Approfondiamo le tematiche sviluppate nel secondo Corso FAD proposto da Dental Cadmos per il 2021 con il Responsabile Scientifico, professor Carlo Prati.
Qual è la valenza scientifica oggi, professor Prati, della formazione continua?
Come prima considerazione mi preme ringraziare il professor Lodi, Editor di Dental Cadmos, rivista pietra miliare nell’aggiornamento dell’odontoiatra, in quanto da “sempre” presente negli ambulatori e contenitore di articoli clinici, scientifici e di aggiornamento. Per molti motivi, dalla qualità dei lavori alla veste editoriale solo per citarne due, non si può non leggere e apprezzare gli articoli che mensilmente compaiono nella rivista. Spesso poi l’articolo lascia un eco prolungato nel tempo e permette di aggiornarci per il solo e semplice fatto di averlo letto e messo da qualche parte della nostra memoria professionale.
Trovo che esistano alcune riviste storiche fondamentali nella professione medica e medica-odontoiatrica. Penso a Lancet, al British Medical Journal, ma anche al British Dental Journal e al Journal of American Dental Association: sono riviste che trattano e affrontano i temi principali della nostra professione. Continuano, anche nell’epoca del webinar e dei filmati su You Tube, a fornire momenti di studio e di riflessione. Ricordo ai più giovani che non si impara nulla solo e semplicemente guardando (magari nel telefonino) un filmato.
Occorre invece studiare, rifletterci sopra, farlo proprio e capirlo, magari confrontandolo alla nostra manualità e alle nostre conoscenze che negli anni abbiamo potuto sviluppare. È sempre attuale la frase che ricorda che fra il dire (e guardare) e il fare in prima persona esiste una lunga fase di apprendimento che si basa sulla conoscenza. E la conoscenza si fonda sullo studio.
L’endodonzia è una disciplina che necessita di una lunga curva di apprendimento.
Effettivamente sì, in quanto è una branca dell’odontoiatria ove occorre saper fare diagnosi, poi fare diagnosi differenziale con altre patologie (per esempio, con la disodontiasi del terzo molare) e poi occorre sapere impostare la terapia vera e propria, largamente basata su procedimenti chirurgici (aperture della camera pulpare, reperimento dei canali, strumentazione e otturazione dei canali) al limite della microscopia (spesso anzi occorre saper utilizzare sistemi di ingrandimento, fino al microscopio operatorio vero e proprio) e con conoscenze dell’anatomia.
Occorre poi ricordare che il dolore è il sintomo principale delle patologie endodontiche, spesso molto forte e non controllabile farmacologicamente. Il tutto indotto da processi infiammatori su base quasi sempre batterica, ove occorre sapere se e quando è necessaria l’antibioticoterapia. Occorre poi saper fare l’anestesia e, solo per iniziare, saper mettere la diga e fare radiografie endorali con la diga e il centratore endodontico. Quanti operatori lo hanno in ambulatorio e lo usano senza fatica?
Occorre saper utilizzare i nuovi strumenti rotanti (o reciprocanti), il misuratore elettronico di apice, gli irriganti, i materiali con le specifiche tecniche di otturazione ecc. Inoltre, fare endodonzia comporta la conoscenza della conservativa e delle basi della parodontologia. Occorre sviluppare una buona manualità per muovere frese e turbine in ambiti molto ristretti come la camera pulpare. Occorre poi una buona esperienza in ambito diagnostico e una buona conoscenza dei piani di trattamento onde stabilire come procedere nella fase di terapia e di riabilitazione.
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doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.05.2021.10
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