questo è molto importante, ma non di meno che riuscire a standardizzare in qualità un alto numero di prestazioni che la nostra popolazione richiede ed insegnare ai laureati che licenziamo a farlo e farlo bene. Prevenzione, riabilitazione degli over 60 cui il 60% circa dei titolari di pensione non può afferire a cure perché il sistema LEA non li contempla e la vita media si allunga, questo dobbiamo fare.

E lo state facendo?

Sono i risultati che dobbiamo cercare di perseguire. Ci siamo laureati ed abbiamo scelto questa professione per tutelare la salute pubblica, certamente questo si ottiene se si è preparati oltre che clinicamente scientificamente e sempre meglio, ma non facciamo gli ipocriti dimenticando che tre o quattro dei più grandi ricercatori mondiali a livello di H index (voglio stare basso) sono italiani ed accademici e alcuni degli ululanti portatori del verbo via web non solo non sono riusciti in Italia ma anche in altre parti del mondo, mentre stranamente quelli di successo non commentano o se cadono nella tentazione di farlo è perché non conoscono in maniera adeguata questi meccanismi di Ranking ed i criteri che vengono seguiti non sempre limpidi ed esenti da interesse.

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