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01 Marzo 2011

Grazie Chopin

di Cosma Capobianco


Degli effetti e del potere della musica sulla mente umana hanno scritto e discusso intere generazioni di artisti e intellettuali. Un illustre neurologo-scrittore, Oliver Sacks, ha dedicato all’argomento la sua ultima fatica, raccogliendo decine di sorprendenti casi clinici. Ma la fantasia di nessuno scrittore avrebbe potuto immaginare che un musicista ebreo, nascosto tra le rovine di un casa distrutta, si sarebbe salvato grazie a un notturno di Chopin.
Wladyslaw Szpilman, pianista e compositore, stava eseguendo un concerto per la radio polacca quando gli Stuka nazisti cominciarono a bombardare Varsavia. Testimone e vittima dell’occupazione nazista, scampò alla deportazione e alla distruzione del Ghetto, nascondendosi in una delle poche case che ancora avevano un tetto. Il suo nascondiglio venne scoperto da Wilhelm Hosenfeld, un ufficiale della Wehrmacht, che, invece di arrestarlo, lo salvò, grazie anche al comune amore per la musica. Subito dopo la guerra, Szpilman descrisse in un libro autobiografico la sua straordinaria fortuna, che il regista Roman Polanski avrebbe poi trasformato in un film, premiato con tre Oscar, due anni dopo la morte di Wladyslaw. Date le enormi difficoltà del periodo post-bellico, il libro non ebbe grande diffusione; una copia restò nascosta in un armadio di casa fino al 1968, quando lo riscoprì suo figlio Andrzej, che oggi lavora in Germania come dentista presso l’università di Bonn, ma si occupa molto anche di musica, come compositore ed editore.
Dr Szpilman, ci racconti come venne a conoscenza di questa storia?
Fu nel 1968, quando avevo 12 anni: scoprii il libro rinchiuso in un vecchio armadio, lo lessi di nascosto, ma ovviamente non osavo parlarne con mio padre, per non far capire che avevo frugato tra le sue cose. Fu solo allora che scoprii l’origine ebraica della mia famiglia.
Nel 1998, quando lavorava ad Amburgo, lei conobbe Wolf Biermann, famoso cantautore dell’ex-Ddr, esiliato per la sua attività di protesta. Fu lui, figlio di una vittima dell’Olocausto, a convincerla a ripubblicare il libro…
Sì, fu grazie a lui. Trovai un piccolo editore che era interessato e lo intitolai “Il Pianista”. Il successo fu immediato e venne tradotto subito in inglese e poi anche in altre lingue.
Suo padre voleva che il libro fosse ripubblicato?
Veramente mio padre era un po’ scettico: pensava che non interessasse più a nessuno, dato il tempo che era trascorso.
Quindi a casa non si parlava di quello che era successo durante la guerra?
No, fino a che il libro non fu pubblicato di nuovo.
Suo padre intanto continuava a lavorare come musicista…
Sì, lavorava per la radio polacca, componeva musica e organizzava concerti. Capii dopo che quello era anche un modo per allontanare i ricordi della guerra.
E i suoi figli? Come hanno reagito quando hanno saputo della vita del nonno?
Dopo il film, la mia casa si è riempita di giornalisti e così sono venuti a conoscenza di tutto. Mio figlio Daniel ha avuto anche u a piccola parte nel film, dato che all’epoca era un bambino.
Come avvenne il contatto con il regista Roman Polanski?
Fu lui a chiamarmi, dopo la pubblicazione del libro negli Usa. Un suo amico glielo regalò per il compleanno e decise subito che ne avrebbe fatto un film. Come sapete, il successo fu grande e fu premiato con la Palma d’oro al festival di Cannes. Vinse anche tre Oscar, tra cui quello per il miglior attore protagonista, che andò ad Adrien Brody.
Il brano che Adrien - Wladyslaw suona nel film nella famosa scena in cui viene scoperto da Hosenfeld è molto intenso e drammatico. Chi scelse la colonna sonora?
Io non ho avuto nessuna voce in capitolo, posso solo dire che in quella scena mio padre suona un brano di Chopin.
Che cosa pensa dei negazionisti dell’Olocausto?
Per fortuna sono solo un’eccezione. Credo che siano psicopatici.
Dove lavora adesso come dentista e di che si occupa?
Ho lavorato per molti anni ad Amburgo, nel reparto di conservativa dell’università; per i prossimi tre anni sarò all’università di Bonn.
Perché ha scelto l’odontoiatria, nonostante la sua passione per la musica?
Perché mi piace lavorare con le mani e, a differenza del medico, il dentista vede subito i risultati del suo lavoro.
Quali sono i suoi programmi artistici?
Ci saranno almeno sette concerti in Polonia per il centenario della nascita di mio padre e fra qualche giorno sarò all’università di Luneburg per conferire il premio Hosenfeld - Szpilman a un’artista polacca.

Oltre che nel premio istituito a Luneburg, la memoria di Wilhelm Hosenfeld, morto in un campo di prigionia alcuni anni dopo la fine della guerra, sopravvive nello Yad Vashem, il museo dell’Olocausto di Gerusalemme, dove è ricordato come un “Giusto”. Egli, infatti, salvò la vita a molte altre persone, spinto da quel senso di umanità che animava anche Wladyslaw Szpilman, che soleva ripetere : “Chi non sa perdonare, non è un uomo”. Nella loro storia c’è il messaggio che si ritrova nel film: Szpilman, nonostante tutto, non odiava nessuno. Semplicemente, come gli altri sopravvissuti, cercava di capire il perché di tanto orrore e, spesso, si ripeteva la domanda quasi colpevolizzante degli scampati: “Perché sono rimasto vivo io e gli altri no?”.
cosma.capobianco@tin.it

GdO 2011;3

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