In una lettera, indirizzata da Giacomo Babaglioni alla Smom, il racconto della creazione del laboratorio odontotecnico in cui studiano gli studenti del corso di laurea breve attivato dalla Smom a Kampala, in Uganda. Di seguito il testo.
Io Maurizio, Paolo, Alberto e Christian non li conoscevo ma ero comunque scettico. Il motivo del dubbio stava nell’obiettivo che i quattro si erano proposti; allestire un laboratorio odontotecnico di 17 posti con tutti gli annessi a Kampala in Uganda. Se si hanno solo dieci giorni e tantissime cose da fare/organizzare il tempo è tiranno così quando Venerdì, veramente di buon mattino, ho ricevuto il primo sms da Christian che scriveva “Arrivati bene e con tutte le valigie! Ci vediamo dopo”, ho tirato un bel sospiro. I quattro si presentano prima di pranzo e con gamba lesta percorrono il camminamento coperto che porta alla clinica dentistica trascinando un pesante trolley rigido a testa pieni di tutto il necessario per l’intervento. Convenevoli d’uopo e dopo una prima ricognizione si decide di fare del magazzino una piccola officina con dentro e sotto chiave tutti gli attrezzi “lo scrigno”. Pausa pranzo e nel pomeriggio un paio di ore fra disimballo dei banchi e altri lavori preparatori poi stabilisco di “cacciarli”. Erano cotti dal viaggio in più il traffico di Kampala già normalmente un casino nel fine settimana peggiora e un pezzo in macchina di trenta minuti può trasformarsi facilmente in una odissea di due ore o più. Prima di “cacciarli” però si decide che dato la mole di cose da fare Sabato e Domenica si lavora… ci si vede domani. Il laboratorio odontotecnico in questione e obiettivo dei nostri si trova al Mulago Hospital di Kampala su un versante dell’omonima collina che fronteggia quella di Makerere. E’ il più grande ospedale del paese – un policlinico di 1600 letti circa- nosocomio di riferimento nazionale e sede della scuola di medicina dell’Università Makerere -entrambi partner del progetto. Situato al primo piano della Dental Clinic è una solida struttura di circa 150 m2 ben progettata divisa in nove ambienti: ingresso/corridoio, stanza compressore, due bagni, ufficio, sala modellazione, magazzino, stanza per l’estetica e sala gessi/fusioni. La prima volta che ci sono entrato era in evidente stato di abbandono: sporca e disordinata… un classico già visto altre volte in Africa. Otto posti di lavoro ricavati da banchi sproporzionati fatti localmente, una sala gesso/fusione improponibile, cadaveri di apparecchiature sparsi un po’ ovunque, materiali letteralmente in decomposizione nel magazzino, alcune sedie, un solo bunsen e nessun manipolo -erano tre anni che non facevano una dentiera- ma il posto aveva il suo “fascino” ed evidenti potenzialità. La mattina di Sabato con l’aiuto degli studenti termina il disimballo dei cartoni e si smantellano due vecchi posti che avevo tenuto in evenienza. Gli imbianchini erano arrivati Lunedì e avevano finito il bianco su pareti/soffitti, rimaneva da pitturare la vernice a un metro e cinquanta da terra. Con il primo giorno di lavoro si è subito partiti con una decisione importante; sostituire gli impianti di distribuzione aria compressa e gas realizzati 20 anni prima e mai usati. Con Christian -team leader del gruppo e chirurgo maxillo facciale con passato di idraulico da parte paterna e tanta passione rimasta- che consigliava di non testare neanche le cose vecchie ma di fare tutto ex novo andavo sul sicuro. Dall’Italia si erano portati tutte le connessione per aria e gas, buoni centinaia di metri di tubo in poliuretano mancava solo il tubo in rame. Così, con Paolo e Maurizio occupati a montare i banchi e Alberto a smantellare i vecchi impianti, io e l’idraulico in pectore usciamo alla ricerca della copper pipe. Kampala come tutte le capitali africane è un posto strano dove miseria e ricchezza si mescolano senza soluzione di continuità. Si può trovare quasi di tutto e i limiti sono dati dalle giuste conoscenze, dalla disponibilità economica e da un po’ di pazienza ma proprio quest’ultima ci mancava. Se andavamo a Nakasero market –pura e pittoresca confusione africanarischiavamo di fare un buco nell’acqua e perdere un sacco di tempo cosa che non potevamo permetterci per cui ci siamo subito diretti verso i centri commerciali ma senza successo poi l’ultima spiaggia; “la gioielleria”. Buona parte del commercio in Uganda è controllato dalla comunità indiana e anche “la gioielleria” -una grande ferramenta dove si può uscire svenati- è sotto le loro sgrinfie ma a disposizione con prezzi esorbitanti e il 18% di tasse. Ero sicuro e anche se siamo arrivati poco dopo l’orario di chiusura, ci hanno subito aperto trovando quello che necessitavamo. Con la continuazione dei lavori Domenica il laboratorio era nel caos più totale, irriconoscibile. Tante persone si davano da fare; i nostri quattro, due imbianchini con l’impresario, il falegname con l’assistente, nel pomeriggio sono arrivati quelli delle zanzariere per le misure ed eravamo in attesa del fabbro. Alla sera i vecchi impianti e gli scarichi dell’acqua ridondanti sono stati rimossi con i nuovi banchi montati e su tutto e tutti un velo di polvere condito da buona musica. Lunedì impegni istituzionale con le controparti uniti al timore di rimanere imbottigliati nel traffico consigliano ai nostri una sveglia selvaggia; alle otto c’è incontro con il direttore dell’ospedale. Ha passato un anno di studio a Roma ed è innamorato dell’Italia -in particolare delle scarpe- ringrazia per il notevole contributo che la struttura si accinge a ricevere. Subito dopo meeting al dipartimento dentale con i vertici della scuola di odontoiatria. Gli ugandesi sono più che stupiti nel sapere che un chirurgo maxillo facialle, due dentisti e un avvocato fligth manager potessero viaggiare fra due continenti e dedicare a loro spese parte delle vacanze per fare un lavoro lontano dalle professioni abituali e costruire un solido ponte di amicizia per il futuro. La giornata di Lunedì nasceva già corta per gli incontri di cui sopra in più alle cinque dovevamo uscire per partecipare alla HASH, un club di bevitori con il problema della corsa che frequento assiduamente. Fortunatamente il ritrovo era vicino e l’occasione ghiotta per mettere alla prova i quattro non solo con seghe, buchi e cacciavite ma anche con fiato, gambe e generosi bicchieri di birra. Kampala, come Roma, originariamente si estendeva su sette colline –ora sono più di venti- ed è difficile trovare lunghi tratti pianeggianti…. prima delle birre fresche numerose salite erano in attesa! Martedì è stato in assoluto il giorno più pesante come lunghezza –dalle otto alle sette con breve pausa pranzo consumata in laboratorio- e per le tante cose da fare, spostare e organizzare senza contare la corsa con le birre della sera prima. Con gli studenti ci siamo occupati di far giungere dal magazzino dell’ospedale il mobile lavandino, la cappa aspirante, un pezzo del banco gesso, le sedie con alcuni materiali e le attrezzature, in particolare la fonditrice veramente pesante. I compiti erano divisi in questo modo; Christian e Alberto all’opera sugli impianti con Paolo e Maurizio a montare le cose. Per Alberto è stata più dura ancora perché spesso era “confinato” in qualche angolo del pavimento o del soffitto a stendere tubi mentre Christian in guanti chirurgici si occupava degli attacchi. Più si andava avanti e più il caos aumentava ma con l’arrivo del fabbro il trambusto ha raggiunto toni epici dati dalla fiamma della saldatrice e dalle scintille del disco da taglio sottolineati da un baccano infernale. Alla fine della giornata la fatica e i risultati si vedevano. Le cose più grosse da montare erano finite pronte da allacciare e mettere in posizione, gli impianti si stavano estendendo e in sala gessi/fusione si è fatto spazio per i nuovi mobili ma molto ancora rimaneva da fare. Mercoledì dopo aver organizzato gli studenti per far arrivare le cose rimanenti dal magazzino esco con Maurizio. Servono viti, cavo elettrico, spine, tubi di plastica, un raccordo per il lavandino e in più bisogna cercare degli armadietti –i preventivi fatti dal falegname e dal fabbro sono improponibili. Prima tappa “la gioielleria”. Maurizio su certe cose non è soddisfatto in particolare sui prezzi così con i due boda boda si parte alla volta di Nakasero market. Il posto per essere le dieci di mattino è già animato, entriamo e usciamo da tre/quattro negozi con le contrattazioni che prendono il tempo dovuto ma in una buona ora troviamo tutto e sulla via del ritorno recuperiamo pure gli armadietti a un prezzo possibile. Rientriamo e trovo Paolo incagliato, impegnato e incazzato nello smontaggio di un armadietto sotto un banco “è peggio di un ottavo incluso di quelli tosti’ mi fa sapere “ma prima o poi lo tiro fuori da li” continua. Tutto quello che è arrivato dall’Italia è stato portato in laboratorio; di primo acchito confrontando le cose con la lista pacchi sembra che non manchi niente… un altro respiro di sollievo. Tempo per riposare poco anche perché se ci si vuole rilassarsi si può sempre cambiare una spina italiana con un’inglese e Alberto è ormai diventato il maestro delle sostituzioni. Ora il laboratorio è pieno come un uovo con scatoloni un po’ da tutte le parti, latte di vernice, la sala gessi ingolfata dalle scansie che andranno in magazzino e dai telai di ferro dei tre banchi aggiuntivi. Si è iniziato a mettere mano alla stanza dell’estetica e a pitturare il magazzino, nella sala modellazione due vecchi banchi sono stati spostati per riadattarli e far passare nuovi tubi… un vero casino e anche se è stata data una buona spallata siamo ancora lontani dalla forma definitiva. Domani inizieranno gli allacci e le cose andranno una a una al loro posto… ma il tempo inizia a scarseggiare e non so se riusciremo a far tutto. Giovedì è stato il giorno della svolta e abbiamo capito che era possibile farcela! I sistemi di distribuzione sono stati completati, i compressori caricano e la sera prima di andarsene si metterà in pressione l’impianto del gas. Christian e Alberto si occupano degli allacci con Maurizio e Paolo al seguito nel posizionare l’equipaggiamento in contemporanea all’allestimento dei cassetti nella stanza dell’estetica…. lavoro tedioso perché accucciati in scomode posizioni sotto i banchi. Fortunatamente arriva il falegname con i pianali di legno del banco gesso e per gli altri telai di ferro. La sala gessi è sgomberata dal mobile lavandino posizionato al suo posto, dai tre telai in fero che con i pianali raggiungono la posizione definitiva insieme alla cappa e dalle scansie che possono essere piazzate sulle pareti del magazzino così gli scatoloni più grossi possono essere tolti letteralmente dai piedi. Lungo una parete della sala modellazione viene posizionato il pianale che farà da scrivania alle due postazioni di computer ma bisogna provvedere a far giungere la corrente con un’estensione a ciabatta. Ora le cose si stanno aggiustando meglio e con una pausa pranzo rilassate in una vicina pizzeria, si fa il punto della situazione. Tutto l’equipaggiamento spedito dall’Italia è ora all’interno della struttura. Le pareti sono state tinteggiate, ai pittori rimangono gli infissi delle finestre, alcune porte, ritocchi vari con la pulizia finale del pavimento. Lavori di falegnameria e di piccola carpenteria metallica terminati. Domani verranno quelli delle zanzariere ma è poca cosa. Impianti aria compressa e distribuzione gas completati. 10 banchi, 10 lampade con 15 sedie completati nel montaggio e negli allacci pronti per la disposizione finale. Cappa aspirante, mobile lavandino, banco gesso e altri tre banchi allestiti e in posizione. 2 vecchi posti ricondizionati e allacciati. Creati 4 nuovi posti nella stanza dell’estetica. Messe le scansie a muro nel magazzino. Ora con i lavori più grossi completati e si può passare a cose più piccole, più numerose ma meno impegnative. Alla vista di questi risultati Alberto e Maurizio possono partire l’indomani senza patema d’animo per un paio di meritati giorni di svago in un parco. Nel pomeriggio si mettono i bunsen e i micromotori sui banchi, in sala gesso sono fissati a muro i banchi per: sabbiatrici, pulitrice, presse, bagno galvanico e polimerizzatore. Maurizio e Paolo si occupano di allestire un banco aspirato mentre Christian e Alberto con gli allacci in sala gesso e inizia anche il piastrellista con altra polvere. Arriva sera e i risultati si vedono con la forma definitiva del laboratorio. Prima di uscire Christian mette in pressione l’impianto di distribuzione gas per il test finale di sicurezza. Il chirurgo, a ragione, è veramente un idraulico scrupoloso… nonostante minacci pioggia, bisogna tenere aperte le finestre. Venerdì s’inizia rilassati ma quatti quatti! C’è da controllare l’impianto di distribuzione gas nella sua interezza e connessioni per testarne la tenuta in esercizio. Il naso sopraffino dell’idraulico chirurgo –o viceversa- conferma che il sistema funziona senza perdite e tutti i bunsen vengono accesi contemporaneamente. C’è confusione ma è un problema minore con due studenti fissi a scopa e ramazza per pulire il possibile e a spostare le cose. Scopriamo che il piastrellista ha fatto un lavoro orripilante lungo la parete del banco gesso usando piastrelle simili ma di colore diverso… sarà il primo dei tre “artisti” necessari per completare “l’opera”. Si continua con le estensioni dell’impianto elettrico, Paolo termina il banco aspirato, io con gli studenti mi do da fare cercando di mettere le cose più grosse nel magazzino tenendo impegnati i pittori con i ritocchi e la pulizia del pavimento nelle stanze dov’è possibile. Per evitare il traffico si finisce presto. Sabato è di lavoro ma solo la mattina con numerose piccole cose da fare ancora. Come disse la mamma di Giuliano Ferrara subito dopo il parto… “il grosso è fatto!” Io sono veramente cotto e il pomeriggio me né sto’ in relax mentre Paolo e Christian vanno fuori Kampala. Un ospedale rurale a circa 60 km di distanza dalla capitale ha bisogno di un dentista per potenziare il servizio alla popolazione. I nostri vi si recano per incontrare la dirigenza con la valutazione operativa delle necessità e della struttura in vista di un futuro allestimento di una clinica dentistica. L’ultimo giorno è Domenica e ci si vede tardi ma si continua con i lavori di rifinitura. Dopo una pizza a domicilio nel pomeriggio Maurizio e Alberto fanno ritorno al laboratorio stanchi ma contenti della gita al parco. Rimane da posizionare l’ottavo incluso estratto da Paolo che, dopo varie peregrinazioni trova uso, viene messo con gli ultimi buchi nel muro da Alberto come armadio nel magazzino, nel contempo arrivano gli studenti tutti in ghingheri e con larghi sorrisi per le foto finali. Tutto il mio scetticismo si è sciolto in pochi giorni e il risultato è lì da ammirare. Ringrazio per la responsabilità data… ce ne vorrebbero di persone attive, volenterose e competenti come Maurizio, Paolo, Alberto e Christian. PS Di seguito alcune foto… com’era com’è.
Giacomo Babaglioni
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