Il Centro Interdipartimentale di Ricerca per lo Studio delle Malattie Parodontali e Peri-implantari dell'Università di Ferrara (direttore: prof. L. Trombelli) e il Dipartimento di Parodontologia dell'Università di Bologna (prof. L. Checchi) hanno recentemente pubblicato sul Journal of Clinical Periodontology uno studio che segna una tappa importante di un filone di ricerca alla quale il prof. Trombelli e il suo gruppo si dedicano da ormai 10 anni: la valutazione del rischio parodontale. La ricerca, peraltro, ha già ricevuto quest'anno un importante riconoscimento da parte della comunità scientifica con l'ottenimento del premio "H.M. Goldman" per la migliore ricerca clinica in parodontologia da parte della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (S.I.d.P.).
In parodontologia, essere a rischio per la parodontite significa avere una maggiore probabilità di incidenza della malattia (se si è parodontalmente sani) o di progressiva distruzione del supporto parodontale e conseguente perdita di denti (se si è già malati). In altre parole, i soggetti che presentano un livello di rischio elevato hanno, in assenza di trattamento, maggiori probabilità di deterioramento del proprio stato parodontale rispetto a pazienti con rischio basso. L'interesse del Prof. Trombelli e del suo gruppo di ricerca per il rischio parodontale nasce nel 2007, quando l'Università di Ferrara elabora un metodo oggettivo per la valutazione del rischio. Nel 2007, infatti, è stato elaborato e pubblicato un sistema che, sulla base delle informazioni relative ai maggiori fattori di rischio della parodontite, consente di quantificare il rischio del paziente. Nel 2009, poi, lo stesso gruppo di ricerca ha dimostrato come il metodo possa costituire uno strumento più semplice ed altrettanto accurato rispetto ad altri già disponibili.
II metodo proposto dall'Università di Ferrara è basato su 5 parametri, tra cui fumo e diabete mellito, segni clinici della malattia con riconosciuto valore prognostico (numero di tasche parodontali, indice di sanguinamento al sondaggio) e parametri derivati (rapporto tra denti con perdita ossea ed età). A ciascun parametro viene assegnato un punteggio (tabelle 1-5), e la somma algebrica dei punteggi viene calcolata e associata al di rischio del paziente, che può variare da 1 (rischio basso) a 5 (rischio elevato) (tabella 6).
Nello studio premiato dalla S.I.d.P. e recentemente pubblicato sul Journal of Clinical Periodontology, le Università di Ferrara e Bologna hanno condotto una valutazione longitudinale della associazione tra i punteggi di rischio generati in accordo al metodo UniFe e la incidenza o progressione della parodontite. Per lo scopo, sono stati ottenuti dati relativi ad un'ampia coorte di oltre 100 pazienti sottoposti a terapia parodontale attiva presso i due Atenei, e successivamente inseriti in un programma di terapia parodontale di supporto della durata di almeno 4 anni (media di 5.6 anni). I dati pubblicati mostrano come la perdita media di elementi dentari in corso di terapia di supporto sia stata positivamente associata al livello di rischio identificato con il metodo dell'Università di Ferrara all'inizio della terapia di supporto. I pazienti con livello di rischio basso hanno, infatti, avuto una perdita media di 0 elementi dentari, mentre i pazienti con livello di rischio elevato hanno avuto una perdita media di 1.8 denti. Nel loro complesso, i dati dimostrano che il metodo proposto dall'Università di Ferrara costituisce uno strumento di rapido e semplice utilizzo per l'identificazione dei pazienti a rischio di perdere denti durante la terapia parodontale di supporto. D'altro canto, i dati pubblicati mostrano anche che la perdita ossea media è stata contenuta (inferiore a 0.5 mm) per tutte le categorie di rischio, confermando il potenziale della terapia di supporto nel minimizzare la recidiva della parodontite a seguito di trattamento attivo.
Autori: Luigi Checchi, Vittorio Checchi, Roberto Farina, Luigi Minenna, Michele Nieri, Luca Toselli, Leonardo Trombelli, Antonio Zaetta
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