Puntualmente emerge, in questa stagione, la storia dell’abolizione del numero chiuso per l’accesso ai Corsi di Laurea Magistrale in Odontoiatria e, per conseguenza, a Medicina. Vado piatto sin dall’inizio: una farsa demagogica. Parlo da dentro l’Università e non per sentito dire: il numero chiuso è una necessità formativa prima che istituzionale.
È fondato su molti principi, il primo tra i quali il rapporto docenti/studenti; non bisogna avere fatto Master in Pedagogia Medica per capire quanto importante sia l’essere seguiti da docenti competenti in un numero che sia adeguato. In una disciplina fortemente professionalizzante come l’Odontoiatria, il cui corso di Laurea eroga circa 1600 ore di attività pratica su paziente, il rapporto di cui sopra dovrebbe essere di 1/4, come minimo. Nel contesto in cui vivo, calcolate le ore e le competenze, il corpo docente attuale riesce a sostenere meno del 40% delle ore dedicate alla didattica e deve ricorrere a personale di supporto, spesso volontario o retribuito come uno sciacquapiatti. Un quadro non entusiasmante.
Ma gli abolizionisti rivendicano il diritto allo studio, la Costituzione, il turismo universitario odontoiatrico e via di questo passo.Il fenomeno è troppo ampio per essere affrontato in poche righe; faccio quindi solo brevi considerazioni. Mi sono laureato in regime di numero aperto, avrei potuto conseguire la laurea senza avere visto un paziente, a lezione si andava se c’era brutto tempo, il rapporto formativo con il docente era dettato dal caso.
Certo la vita universitaria era meravigliosa, una lezioncina di qua, un aperitivo di là, la gita in biblioteca, l’esame tentato studiando un capitolo si e uno no. Così si selezionava il 20% degli studenti che, una volta iscritti, giungeva alla laurea. Gli altri rimanevano in questo parcheggio – dorato per alcuni, infernale per altri – uno, tre, cinque, dieci anni. Poi smettevano. I demagoghi inneggiano al modello francese: uno o due anni e poi la selezione.Lascio stare le storie burocratiche che verrebbero fuori per convalide degli esami in tempo o per votazioni finalizzate a conseguire una media che permetterebbe di proseguire gli studi, ma pongo l’accento su un fatto che i demagoghi non mettono mai in evidenza.
Per accedere alla Facoltà di Medicina o Corso di Odontoiatria, oggi bastano poche decine di euro, tre mesi di studio intensi, magari un piccolo corso di formazione per allenarsi ai test. L’apertura consentirebbe uno o due anni di studio a non meno di 3.000 euro cad per poi sentirsi dire: mi dispiace, ma la tua media del 27 non ti consente di proseguire, ci sono sessanta persone più brave di te che hanno conseguito punteggi dal 27,1 in su. Dopo aver “succhiato” loro 6000 euro, dove li mandiamo? A fare corsi di meditazione zen?In alternativa, suggerirei ai demagoghi del numero chiuso di sottoporsi a una visita e a una terapia odontoiatrica a caso fatta da studenti senza istruttore.
Prof. Massimo Gagliani, Professore Associato di Malattie Odontostomatologiche presso l’Università degli Studi di Milano, Facoltà di Medicina, Corso di Laurea in Odontoiatria, Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche, Clinica Odontoiatrica “Giorgio Vogel”
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