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26 Giugno 2008

Il turismo dentale esporta capitali e importa debiti e patologie


Il Turismo odontoiatrico in Italia è stato il tema di un convegno che si è tenuto a Vicenza. L’Aio, Associazione Italiana Odontoiatri del Veneto, che ha organizzato l’evento aveva invitato a trattare questo argomento il dott. Gerhard Seeberger vicepresidente della European Regional Organization (ERO) della Federazione Odontoiatrica Internazionale, organismo che fa capo all’OMS in area odontoiatrica, affinché dal suo osservatorio europeo desse una lettura più specifica e precisa del fenomeno in atto.
Questi, in sintesi, gli elementi più significativi.
1. Non esiste censimento ufficiale ma si stima che il numero di cittadini italiani che ogni anno acquista cure odontoiatriche nei paesi dell’est Europa (Ungheria, Romania, Polonia ecc…) siano circa 25 – 30 mila spesso trasportati materialmente con autobus da organizzazioni terze, agenzie di viaggio, associazioni di consumatori, sindacati ecc, prevalentemente dal nordest d’Italia ma anche da regioni più lontane da questo confine e perfino dalle isole.
2. La qualità delle cure prestate è mediocre, il rispetto dei tempi biologici impossibile, ma più preoccupante su tutti è il rischio per la sicurezza dei pazienti verso le infezioni crociate dal momento che non esistono in molti di questi paesi normative che obbligano gli studi all’uso di una autoclave per sterilizzare lo strumentario chirurgico ed essendo lo standard economico di vita molto più basso rispetto all’Italia pochi si possono permettere di sostenere i costi di acquisto e di esercizio di un’autoclave. A questo proposito va specificato che la sicurezza che il dentista italiano garantisce ai suoi pazienti gli costa circa il 20% del suo incasso!
3. Considerato che l’importo medio pagato da ogni paziente è di circa 5.000 euro si può calcolare che sia di almeno 100 milioni di euro l’esportazione di moneta che dall’Italia viene trasferita ogni anno in questi paesi dell’est.
4. i cittadini italiani a fronte di questa spesa pagata oltre confine chiedono e ottengono, al rientro in Italia, rimborsi vari da enti pubblici e privati generando a loro carico un disavanzo tutto passivo.
5. Non solo ma a causa della qualità di cure spesso mediocre e poco sicura nel controllo delle infezioni crociate, questi pazienti, al ritorno in Italia, possono subire, a distanza variabile di tempo, complicazioni più o meno serie per le quali si rivolgono alle nostre strutture pubbliche, con un aggravio di costi a carico del SSN. Nei casi più gravi questi pazienti curati nei paesi dell’est quando abbiano contratto infezioni pericolose come epatiti, AIDS o altre virosi (come pubblicato dalla stampa) oltre ad esportare capitali all’estero ed importare infezioni anche gravi nel nostro Paese, mettono in pericolo la salute di tutti i cittadini.
Il messaggio che Seeberger e l’Aio rivolgono alle Autorità sanitarie italiane è di non sottovalutare la portata di questo fenomeno. Una delegazione dell’AIO del Veneto, guidata dal Presidente Domenico Del Monaco, ha chiesto un incontro all’Assessore regionale alla sanità Sandro Sandri per un esame del problema, a livello veneto. 

Redazione

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