Le indagini finanziarie anche dette "controlli bancari" sono una delle principali metodologie di accertamento e di verifica che l'Agenzia delle Entrate e, più in generale il Fisco, utilizza contro i professionisti. Questo strumento non è sicuramente una novità nel panorama dei controlli fiscali; negli ultimi anni però, vi è stata una intensificazione nel suo utilizzo congiunto con altre metodologie di verifica come, ad esempio, gli studi di settore o l'accertamento sintetico basato sulle spese. In un intervento di fine gennaio, la Direttrice dell'Agenzia delle Entrate ha ribadito la volontà da parte dell'Amministrazione Finanziaria di puntare su questa modalità di verifica, in abbinamento in particolare modo al "tanto temuto" redditometro: nelle intenzioni del Fisco, l'utilizzo congiunto di questi due strumenti dovrebbe permettere di meglio identificare e definire qual è la vera capacità di spesa del contribuente e quindi quale deve essere il suo reddito fiscale.
Grazie all'Ufficio di Consulenza Fiscale AIO cerchiamo di fare chiarezza su che cosa sono le indagini finanziarie e come ci si può difendere soprattutto nella fase preventiva.
Cosa sono le "indagini finanziarie" e come funzionano?
I "controlli bancari" consistono in specifiche richieste da parte dell'Amministrazione Finanziaria che, come già indicato precedentemente, sono finalizzate a ricostruire i flussi di denaro in entrata e, in alcuni casi, in uscita riconducibili al contribuente: l'obiettivo è quindi definire l'effettiva disponibilità reddituale del contribuente. Queste richieste vengono inviate a tutti gli istituti bancari e operatori finanziari che hanno rapporti con il soggetto che viene controllato.
È novità di questi ultimi mesi il fatto che dall'anno 2016 potranno essere oggetto di controllo anche le disponibilità detenute presso istituti finanziari esteri, non residenti in Italia. Nello specifico, i soggetti a cui il fisco potrà richiedere informazioni saranno le banche, le poste italiane, tutti gli intermediari finanziari, le SGE, le società di investimento, ecc.
Il soggetto che viene controllato dal fisco con questo strumento di accertamento, dovrà giustificare sicuramente tutte le movimentazioni in entrata sui propri conti correnti (accrediti) e potrebbe trovarsi anche nella difficile situazione di dover giustificare tutte le uscite (addebiti).
Qual è l'oggetto di questi controlli?
I conti e le operazioni che possono essere oggetto di controllo sono molteplici: innanzitutto potranno essere verificati i conti intestati direttamente al contribuente o quelli a lui cointestati. Oggetto della verifica potranno però essere anche i conti di cui vi è la semplice disponibilità (ad esempio la delega), i conti dei familiari, o, ancora, i conti fittiziamente intestati a terzi. Infine, massima attenzione anche alle cosiddette operazioni "fuori conto" che possono essere ricondotte al contribuente tramite le informazioni che residuano nel sistema bancario.
Perché è un tema così attuale?
Il motivo che rende sicuramente questa tipologia di accertamento una delle preferite da parte del Fisco è da ricercarsi essenzialmente in due fattori. Innanzitutto si tratta di una tipologia di controllo che comporta un impiego di forze da parte dell'Amministrazione Finanziaria abbastanza ridotto rispetto ad altre modalità di accertamento (si pensi a quello basato sulla contabilità): infatti, come vedremo, sarà il contribuente a dover ricostruire i movimenti dei propri conti correnti per potersi difendere dalla richiesta dell'ufficio.
La seconda motivazione è sicuramente la possibilità di abbinare questa tipologia di verifica ad altri strumenti come, ad esempio, il redditometro per rafforzare le tesi dell'Ufficio controllore.
L'attenzione riposta sui controlli bancari è testimoniata anche dall'emanazione di due recenti Circolari risalenti alla fine del 2014 ad opera della Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza. Inoltre, la Legge di Stabilità 2015 (Legge Finanziaria) ha previsto una intensificazione del numero delle verifiche con un utilizzo ancora più mirato.
Le informazioni che gli uffici forniranno, verranno utilizzate per condurre una specifica "analisi del rischio di evasione" che, a detta della stessa Agenzia, verrà effettuata da funzionari specializzati. Cadranno nel mirino tutte quelle posizioni in cui vi sono, ad esempio, frequenti prelievi o versamenti di contanti, operazioni di "cambio assegni", situazioni di apertura o chiusura frequente di conti correnti o presenza di rapporti con istituti di credito sparsi nel territorio nazionale senza motivi operativi.
Dal 2015, inoltre, l'Agenzia delle Entrate con l'accesso all'Anagrafe Tributaria (il "cervellone" informatico del Fisco) potrà ricevere anche informazioni relative al valore medio di giacenza annuale dei depositi e dei conti correnti, siano essi bancari o postali. Il recente provvedimento della Agenzia delle Entrate del 10 febbraio 2015 ha previsto tempistiche e modalità con cui tutta questa "mole" di dati dovrà essere comunicata all'Anagrafe Tributaria per gli anni 2013 e 2014. Il tutto si va ad aggiungere ai dati relativi all'anno 2011 e 2012, già in possesso del Fisco.
In buona sostanza, se tramite l'abbinamento di questo insieme di informazioni ad altri indicatori di anomalia derivanti dall'utilizzo dello "spesometro", degli studi di settore, del redditometro, dovessero emergere delle posizioni sospette, queste presenteranno un elevato rischio di controllo.
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