Requisiti delle nuove polizze Rc, garanzie minime degli assicuratori, intervento Ivass e definizione dei confini tra assicurazione ed autoritenzione del rischio: sono i temi centrali dei quattro regolamenti attesi da due anni, dopo l'approvazione della legge 24 sulla sicurezza delle cure. Nei giorni scorsi Federico Gelli, relatore della legge alla Camera ed oggi presidente della Fondazione Italia in Salute, ha annunciato l'imminente arrivo di questi decreti attuativi che dovrebbero semplificare la vita di medici, sanitari, ospedali, Asl ed assicuratori.
L'annuncio è arrivato a un convegno alla Camera, in cui lo stesso Gelli ha presentato uno studio della Fondazione: un punto sui trend risarcitori negli anni pre e post legge 24, molto incoraggiante. Nelle regioni dove sono state attivate politiche di gestione del rischio si conferma una tendenza alla riduzione del contenzioso. Non sarebbe solo merito dell'autoassicurazione da parte degli ospedali, come invece talora dicono i manager, ma di una serie di politiche che vanno dalla creazione di unità di risk management, all'attivazione di corsi, al rilevamento di inappropriatezze nei percorsi diagnostico terapeutici.
"I dati raccolti per lo più in regioni dov'è stato fatto un lavoro di gestione del rischio - come la "mia" Toscana partita 10 anni fa -confermano gli studi esteri secondo cui le strutture che più investono in risk management hanno meno contenziosi legale e sborsano meno in termini di premi e risarcimenti», sottolinea Gelli a DoctorNews. «Alla messa in opera di sistemi di prevenzione, gestione e monitoraggio del rischio corrisponde una sostanziale azione di prevenzione del danno. Ci vorrà tempo per avere dei numeri che mettano in relazione l'applicazione della legge 24 e i trend nei contenziosi legali enella medicina difensiva, ma intanto sappiamo che dove nascono unità di gestione del rischio clinico si riesce a centrare l'obiettivo".
Nell'imporre il risk management nelle strutture sia pubbliche sia private, "la legge - osserva Gelli- ha sposato buone pratiche che avevano già dato esiti positivi in alcune realtà; l'obiettivo è ora omogeneizzare queste pratiche a livello nazionale calibrandole sulle diversità delle strutture, un poliambulatorio ha esigenze diverse da un Policlinico da 1200 letti. Altro dato è che "su 21 tra regioni e province autonome, 13 hanno aderito alla legge istituendo centri regionali di coordinamento del rischio clinico, due - Liguria e Lombardia - hanno di fatto aderito senza però seguire la lettera della legge, le altre non hanno fatto niente".
Per inciso, c'è poi ancora da lavorare sul tema trasparenza. Come ha ricordato Gelli alla presentazione dello studio, sono ben 11 le Regioni con livello insufficiente, scarso o nullo di informazione rispetto agli aspetti di gestione del rischio sanitario e della sicurezza delle cure. Da qui la necessità di un intervento più incisivo anche per garantire ai cittadini la possibilità di scegliere al meglio dove e come curarsi».Ma non sarà che le regioni risparmiano di più perché si autoassicurano?
"Nell'elenco delle regioni (o delle Asl di regioni) che hanno dato esiti positivi c'è chi si autoassicura, chi fa riferimento a compagnie assicurative, chi adotta un sistema "misto", strada più flessibile nella quale l'auto-ritenzione del rischio è la regola entro una franchigia e poi, superata quella franchigia, entra in gioco la polizza assicurativa".
Ma la vera novità sta nell'arrivo dei quattro decreti attuativi della legge.
Il Direttore generale del ministero dello Sviluppo, Mario Fiorentino, ha annunciato per il 9 maggio la convocazione del tavolo di lavoro per sciogliere gli ultimi nodi e arrivare in tempi brevi all'emanazione dei decreti. "In un decreto si discutono i requisiti minimi delle polizze, massimali, ultrattività e retroattività; un secondo decreto serve per le garanzie minime che devono dare gli assicuratori per gestire questo rischio, bisogna evitare il "flop" di qualche compagnia, cose che si sono viste in passato; un terzo decreto deve disciplinare forme di auto-ritenzione del rischio in un quadro nazionale, non è che ogni regione possa perseguire il diritto dei pazienti a cure sicure secondo un criterio differente. Va inoltre definita l'azione diretta che il cittadino può fare sulla struttura e che non appare praticabile in caso di auto-ritenzione del rischio. Si pensa in questo caso a introdurre per le strutture l'obbligo di avere un Fondo di garanzia al quale attingere le risorse per l'erogazione diretta del risarcimento".
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