Fondata nel 1303, questi i numeri dell’Università La Sapienza di Roma: 11 facoltà, 58 dipartimenti, 287 corsi di laurea, di cui 55 in lingua inglese, 85 corsi di dottorato e di ricerca, 84 scuole di specializzazione, 18 musei, 2 aziende ospedaliere universitarie, 115mila studenti, quasi 6000 docenti.
Dal dicembre 2020, alla sua guida è Antonella Polimeni, già preside della Facoltà di medicina e odontoiatria, che ha conquistato al primo turno il 60,7% dei voti dei colleghi docenti e dei rappresentanti degli studenti e del personale, votazione che per la prima volta si è svolta on-line a causa della pandemia da coronavirus.
Antonella Polimeni ha una grande conoscenza del funzionamento e della realtà de La Sapienza: da studentessa ha ricoperto il ruolo di rappresentante e poi è stata componente del nucleo di valutazione e consigliere di amministrazione.
Lo scorso febbraio, durante la cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico 2020-2021, la Magnifica Rettrice ha tenuto una prolusione incentrata su “disuguaglianze, mobilità sociale e istruzione: quale ruolo per l’Università?”.
Rettrice, in apertura del suo intervento cita una frase di Seneca: “Che sono infatti un cavaliere, un liberto o uno schiavo… sono solo etichette… si può salire in cielo anche alzandosi da un cantuccio…".
Il senso di questa citazione è chiaro: non esistono opportunità predefinite solo per alcuni, non esistono posizioni cristallizzate solo a vantaggio di qualche individuo; viceversa, chiunque lo voglia deve potersi innalzare, anche se inizialmente relegato in una nicchia della società, chiunque deve avere le possibilità per migliorarsi ed elevarsi e toccare il cielo ed è anche compito dell’Università far sì che questo accada.
È necessario pertanto garantire il rispetto dei diritti di tutti e contrastare con fermezza tutte le forme di discriminazione ed esclusione.
Di fronte alla crescita di disuguaglianze a cui stiamo assistendo è infatti necessario combattere il rifiuto delle diversità, non esiste distinzione tra italiano e straniero, tra ricco e povero, tra abile e disabile, tra uomo e donna.
L’ideale democratico a cui si ispirano le nostre istituzioni è che le persone si percepiscano come titolari di una comune umanità e portatori di uguali diritti; la Costituzione afferma la pari dignità sociale di tutti i cittadini e impegna i pubblici poteri a rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo della persona.
Tema che lei pone al centro del suo sessennio, con un’attenzione particolare al diritto allo studio.
La preoccupazione dei dirigenti scolastici è di non poter realizzare efficaci progetti per contrastare la povertà educativa… In Italia, genere, condizione socio-economica e cattive condizioni di salute generano l’impossibilità di concludere un ciclo di formazione universitaria.
Spetta quindi a chi ha l’opportunità e l’onore di lavorare nell’istruzione superiore – in un paese in cui i laureati triennali sono ¼ della media europea – l’impegno nel promuovere e sostenere l’accesso all’istruzione di base e superiore che deve essere coniugato in ottica universale come strumento contro le disuguaglianze. Forse l’Università non è un motore di mobilità sufficientemente potente per contrastare le disuguaglianze, ma è di sicuro il migliore di cui ad oggi si dispone. I dati ce lo dicono… l’Università agisce sui redditi: a parità di genere ed età, il differenziale retributivo medio annuo tra un laureato e un diplomato è pari al 31%. Quasi 13 milioni di persone, il 39% degli adulti tra i 25 e i 64 anni, possiedono la terza media e un adulto su due ha bisogno di una riqualificazione.
Un nostro professore emerito, Tullio De Mauro, sui livelli di alfabetizzazione in Italia lanciò un preciso allarme sociale: “solo il 20% degli adulti della popolazione italiana è in grado di orientarsi nella società contemporanea”.
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doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.06.2021.02
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