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24 Giugno 2014

La tecnica che permette al dente cariato di auto curarsi. Arriva dall'Inghilterra ma l'efficacia è ancora da dimostrare


Un team di scienziati britannici del King's College di Londra annunciano di aver sviluppato un nuovo metodo di cure che promuove la rimineralizzazione e la ricostruzione dello smalto del dente, "che così guarisce senza la necessità di trapani, aghi o otturazioni" raccontano alcuni giornali generalisti che hanno dato risalto alla notizia.

La nuova tecnica prevede l'accelerazione del processo naturale con cui calcio e fosfato ritornano nel dente e riparano l'eventuale guasto.
Tutto si basa su di un dispositivo che prepara la parte danneggiata dello strato esterno di smalto del dente e comprime i minerali dello stesso, in modo che "riparino" la parte danneggiata.

Questo dispositivo promette di promuove e accelera il naturale processo di riparazione del dente.

"Il modo in cui curiamo i denti oggi non è l'ideale - spiega al quotidiano La Stampa il professor Nigel Pitts dell'Istituto Dentale presso il King College di Londra - quando ripariamo un dente mettendo con un'otturazione, quel dente entra in un ciclo di foratura e ri-riempimento che, in ultima analisi, è come se ogni "riparazione" fallisse".
"E non solo il nostro dispositivo è delicato con il paziente e il meglio per i suoi denti, ma ci si aspetta che sia almeno altrettanto conveniente come gli attuali trattamenti dentali. Insieme al combattere la carie, il dispositivo può essere utilizzato anche per sbiancare i denti".

"La notizia della ricerca -ci dice il prof. Massimo Gagliani (nella foto), direttore scientifico di Odontoaitria33- suggestiona oltre ogni lecito il sogno dei pazienti; non è un caso che nella descrizione del sistema, fatta da Nigel Pitts, un'eminenza nel campo della cariologia, si parli di rimineralizzazione. Infatti la tecnica, come si evince dai contributi di letteratura, peraltro molto scarsi, ha prodotto risultati iniziali incoraggianti, ma pur sempre embrionali".

"Il termine rimineralizzazione -continua il prof. Gagliani- non è nuovo al mondo odontoiatrico, è nota la possibilità di molte sostanze, il Fluoro su tutte, di interagire con lo smalto residuo per rafforzarne la composizione e renderlo meno aggredibile da parte delle sostanze acide prodotte dalla placca batterica. Questo si può attuare sia in via preventiva, sia attraverso applicazioni topiche in lesioni iniziali. E' facile quindi comprendere, e lo si legge in un articolo similare pubblicato lo scorso anno sul British Dental Journal, che proprio di ricostituzione della superficie smaltea stiamo parlando; lo studio infatti si occupa di elementi dentali con lesioni denominate "white spot" ovvero lesioni iniziali, prodromi alla cavitazione vera e propria che è, grossolanamente, meglio nota come carie; nella "white spot" la dentina ha un coinvolgimento insignificante e la quota residua di smalto si presta molto bene ai trattamenti riferiti dall'articolo".

"In parole più povere -conclude il prof. Gagliani- un conto è applicare un cerotto su una piccola escoriazione della pelle e altra cosa è pretendere di riparare con il medesimo cerotto una ferita da taglio profonda qualche centimetro".

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