Ed oltre a questo il prof Gagliani ne aggiunge altri: tradizione innovata o rivoluzione estrema? Ortodonzia del computer o progetto ortodontico finemente congegnato? In questo Agorà del Lunedì alcuni suoi spunti per la discussione
Avendo navigato molti fiumi odontoiatrici ho il privilegio di aver visitato non so quanti luoghi; dai più singolari a più stupefacenti. Avendo avuto un imbarco ortodontico nei primi anni da studente mi imbattei, frequentando il laboratorio di Nerio Pantaleoni in Bologna, bellissimi tempi, nelle bande ortodontiche, nei fili in acciaio da piegare con tutte le inclinazioni di questo mondo. Era operazione da artigiani; tuttavia, proprio in quei giorni, arrivò un signore da oltreoceano che rivoltò il gioco.
Primo, eliminiamo le bande circonferenziali e impieghiamo i cosiddetti “brackets”, incollandoli sullo smalto secondo i dettami di Buonocore. Poi, rivoluzione nella rivoluzione, decise di far costruire i ferretti metallici con le informazioni necessarie in modo tale che il filo, impegnandosi in esso, ricevesse le sollecitazioni idonee a inclinare i denti nel modo più consono.
Questo signore si chiamava Andrews e pubblicò all’inizio degli anni Settanta un articolo che segnò la nascita di una nuova ortodonzia: le sei chiavi dell’occlusione.
Ebbi il piacere, per conto dell’allora direttore di Mondo Ortodontico Prof. Mario Pignanelli, di tradurre l’articolo dall’inglese e imparai un sacco di cose. Con Andrews nacque una filosofia che, in ossequio alle sue regole, si chiamò “del filo dritto”; ma Straight Wire è qualcosa di più profondo. In inglese “straight” è qualcosa di diretto, che giunge al segno e, per associazione, wire è si filo, ma è anche obiettivo finale, linea del traguardo. Ecco che, con la sintesi che solo gli anglosassoni possiedono, Straight Wire è qualcosa di lineare, senza orpelli che va diretto al fine ultimo che l’ortodontista si propone.
Lo sintetizza con grande precisione e con ricchezza di dettagli Gualtiero Mandelli nel suo nuovo libro che – attraverso numerose rivisitazioni viste nel corso di questi 50 anni, tanti ne sono passati dall’articolo di Andrews – ha anche il doveroso compito di sviscerare le ragioni della tradizione verso la nuova rivoluzione ortodontica, ovvero gli allineatori invisibili.
Qui il grande tema: tradizione innovata o rivoluzione estrema? Ortodonzia del computer o progetto ortodontico finemente congegnato? Le risposte sembrerebbero sin troppo semplici; ma proprio dalla semplificazione di Andrews nacque un nuovo modo di fare ortodonzia. Questa la sfida cui stiamo assistendo e che solo i più esperti potranno presentarci con dovizia di particolari.
Ne parleremo con diverse interviste nei prossimi giorni, sui social e su Odontoiatria 33; l’innovazione è una piacevole persecuzione a cui non ci sottraiamo.
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