Al IX Workshop di economia in odontoiatria dell’ANDI, l’analisi e le proposte di soluzioni per diffondere la prevenzione e allargare l’accesso alle cure
Un italiano su quattro oggi è in difficoltà economica e ciò spinge le persone che non hanno sufficienti mezzi a cercare risposte anche di scarsa qualità professionale per i propri bisogni di salute. Al IX Workshop di economia in odontoiatria, promosso di ANDI che si è svolto a Roma nei giorni scorsi è stato affrontato il tema delle diseguaglianze sociali, dando il quadro della situazione, insieme alle soluzioni con cui allargare la tutela del diritto alla salute.
Prendendo spunto dalla ricerca, pubblicata sul Journal of Dental Research nel 2014, che dimostrava come, raggiunti i 70 anni di età, le persone povere abbiano otto denti in meno rispetto ai ricchi, i due sociologi, Maurizio Esposito, docente dell’Università Luiss Guido Carli, e Antonio Maturo, docente dell’Università di Bologna, hanno illustrato i dati che riguardano oggi la povertà sanitaria, e in particolare la salute orale, in Italia.
“Per troppo tempo – afferma Esposito – si è parlato di sanità come di un costo, mentre si tratta di una risorsa. La sanità pubblica e la sanità privata sono alle prese oggi con una serie di sfide incredibili, fra le quali, l’allungamento della speranza di vita e dell’aspettativa di vita sana, le differenze economiche, sociali e d’istruzione”.
Il sociologo rammenta come in base a un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità, nel 2022, le malattie odontoiatriche equivalevano a 3 miliardi e mezzo di casi, un numero superiore a quello che riguardava i disturbi mentali e cardiovascolari. Calando l’attenzione sull’Europa e sull’Italia, “in base ai dati dell’Eurostat – prosegue –, le cure odontoiatriche sono le prime a cui le persone rinunciano. La rinuncia – sottolinea – non è solo economica, ma è, a mio avviso, culturale. La cura dentistica non viene percepita come una visita cardiologica, sebbene conosciamo, in base agli studi, il rapporto esistente fra le diverse problematiche e quelle odontoiatriche”. Infatti “i poveri spendono meno in termini di valori assoluti e relativi. Le visite non sono considerate un bene necessario”.
“Quando facciamo proposte – suggerisce il docente della Luiss – dobbiamo preoccuparci di creare una comunicazione sanitaria tale per cui tutti sentano l’urgenza di fare la visita odontoiatrica. Non bastano i costi bassi della pulizia dei denti per far credere alle persone che sia necessario fare prevenzione. I soggetti fragili saranno sempre di più e occorre assicurare, al contempo, la libera scelta del professionista. Per questo, bisogna creare un modello per cui si faccia capire alla popolazione quanto le visite odontoiatriche siano necessarie”.
Un’analisi del modello sociale a cui aspirare per fare in modo che l’odontoiatria rientri nel panorama di necessità accessibili per la tutela della salute di ogni cittadino, la offre il professor Maturo. “Il modello paternalista – spiega il docente dell’Ateneo di Bologna – prevedeva un rapporto asimmetrico”, in cui il dentista detiene l’esperienza a cui il paziente si affida. “Il modello commerciale – continua –, al contrario, vede al centro il profitto e una tendenza alla sovra medicalizzazione”. Quello a cui mirare è la costruzione di un “modello dell’impegno sociale”, in cui l’odontoiatra agisce sui determinanti sociali delle persone, fra cui l’accesso, per permettere a tutti le cure.
Per Roberto Calandriello, coordinatore del Centro studi ANDI, il problema culturale, dietro alla rinuncia alle visite odontoiatriche esiste “ma è quello economico ad essere preponderante”. Il volume di spesa familiare, nel 2021, è stato calcolato intorno ai 760 miliardi di euro, di cui il 36,7% destinato alla spesa sanitaria generale. Di questa quota, l’odontoiatrica rappresenta il 9,7%, cioè, l’1,25% della spesa totale della famiglia. Fra le ragioni della scarsa attenzione, ci sono i salari fermi che portano a una erosione progressiva e costante della capacità di spesa, una grande quantità di popolazione che non produce reddito e una quota alta, pari all’8%, di poveri assoluti insieme a 14,2 milioni di persone considerate in uno stato di povertà relativa. In questo quadro, si inseriscono le convenzioni assicurative: “il tasso di dentisti – spiega Calandriello – che ha un rapporto diretto con l’intermediario è fisso al 30%. La diffusione del cosiddetto ‘terzo pagante’ nel territorio è a macchia di leopardo. Va detto che il possesso di un’assicurazione crea un aumento dei consumi, tanto da essere considerato doppio. È necessario però che il terzo pagante rispetti le regole di equilibrio, che non si concentri su reti sociali e territori e che sia rispettato il rapporto fiduciario, senza lo scopo di lucro”.
“Il bisogno di cura è alto nel Paese perché la popolazione invecchia ed il peso delle cure è sempre più insostenibile”, avverte Luca Barzagli, presidente del Fondo sanitario (Fas), ideato da ANDI. A questa condizione pone una risposta il Fas che “può essere venduto dal dentista – spiega Barzagli – perché non c’è la necessità di interporre un broker. Siamo inoltre una Fondazione no profit, ciò significa che tutte le risorse vengono destinate alle cure”.
La novità all’interno del Fondo è il piano individuale, chiamato “liberi di scegliere”, reso da ANDI tramite la Fondazione, che si basa su tre capisaldi: accessibilità, premialità e prevenzione. Il pacchetto unico prevede un costo di 50euro all’anno e tre tipi di copertura: campagna educativa e informativa, copertura per fragilità e urgenze per i disabili, conto odontoiatrico premiale che cresce con le visite di prevenzione. Inoltre i servizi previsti sono un dentista per l’assistenza domiciliare, la televisita e il rimborso integrale per la prestazione domiciliare.
Occorre “passare dal concetto di rimborso al concetto di fondo sanitario, ovvero un ente fra il cittadino e il Servizio sanitario, per la presa in carico. Sembra banale ma non lo è”, osserva Damiano Mastantuono, responsabile area welfare e sanità di Mefop spa, società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione. “Ci sono – prosegue – molte evoluzioni in atto, aiutate dal legislatore che ha messo in evidenza i temi. Sta cambiando nella percezione degli italiani la fiducia al sistema sanitario, gli over 45 sono preoccupati del rischio di non essere auto sufficienti e guardano alla sanità integrativa. L’odontoiatria – sottolinea – è una delle poche molle che spinge a spendere per avere una copertura assicurativa e per questo si dovrebbe integrare il medico odontoiatra nella decisione del piano. Il Fas proposto dall’Andi – commenta – è un fondo generativo ed il fatto che ci sia un piano di cura valorizza la presa in carico. È un piano che si prefigge di accompagnare i cittadini”.
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