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01 Febbraio 2010

Una breve introduzione alla fotografia digitale

di Giorgio Perini


Il processo fotografico tradizionale, propriamente detto “chimico”, è impostato sul materiale sensibile che permette di fissare le informazioni luminose che passano attraverso le lenti dell’ottica/ obiettivo. Il materiale sensibile è il mezzo che più condiziona la qualità dell’immagine fotografica. Oggi esiste un’alternativa alla fotografia analogica tradizionale, la fotografia digitale, ma sarebbe più esatto definirla come una scelta “obbligata” in quanto la maggior parte dei sistemi e delle nuove tecnologie si basano sul digitale, appunto.
Con queste nuove attrezzature è possibile registrare delle immagini per mezzo di sensori elettronici, sostitutivi della pellicola chimica.
Cenni storici
La fotografia digitale è nata in quella che può essere definita “la camera oscura digitale”. Adobe Photoshop e Letraset Color Studio furono presentati nel 1989 anche se prima di essi c’erano già Digital Darkroom della Silicon Valley Beach Software, uno dei primi software che oggi definiremo di fotoritocco generale.
Attraverso questo programma era possibile realizzare una serie d’interventi che fino a quel momento erano a uso esclusivo degli operatori professionali delle camere oscure tradizionali: variare la luce, il contrasto di un’immagine acquisita da scanner, ruotare, ritagliare, modificare i livelli di grigio ed effettuare semplici correzioni, che se oggi sono considerate banali, in quel periodo avevano dell’incredibile.
I limiti purtroppo di questo sistema erano visibili specialmente nel livello dei grigi che con solo 8 bit in scala, davano la possibilità di gestire immagini rappresentate tramite solo 256 tonalità di grigio. Certo una rivoluzione per quei tempi ma gli utenti del professionale si accorsero presto dei limiti del sistema. Era quindi preferibile restare ancorati al vecchio sistema analogico e alla camera oscura tradizionale. Ovviamente il settore professionale si aspettava dalle ricerche delle novità proprio nel settore fotografico. Queste avvennero con l’avvento del Mac di Apple a 24 bit di profondità colore. Il mercato aveva così preparato la strada a quella che sarebbe poi divenuta la vera “rivoluzione digitale”.
Ma che cos’è il digitale e, soprattutto, come funziona una fotocamera digitale?
La differenza fra una fotocamera tradizione e una digitale è ovviamente l’assenza della pellicola nella digitale, mentre nella tradizionale costituisce l’elemento sensibile. L’assenza della pellicola è compensata da un elemento atto a raccogliere e trattenere l’immagine. Il suo nome è Ccd, acronimo di “Charge Cuopled Device”. Il Ccd è costituito da milioni di elementi fotosensibili che reagiscono quando vengono colpiti dalla luce.
Generalmente questi minuscoli elementi sono disposti ordinatamente, tale da formare una griglia di forma più o meno rettangolare. La luce passa attraverso l’obiettivo della fotocamera digitale e raggiunge il Ccd che converte la luce in cariche elettriche e secondo l’intensità della luce, queste cariche determinano una variazione di potenza. C’è una similitudine tra la pellicola tradizionale e il nostro Ccd. Gli elementi fotosensibili di silicio del Ccd possono essere paragonati agli alogenuri di argento della pellicola fotografica. La differenza esclusiva tra questi due sistemi, o meglio tra queste due tecnologie, sta nel fatto che gli alogenuri di argento una volta utilizzati/bruciati non possono tornare allo stadio iniziale mentre gli elementi sensibili del Ccd hanno la possibilità di ritornare nello stato di “non eccitazione” e quindi di essere nuovamente pronti per acquisire una nuova immagine. Quando scattiamo una fotografia il Ccd trasmette le cariche presenti su ognuno degli elementi sensibili che lo compongono a un convertitore analogico-digitale che trasforma i segnali in dati digitali (numeri) e li spedisce a una memoria Ram, “Random Access Memory” dalla quale poi potranno essere prelevati per la visione sul display dell’apparecchio digitale e contemporaneamente essere salvati in un supporto di memoria fisso o portatile: card, hard disk ecc. Le categorie dei Ccd utilizzati nel settore fotografico sono due: quella dei Ccd lineari e quella dei sensori a griglia di punti, detta matrice. I Ccd lineari sono presenti nei dorsi digitali dei banchi ottici e delle fotocamere da studio e sono caratterizzati dal sistema di acquisizione: il sensore acquisisce l’immagine una riga per volta più o meno come fa uno scanner piano da tavolo.
Ovviamente il sistema di acquisizione è lento è non è assolutamente adatto alla ripresa di oggetti o scene in movimento. È un po’ come fotografare una macchina in corsa con un tempo di otturazione di 10 secondi. Altra difficoltà di questo sistema è la luce. Il tipo di luce durante una ripresa con una fotocamera basata su un Ccd lineare deve essere obbligatoriamente di tipo continuo ed estremamente stabile; l’uso del flash è escluso. Le fotocamere a matrice di pixel, quindi dotate di griglia, possiedono la caratteristica di far corrispondere a ogni elemento del Ccd un punto dell’immagine. In questo modo al premere del pulsante di scatto l’immagine è presente sul sensore ed è salvata in memoria nella medesima frazione di secondo. Ovviamente tanto più saranno numerosi i pixel della griglia, tanto maggiore sarà la risoluzione, cioè la nitidezza dell’immagine stessa. Ed è proprio questa la nota dolente di alcune fotocamere di fascia bassa, la modesta presenza di pixel del Ccd e quindi la bassa risoluzione non consente di ottenere immagini da poter ingrandire senza perdere in qualità.
Oggi comunque il mercato ci offre una scelta vastissima di fotocamere digitali adatte un po’ a tutti gli usi e con costi sempre più accessibili. Generalmente il numero dei pixel è correlato ai costi di ogni singolo apparecchio ed è proprio la qualità del sensore e la quantità dei pixel contenuti che ne determina il costo più o meno elevato. Anche i Ccd si sono evoluti e molte aziende hanno fatto proprie le nuove tecnologie e le hanno utilizzate nelle proprie fotocamere digitali. Sentiamo parlare da tempo di pixel di forma esagonale e ottagonale, di Ccd “full frame” con griglie di dimensioni diverse da quelle finora utilizzate, la tecnologia del digitale ha una evoluzione così frenetica (legge di Moore) che è decisamente impegnativo essere sempre aggiornati. La fotografia digitale ha una serie di vantaggi che la fotografia chimica non ha e il più evidente è ovviamente la possibilità di utilizzare e riutilizzare sempre un unico supporto, il nostro Ccd e le relative card di memoria, e inoltre la possibilità di controllare subito dopo lo scatto il risultato ottenuto, possibilità quest’ultima che segnò a suo tempo il clamoroso successo del brand Polaroid. In ultima analisi, è opportuno consigliare a chi vuole iniziare a fotografare in digitale di documentarsi con un buon testo sulla fotografia “analogica”. Le basi, com’è in uso dire, sono sempre essenziali ed è quindi indicato acquisire un’efficace dose d’informazioni propedeutiche prima di dedicarsi alla pratica fotografica. Oggi per facilitare l’accesso al digitale molti famosi brand fotografici stanno introducendo sul mercato fotocamere “reflex” a costo contenuto e, inoltre, salvo rare eccezioni, sarà possibile utilizzare sulle nuove reflex digitali gli stessi obiettivi che venivano montati sulle vecchie reflex analogiche. La facilità con la quale oggi si fa fotografia è in qualche modo contrastata dalle difficoltà che nascono con l’interazione che il digitale ha con l’informatica, ma questo è un altro capitolo.

GdO 2009;18

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