In qualità di dentista ha partecipato attivamente alla vita professionale ricoprendo importanti cariche associative, quali quelle di tesoriere nazionale e di segretario generale dell’Andi, e ordinistiche: è stato membro, per quasi due decenni, dell’Ordine di Agrigento. Come parlamentare è alla sua terza legislatura; eletto nella circoscrizione Sicilia 1 nel Pdl, è attualmente vicepresidente della V Commissione (bilancio, tesoro e programmazione), membro della XIII Commissione (agricoltura) e della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali.
In questa legislatura l’On. Marinello è l’unico parlamentare ad aver presentato, finora, una proposta di legge che punta a punire abusivi e prestanome. Nella XIV Legislatura (2001-2006) erano state cinque le proposte presentate.
Onorevole Marinello, lei sembra uno dei pochi a tentare ancora di combattere l’abusivismo mediante l’inasprimento delle pene.
Quando entrai in Parlamento, nella XIV Legislatura, tra le prime azioni che intrapresi vi fu quella di presentare una proposta di legge per inasprire le pene per il reato di esercizio abusivo delle professioni. Mi sembrava un atto dovuto verso la professione che esercito ma soprattutto verso i cittadini. L’esercizio abusivo di una professione, ancor peggio di una professione sanitaria, è un reato subdolo e meschino che sfrutta la buona fede delle persone.
Quando l’abusivismo è ripreso da trasmissioni televisive come Le Iene o Striscia la Notizia può anche fare sorridere; in realtà gli abusivi creano seri danni alla salute dei pazienti, li truffano danneggiandoli anche economicamente.
Che cosa prevede la sua proposta di legge?
Va chiarito che non è una proposta di legge mirata alla tutela della professione odontoiatrica, ma all’esercizio delle professioni in genere e delle arti sanitarie.
L’articolato punta principalmente all’inasprimento delle pene in modo da creare un serio deterrente verso questo fenomeno.
Modificando l’art. 348 del Codice penale, chiunque eserciti abusivamente una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni e con una multa da 10.329 a 51.646 euro. Se poi l’esercizio abusivo di una professione sanitaria provoca lesioni personali, la reclusione aumenta fino a dodici anni; se si provoca il decesso del paziente fino a diciotto. Il prestanome è punito con la reclusione fino a due anni, con la multa da 10.329 euro a 51.646 euro e con l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione. La condanna comporta, inoltre, la confisca delle attrezzature.
L’art. 2 si occupa anche dell’esercizio abusivo di un’arte sanitaria, per esempio l’attività dell’ottico o dell’odontotecnico. In questo caso chi esercita queste professioni senza i titoli è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.582 euro a 5.164 euro.
Ha depositato la sua proposta l’8 maggio del 2008 e non è ancora stata calendarizzata all’interno della Commissione giustizia.
L’iter è molto lungo. In questo primo anno di Legislatura il Parlamento e le Commissioni sono state chiamate a lavorare su proposte di natura generale (economiche, la riforma della giustizia ecc.) ritenute strategicamente inderogabili. Ora ricominceremo a sollecitare la Commissione giustizia al fine di far calendarizzare l’inizio della discussione della mia proposta di legge.
Poi, indubbiamente ci sono delle resistenze da parte di alcuni colleghi dovute a un ragionamento di natura, diciamo, procedurale. Ovvero, la definizione di sanzioni relative alle questioni prese in esame avviene sulla base della “comparazione equitativa”: la pena deve essere adeguatamente proporzionata all’entità e alla qualità del reato, al di là della specificità del reato stesso.
Non pensa che l’abusivismo si possa combattere anche dall’interno: per esempio inasprendo le sanzioni verso gli iscritti all’Albo che lo favoriscono?
Lei ha perfettamente ragione. Ma la mia esperienza come componente di vari organismi ordinistici suggerisce che non è sempre possibile…
L’Ordine non è la Magistratura, i presidenti sono chiamati a intervenire verso un iscritto aprendo un procedimento disciplinare solo su segnalazione. Lo svolgimento del procedimento è poi lasciato alla discrezionalità dei membri della commissione all’interno dell’Ordine provinciale e questo spiega le diverse valutazioni date per una medesima violazione. Ciò non vada interpretato come una forma di negligenza o di connivenza dei colleghi giudicanti nei confronti dei colleghi giudicati.
Ferma restando la fondamentale azione che Ordine e sindacati devono intraprendere per prevenire e combattere questo fenomeno, solo una legge più repressiva potrà sconfiggerlo. Una legge che stabilisca regole e pene certe e che trasmetta anche un segnale forte non solo a chi ha intenzione di delinquere, ma anche alle forze di polizia che effettuano i controlli, oggi mortificati dal constatare che le loro lunghe indagini si concludono con pene irrisorie.
Quale è il suo rapporto con i rappresentanti della professione?
Ottimo. Sento spesso i colleghi dell’Ordine e i colleghi dell’Andi; associazione, quest’ultima, che per me rappresenta un legame molto forte con la professione. Quando nascono delle necessità io mi rivolgo a loro e, quando lo ritengono opportuno, loro si rivolgono a me.
Come considerano i suoi colleghi parlamentari la professione di odontoiatra?
Il Parlamento italiano è l’esatto spaccato della società civile italiana. Al suo interno sono presenti sia persone perfettamente informate sui fatti sia altre più distratte. Se il Parlamento deve rappresentare la società italiana è probabilmente giusto che sia così.
Questo vuole dire che, tra loro, taluni stimano i dentisti e sono a conoscenza delle problematiche che interessano sia la professione medica sia quella odontoiatrica, altri, invece, ritengono privilegiate le professioni sanitarie; c’è anche chi fa ancora confusione tra la figura del dentista e quella dell’odontotecnico.
L'intervista completa è pubblicata sul Giornale dell'Odontoiatra 2009;12(1;4-5)
GdO 2009; 12
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