La sentenza del Consiglio di Stato, che ha confermato l’ordinanza di sospensione per sei mesi della autorizzazione sanitaria nei confronti di un centro odontoiatrico reo di non aver inserito il nome del direttore sanitario in una comunicazione pubblicitaria, come indicato dalla legge 175/92, continua a fare discutere.
Una sentenza importante non tanto per il caso posto in esame, l’obbligo di indicare il nome del direttore sanitario nella pubblicità, ma per i pronunciamenti sulla validità della 175/92 rispetto alle liberalizzazioni approvate con la legge Bersani. “Dal punto di vista normativo”, spiega ad Odontoiatria33 il presidente nazionale CAO Raffaele Iandolo (nella foto) la sentenza del Consiglio di Stato “non cambia nulla, anzi conferma quanto già come CAO avevamo sempre sostenuto, ovvero che la 175/92 era pienamente operativa”.
“Quello che risulta molto importante”, continua “è la consapevolezza di avere a disposizione uno strumento in più, soprattutto al fine di poter regolare efficacemente il messaggio pubblicitario valorizzando il ruolo dell’Ordine”. “Il Consiglio di Stato ribadisce che le Legge Bersani ha abrogato solo la parte dedicata al procedimento autorizzativo preventivo sulla pubblicità: la parte restante è tutt’ora vigente”, chiarisce il presidente CAO. Iandoloevidenza come sia pienamente operativa anche la norma che vieta la venditadi attrezzature elettromedicalie dispositivi medici ai soli abilitati all’Odontoiatria, “se pur riferita in generale agli iscritti degli Albi delle professioni sanitarie”.
Dopo la Sentenza il presidente nazionale CAO esclude che verranno date indicazioni particolari alle CAO Provinciali -per esempio di intensificare controlli e sollecitare i Comuni ad imitare quanto intrapreso a Sarzana- ricordando che i presidenti CAO “sanno già come procedere in questi casi”.
Sulla questione che nella vicenda di Sarzana a farne le spese (se il centro chiuderà per sei mesi) saranno anche i pazienti in cura e chi ci lavora e forse sarebbe stato meglio una sanzione amministrativa, il presidente Iandolo ricorda che questa ipotesi non è stata accolta dal Consiglio di Stato anche se, ammette, “c’è bisogno di una riflessione sulle conseguenze di questo reato, che, pur non pregiudicando direttamente la salute del cittadino, è stato comunque riconosciuto come tale. “Dura, sed lex”, afferma Iandolo.
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