Obiettivi. Lo studio dei disordini temporomandibolari (Temporomandibular Disorders, TMD) è una delle più affascinanti sfide della professione odontoiatrica, ma gli approcci diagnostico-terapeutici spesso aneddotici che ne hanno caratterizzato la clinica costituiscono un problema etico sempre più rilevante a causa dei costi biologici ed economici ai quali i pazienti sono spesso inutilmente sottoposti. Lo scopo di questo lavoro, pertanto, è quello di presentare i potenziali motivi alla base delle difficoltà nell'introduzione dei concetti scientifici nella pratica clinica.
Materiali e metodi. Il presente lavoro propone un breve riesame delle regole di condotta evidence-based nel campo dei TMD, sintetizzando i principali suggerimenti derivanti dalla letteratura disponibile nel database MedLine, e presenta le conseguenti implicazioni etiche e comportamentali per il professionista.
Risultati. La letteratura e la casistica clinica dei centri di riferimento sottolineano che i TMD sono patologie muscoloscheletriche ad andamento spesso benigno, per le quali la cronicizzazione dei sintomi riguarda solamente una minoranza dei pazienti. L'eziopatogenesi è multifattoriale, con minore importanza dei fattori occlusali rispetto a quelli psicosociali. Sia nei casi di sintomatologia autoremittente facilmente gestibile sia in presenza di sintomatologia cronica, un trattamento di riabilitazione occlusale irreversibile, come quelli spesso suggeriti sulla base di presunti esami diagnostici strumentali (per esempio: elettromiografia di superficie, kinesiografia, pedane stabilometriche), non trova alcuna giustificazione né un razionale di impiego.
Conclusioni. La pratica etica dei TMD richiederebbe una maggiore attenzione da parte della comunità odontoiatrica ai reali bisogni dei pazienti e alle informazioni derivanti dalla letteratura scientifica internazionale, con minor focus sugli aspetti commerciali della professione.
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