Nella sala anatomica però avvengono anche le identificazioni, e i corsisti hanno potuto assistervi in prima persona. Nei giorni precedenti alla lezione erano stati consegnati i resti ossei di una donna insieme a una radiografia odontoiatrica eseguita in vita, sperando che gli esperti del Labanof potessero trovare una corrispondenza certa. E infatti così è stato: una volta identificato l’elemento dentario più caratteristico tra quelli rinvenuti insieme ai resti, è stata eseguita una radiografia di quel solo elemento che è stata confrontata con quella ante mortem, e la loro sovrapposizione ha dato esito positivo ri-attribuendo un nome alla persona e quel che resta di un corpo ai parenti. Quando invece non si trovano elementi utili all’identificazione, uno dei metodi che possono essere utilizzati per aiutare le indagini è la ricostruzione dell’aspetto del viso a partire dal cranio. Davide Porta, uno dei maggiori esperti in Italia in questo ambito, ha spiegato come si realizza una ricostruzione tridimensionale, posizionando muscolo per muscolo sopra a una copia del cranio, utilizzando misurazioni e proporzioni supportate dalla letteratura scientifica, e arrivando a ottenere una certa forma del naso, della bocca, delle guance, della fronte e degli occhi. “Contrariamente a quanto ci spingono a credere le serie televisive famose, questo tipo di ricostruzione non è una prova che porta all’identificazione perché vi sono troppi elementi di incertezza riguardo per esempio a quale poteva essere la reale lunghezza del naso o a come si presentavano le palpebre; la ricostruzione è piuttosto un’immagine che si spera sia abbastanza somigliante da far nascere un sospetto nei conoscenti e portare a un’ipotesi identificativa che dovrà poi essere confermata da elementi più certi” ha detto Davide Porta; “io ritengo comunque che il futuro della ricostruzione facciale dovrà focalizzarsi meno sulle misurazioni e più sulla psicologia del riconoscimento, concentrandosi cioè sulla ricostruzione degli elementi del viso che le persone istintivamente riconoscono e ricordano più facilmente.” Se dalle ossa del cranio si possono ipotizzare l’aspetto del viso o il sesso della persona, dai denti invece, che non possiedono segni che distinguano l’uomo dalla donna, è possibile ricavare altri elementi utili per l’identificazione. Nel seguito di questa descrizione sul prossimo numero del GdO potrete scoprire come i denti forniscano, talvolta grazie alla semplice analisi visiva e talvolta grazie a complesse formule matematiche di cui si può imparare l’utilizzo, indicazioni importanti riguardo alla razza, all’età e all’identità della persona.
Un mosaico da ricostruire
Le ossa sono ancora sui tavoli con le loro storie, una donna mai identificata ritrovata un parco di Bologna e un uomo rinvenuto incatenato in una cantina, e la lezione prosegue per insegnare agli odontoiatri che seguono il corso che cosa si osserva per trovare elementi utili a determinare la razza e l’età della persona a cui i resti sono appartenuti.
La razza, termine che in ambito antropologico non ha alcuna valenza discriminatoria ma indica semplicemente le caratteristiche etniche del corpo umano, è uno degli elementi che può trovare indizi utili nella conformazione dei denti. “Il diastema è più comune nelle persone di razza negroide mentre i cosiddetti “denti a pala” ossia con il perimetro più rilevato rispetto alla parte centrale sul versante palatale, sono una caratteristica più comune nelle persone di razza mongolide” ha spiegato Danilo De Angelis, odontologo forense e insegnante del corso. L’esempio delle caratteristiche etniche rende bene l’idea di come proceda il lavoro per un consulente in odontoiatria legale od odontologia forense, tra ipotesi da verificare attraverso altri elementi concordanti e valutazioni da avvalorare con un continuo riferimento alla letteratura scientifica esistente. Le statistiche in letteratura riportano per esempio che i “denti a pala” sono riscontrabili nel 91% della popolazione cinese, giapponese e tibetana, nel 90% dei finlandesi, nel 95% dei nativi americani e nel 50% dei lapponi; ciò significa che compito dell’odontologo è rilevare questo elemento sebbene non sia decisivo per la determinazione della razza e considerarlo una delle diverse tessere del mosaico che, insieme a ogni tipo di informazione disponibile riguardante per esempio la struttura dei capelli o la descrizione delle persone scomparse, andrà a comporre un quadro di indizi che ha lo scopo di portare a un’identificazione certa.
GdO 2010;12
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