Nell'imperante cultura dell'apparire, le tecniche di sbiancamento dei denti hanno un inevitabile successo. Ma qual è il loro livello di sicurezza?
Un recente studio pubblicato su Jcda conferma che le moderne tecniche permettono doi ottenere risultati validi senza rischi o controindicazioni di rilievo, cosa che non si può dire di molti altri trattamenti estetici, che pure si moltiplicano in un settore in vertiginosa crescita. Negli Stati Uniti l'ultima moda è il Power Bleaching, trainata dal sorriso di George Clooney che vi si sottopone nel film "Prima ti sposo e poi ti rovino": si tratta di un sistema molto rapido che è in grado di mostrare risultati nel giro di mezz'ora e deve essere applicato sulla poltrona di un odontoiatra.
Tra le tecniche più diffuse, rimangono tuttora quelle di sbiancamento domiciliare a base di perossido di carbamide. Diluito in soluzione acquosa, la sostanza si scinde liberando perossido d'idrogeno: ed è proprio questa acqua ossigenata ad agire come decolorante, penetrando tra lo smalto e arrivando fno alla dentina sottostante, dove si attivano reazioni chimiche in cui alcuni composti responsabili della pigmentazione scura dei denti vengono ossidati e trasformati in altri incolori. La procedura prevede comunque un controllo nello studio dentistico, che lo scopo di esckludere la presenza di carie o gengiviti che costituirebbero un'evidente controindicazione e di preparare delle mascherine di materiale plastico personalizzate in modo da riprodurre l'esatta forma delle arcate del paziente. Nei giorni successivi, a casa propria, sarà il paziente stesso ad applicare il gel sbiancante sulla mascherina seguendo le semplici istruzioni che gli vengono impartite. Lo studio comparso sulla rivista canadese è stato condotto da due ricercatori brasiliani, i professori Maria Cristina dos Santos Medeiros e Kenio Costa de Lima, dell'Universidade Federal do Rio Grande do Norte, con l'obiettivo di valutare l'efficacia e gli eventuali effetti collaterali del cosiddetto "nightguard vital bleaching" - lo sbiancamento ottenuto tramite mascherine da indossare durante la notte - con un gel a base di perossido di carbamide in percentuale del 10%.
Molti studi sullo stesso argomento erano già stati prodotti in passato, a partire dallo stesso dottor Van Haywood, che con Haymann introdusse vent'anni fa l'utilizzo di questa tecnica e successivamente divulgò dati che ne accreditavano l'efficacia nel 97% dei casi nello sbiancare denti macchiati oppure scuriti dall'età o dal fumo. Tuttavia la maggior parte delle pubblicazioni erano il frutto di ricerche sponsorizzate o condotte da aziende che operavano nell'emergente business degli sbiancanti e si avvertiva l'esigenza di indagini cliniche indipendenti. In questo caso, rientrando comunque la procedura tra gli interventi terapeutici, sono state seguite le indicazioni rigorose raccomandate dall'American Dental Association (Ada) mediante un trial controllatyo e randomizzato, che è parte di un programma più ampio finalizzato all'analisi dei cambiamenti che avvengono nella microstruttura dello smalto dentale dopo lo sbincamento.
Lavorando in un contesto universitario, i due professori brasiliani hanno trovato comodo reclutare i 50 volontari tra gli studenti di odontoiatria, 35 ragazze e 15 ragazzi tra i 18 e i 25 anni interessati a sottoporsi al trattamento sbiancante.
Per rispettare i criteri di inclusione previsti dall'Ada, oltre a dover godere di generale buona salute e non essere fumatori, gli studenti selezionati non presentavano otturazioni, gengive sensibili o sanguinanti, né erano stati sottoposti a procedure di endodonzia o di precedente sbiancamento. Suddivisi in due gruppi, metà di loro hanno ricevuto gel al perossido di carbamide e l'altra metà un placebo dalle medesime caratteristiche fisiche ma privo di principi attivo; le applicazioni sono avvenute per tre settimane e le visite di controllo e di raccolta dei dati sono avvenute al ventunesimo giorno, dopo un mese e dopo sei mesi dall'inizio del trial.
Le variabili valutate sono state quattro: il colore degli incisivi centrali e laterali, misurato secondo la scala colori Vitapan classica; la presenza di sanguinamenti gengivali al ventunesimo giorno; la sensibilità dei denti durante il trattamento e infine la personale soddisfazione dei volontari rispetto alla colorazione raggiunta.
Come si vede, due cariabili sono relative all'efficacia del prodotto mentre le altre due danno un'indicazione sui possibili effetti collaterali avversi. L'azione di sbiancamento è stata documentata nel 96% degli studenti appartenenti al gruppo di test, con riduzioni da una fino a otto unitàdi colore secondo la scala adottata. Il risultato ha mostrato inoltre una buona stabilità, in quanto solo il 4% dopo u7n mese e il 12% dopo sei mesi hanno visto un deterioramento dello sbiancamento ottenuto.
La soddisfazione degli studenti appartenenti al gruppo di test è stat del 92% (contro l'8% del gruppo di controllo). Si sono avuti riscontri soddisfacenti rispetto al sanguinamento gengivale che è avvenuto in modo ridotto e senza alcuna correlazione statistica con l'utilizzo di gel sbiancante. La sensibilità ha invece mostrato un aumento nel 36% dei casi, limitata però al periodo di trattamento.
In sostanza questo studio indipendente e rigoroso fornisce una conferma della generale validità di una delle tecniche di sbiancamento più comunemente utilizzate: purché il tutto avvenga sotto la guida e il controllo di un professionista e si eviti un improvvisato fai-da-te.
GdO 2008; 7
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