Il presidente CAO di Cuneo commenta i dati illustrati durante il convengo EDRA e sostiene che battersi per una modalità di esercizio omogenea serve per tutelare la salute dei cittadini da chi punta al solo profitto
Tra i commenti seguiti al Convegno EDRA “Odontoiatria 4. 0” (a cui ho partecipato con interesse), alcuni destano particolare interesse, soprattutto perché la completezza dei dati presentati permette di delineare tendenze che trasformeranno profondamente il panorama odontoiatrico dei prossimi anni. In molti interventi si è puntualizzato come la professione si stia polarizzando tra concezioni opposte: sia nelle aspirazioni dei giovani neolaureati e studenti, sia nelle modalità di esercizio, sia nei tipi di prestazioni erogate, sia nelle aspettative dei pazienti.
Da un lato, appare ancora preponderante la categoria dei piccoli studi monoprofessionali, spesso come rilevato in mano a professionisti ormai piuttosto anziani, e come, a ben leggere i dati, almeno un terzo di loro ( ma probabilmente se ne aggiungeranno per motivi anagrafici altri nell’immediato futuro) abbiano al loro interno previsto l’ingresso di giovani leve quali figli o parenti diretti. Colpisce anche, negli stessi dati, come soprattutto tra coloro che possono contare sul cosiddetto studio di famiglia sia più forte il desiderio di adeguare il proprio percorso formativo acquisendo competenze più specifiche, e la forte determinazione a migliorare costantemente la qualità delle prestazioni.
Altrettanto evidente, in coloro che per motivi svariati non possono contare su tali situazione favorevole, la tendenza a trovare al più presto uno sbocco lavorativo come collaboratore per ovvie necessità economiche.
Tendenza che resta costante (e forse aumenta) anche a qualche anno dalla laurea, quando le oggettive difficoltà che incontra il giovane odontoiatra nell’aprire uno studio suo lo portano a considerare tale eventualità un desiderio piuttosto che una prospettiva concreta. Sembra cioè che se i cosiddetti “fortunati” possono coltivare tranquillamente le proprie aspirazioni, esista una ampia platea di odontoiatri che facendo di necessità virtù comincino a immaginare la propria pratica professionale solo nel campo della dipendenza o del rapporto parasubordinato.
Tra questi, la disponibilità ad entrare nel mondo della cosiddetta odontoiatria organizzata è decisamente più elevata, anche se viene poco considerata la possibilità di farne una scelta professionale permanente, e le viene attribuita la funzione di luogo nel quale fare esperienza.
D’altro canto, colpisce pure che stia cambiando fortemente la qualità economica delle prestazioni rese negli studi tradizionali nei confronti della “odontoiatria di capitale” . Infatti, se i primi continuano ad avere un aumento complessivo di numero di prestazioni, le seconde possono vantare un miglior rapporto paziente / spesa procapite. Tutto ciò è spiegabile solo se si ammette che i primi dedichino maggiore impegno verso la prevenzione della patologia o a proporre trattamenti più conservativi, mentre i secondi siano orientati maggiormente verso la riabilitazione. Questo viene confermato anche da altri dati, dove si evidenzia un picco di dentisti collaboratori di strutture organizzate nelle fasce di età più elevate, e una marcata propensione alle collaborazioni per implantologia e protesi.
E’ piuttosto ovvio che un dentista esperto presti la propria opera eseguendo preferibilmente prestazioni ad alto valore aggiunto, sia per esperienza maturata che per inclinazione culturale. Non si vuole qui entrare in discorsi di tipo etico, troppo complessi per questa sede, ma semplicemente rimarcare che quanto affermato dal presidente di DentalPro dott. Cohen e dal suo responsabile scientifico dott. Baruch risponde solo parzialmente al vero.
La migliore cura è sempre la prevenzione, non la riabilitazione.
Già oggi le classi sociali più abbienti godono, e ancor più ne godono i loro figli, di una situazione orale molto migliore rispetto a quella dei loro genitori. Al contrario, la prevalenza di patologie ormai quasi scomparse tra i più agiati come la carie o la malattia parodontale sono appannaggio delle categorie più deboli.
Nel recente comunicato diramato da ANCOD ci si dimostra fortemente preoccupati di un’ingerenza dell’Ordine e del suo ruolo, appellandosi al libero mercato e rivendicando una supposta funzione sociale. Voler regolamentare la professione, e renderne le modalità di esercizio omogenee fra tutti i soggetti che la praticano significa anche evitare di affidare la salvaguardia della salute dei meno avvantaggiati a chi, legittimamente, pone il proprio profitto come principale obiettivo. Questa non è una battaglia di retroguardia, ma la battaglia che va combattuta oggi e in futuro.
Dott. Gian Paolo Damilano: presidente CAO Cuneo
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