Sono 12,2 milioni gli italiani che nell'ultimo anno hanno rinunciato o rinviato almeno una prestazione sanitaria per ragioni economiche (1,2 milioni in più rispetto all'anno precedente, pari a un incremento del 10,9%). A chi non ce la fa economicamente, non resta che la rinuncia o il rinvio delle prestazioni. È quanto emerge dal Rapporto Censis-Rbm Assicurazione Salute, presentato oggi al "Welfare Day 2017".
La prima conseguenza di questa realtà è l'aumentare della spesa di tasca propria per la sanità che si attesta a 35,2 miliardi di euro, mentre si espande a macchia d'olio l'area della sanità negata: nell'ultimo anno 12,2 milioni di italiani hanno rinunciato o rinviato prestazioni sanitarie, 1,2 milioni in più rispetto all'anno precedente.
Il dover far ricorso alla sanità privata incide notevolmente anche sulle tasche degli italiani, 13 milioni dei quali hanno sperimentato proprio difficoltà economiche legate a spese sanitarie per le quali alcuni hanno fatto ricorso a risparmi o prestiti e spostano anche le priorità sulla spesa penalizzando le prestazioni che si possono rimandare rispetto a quelle che interessano patologie più importanti.
Il Rapporto indica come rinviare e/o rinunciare prestazioni sanitarie come visite specialistiche, odontoiatriche, accertamenti diagnostici ecc. è ormai un comportamento stabile, consolidato, ordinario, delle famiglie italiane.
Queste le prestazioni che più hanno generato difficoltà economiche per le persone che ne avevano bisogno e hanno dovuto acquistarle sul mercato privato: le visite specialistiche (74,7%), i farmaci (53,2%), gli accertamenti diagnostici (41,1%), l'odontoiatria (40,2%), le analisi del sangue (31%), lenti e occhiali da vista (26,6%), le prestazioni di riabilitazione (14,2%), protesi, tutori, ausili vari (8,9%), assistenza sociosanitaria a domicilio (5,7%).
"Più di un italiano su quattro non sa come far fronte alle spese necessarie per curarsi e subisce danni economici per pagare di tasca propria le spese sanitarie", ha detto Marco Vecchietti (nella foto), consigliere delegato di Rbm Assicurazione Salute, durante il Welfare day a Roma. Riflettori puntati, perciò, anche sulla sanità privata che potrebbe rifarsi al sistema francese, come spiegato ancora da Vecchietti. La spesa sanitaria privata, ormai capillarmente diffusa tra gli italiani, pesa di più su chi ha meno, su chi vive in territori più disagiati e su coloro che più hanno bisogno della sanità per curarsi. E più si invecchia, più si deve mettere mano al portafoglio per pagarsi le cure: fatta 100 la spesa sanitaria privata pro-capite degli italiani, per un anziano si arriva a 146. La spesa sanitaria pubblica si riduce e l'area della "sanità negata" si espande. Una riduzione del valore pro-capite dell'1,1% all'anno in termini reali dal 2009 al 2015: è questo il record di contrazione della spesa sanitaria pubblica italiana segnalato dalla Corte dei Conti, mentre nello stesso periodo in Francia è aumentata dello 0,8% all'anno e in Germania del 2% annuo. L'incidenza rispetto al Pil della spesa sanitaria pubblica italiana è pari al 6,8%, in Francia si sale all'8,6% e in Germania si arriva al 9,4%. Meno risorse pubbliche per la sanità rispetto al passato e rispetto agli altri Paesi: è questa la sintesi. Nel rapporto si elencano anche alcuni dati relativi alle attese: per una mammografia si attendono in media 122 giorni, 60 in più rispetto al 2014 e nel Mezzogiorno l'attesa arriva a 142 giorni.
Come rispondere a questa difficoltà?
Secondo gli esperti con un modello multipilastro che deve valorizzare la coesistenza tra pubblico, privato e sanità integrativa, unica strada per tornare ad ampliare la copertura restituendo sicurezza a tutti i cittadini.
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