Non sempre le nuove tecnologie hanno interfacce così intuitive da essere assimilabili in poco tempo. Da questa constatazione nata dalla lettura di un lavoro scientifico, le considerazioni del prof. Gagliani di questo Agorà del Lunedì
Come molti di voi sapranno l’Endodonzia rappresenta la mia disciplina di riferimento; ho cercato di nobilitare, per le mie modeste competenze, questa branca, spesso negletta, della “dentistica”.
La formazione ritengo, e riterrò sempre, costituisca il cardine per far evolvere ogni settore, l’odontoiatria non ne è esente. Però, girovagando per la letteratura, scopro che non è così. Il fatto succede in Norvegia e come sempre la dott.ssa Lara Figini lo ha sintetizzato in uno dei suoi utilissimi paper; a me spettano solo alcune considerazioni.
Un gruppo di colleghi norvegesi esegue, come d’abitudine, trattamenti endodontici su pazienti; i risultati sono senza infamia e senza lode, certamente non disonorevoli. I suddetti vengono così indottrinati con una nuova tecnologia, fanno il loro bel corso e… tornano a trattare i pazienti.
Risultato? Un disastro (enfatizzo)!
Ovvero, cambio tecnica e, sottratto alla solita routine, faccio peggio invece che fare meglio, sebbene sia stato istruito a dovere. Il risultato sorprende da un lato e fa sorgere degli interrogativi dall’altro.
La sorpresa: non sempre le nuove tecnologie hanno interfacce così intuitive da essere assimilabili in poco tempo, da qui l’esigenza di consolidare le nuove conoscenze con un percorso di apprendimento differente.
Mi sento di appoggiare le considerazioni degli autori di questo esperimento. L’interrogativo ne è l’esatta conseguenza: siamo sicuri che, sempre, le innovazioni debbano portare beneficio.
Senza scomodare la retorica dello stavamo meglio quando stavamo peggio, forse sarebbe giusto domandarsi se e come determinate tecniche possano essere realmente efficaci ove innestate in un contesto di odontoiatria media, dove per media intendiamo un’attitudine generale – manuale e mentale – verso la professione che non comporti il vivere con il trapano in mano 7/24 e consenta la lettura di un libro su Van Gogh o un week-end con la famiglia.
Rimane, tuttavia, straniante il fatto che un gruppo di colleghi, incentivati al progresso, produca un risultato in regresso.
Mi viene in mente il mio caro papà che, vedendomi affannato nel rimediare a uno strumento NiTi rotto in un canale, esclamò con il suo fare umoristico e disincantato: “Bei tempi quelli della pasta per otturazione canalare Trio….pasta Trio e vai con dio!”
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