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11 Luglio 2022

Abilitazione professionale per gli Odontoiatri

Il prof. Massimo Gagliani commenta il decreto che istituisce la laurea abilitante per odontoiatria evidenziando alcuni problemi tra cui quello di fondo: “sconfiggere la finzione e trasformarla in una realtà moderna”

di Massimo Gagliani


Giunge sulle e-mail di noi docenti odontoiatri il Decreto Governativo – elaborato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) di concerto con il Ministero della Salute – codificante il percorso da far svolgere ai futuri studenti di Odontoiatria per acquisire un’abilitazione professionale. A questo link la notizia su Odontoiatria33. 

Potrebbe prendere il nome di Decreto Messa-Speranza, in rigoroso ordine alfabetico, essendo la cavalleria, debitrice di un ruolo prioritario alla donna, dismessa dalla parità di genere.
Cosa afferma il Messa-Speranza: che uno studente di Odontoiatria dovrà passare una prova, questa volta precedente alla tesi di laurea, nella quale un’apposita commissione dovrà giudicare il suo operato, come prima mano, in tre casi clinici – cita il decreto – appositamente selezionati. 

Lo studente altresì dovrà compilare apposito libretto sulle attività svolte durante il TVP, ovvero il Tirocinio Pratico Valutativo, che dovrebbe avere un iter di circa 600 ore/anno. 

Fatto questo giro e organizzato il materiale – si spera un libretto elettronico – il candidato si sottoporrà alla PPV (Prova Pratica Valutativa) di cui sopra, ovvero l’esame dei tre casi. 

La Commissione Valutatrice viene formata da due docenti universitari e da due membri dell’Albo: una modalità non dissimile da quella attuale. 

Il Messa – Speranza mette ordine, dopo oltre quarant’anni, a un iter, ormai sciatto e desueto, che consegnava ai neo-laureati la licenza di trapanare.  

Ottima idea. 

Rimangono da vedere decreti attuativi, decreti rettorali e cambiamenti dell’ordinamento didattico: finiti questi il nuovo Corso di Laurea in Odontoiatria vedrà la luce e, se non ho capito male, visto che c’è un cambio fondamentale nel piano di studi, ne vedremo i frutti non prima del 2029….


C’è anche un altro tema, non irrilevante: l’anno accademico è, per consuetudine, fondato su circa dieci mesi di lavoro. Più facilmente nove. Ma facilitiamo il compito, teniamo dieci mesi.
Quaranta settimane, duecento giorni lavorativi; milleduecento ore effettive. A casa mia, attività clinica reale per dieci mesi mattina e pomeriggio, nove diciassette con piccola pausa pranzo e una sosta per la pipì. 

In seicento lavora Rossi Mario e nelle altre seicento Bianchi Luigi, i due, rubano 15 ore/mese tra sabati e domeniche per studiare, scrivere il libretto e ordinare i casi.

Poi affronteranno la PPV. 

Continuando in questa danza di numeri, per un corso che abbia circa sessanta studenti, avente un rapporto docenti/studenti di sei a uno, serviranno, solo per il TVP, circa dieci docenti che stiano a tempo pieno, mattina e pomeriggio, a fianco degli studenti. Saranno su base volontaria? O con munifici contratti libero professionale a 11 euro ora come si sente in alcuni ospedali? 

Uno dei tanti problemi del Messa-Speranza sarà proprio questo, sconfiggere la finzione e trasformarla in una realtà moderna.    


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