I traumi dentali hanno un’incidenza media del 20% sulla popolazione tra i 6 e i 15 anni, quindi non sono affrontati quotidianamente dagli odontoiatri; tuttavia è richiesta una preparazione specifica vista la tempestività del trattamento e la difficoltà nello stilare una prognosi a lungo termine. Questo, a maggior ragione, su denti permanenti che rappresentano il 58,6% degli elementi traumatizzati e dove possono verificarsi complicanze quali la necrosi pulpare e la parodontite periapicale dal 3% al 53% dei casi.
Se le complicanze appaiono prima della completa formazione dell’apice radicolare, il trattamento endodontico pone difficoltà anatomiche specifiche per il clinico.
Infatti, a causa delle pareti dentinali sottili, fragili e dell’anatomia apicale inversa le adeguate preparazioni e le otturazioni della porzione apicale di questi elementi sono difficili da ottenere con tecniche tradizionali. Va inoltre considerata la scarsità di alternative terapeutiche in quanto l’età dei pazienti è una controindicazione assoluta alla sostituzione implantare e protesica.
Classicamente questa condizione viene risolta per mezzo di applicazioni a lungo termine di idrossido di calcio che stimolano la formazione di una barriera apicale su cui adattare l’otturazione endodontica con guttapercha e cemento.
L’apecificazione è una procedura che offre alte possibilità di successo; tuttavia si accompagna ad aspetti negativi quali le numerose sedute e l’aumentata incidenza di frattura cervicale dovuta alla prolungata applicazione di idrossido di calcio e alle sottili pareti radicolari.
La più recente tecnica della barriera artificiale attraverso l’otturazione del canale radicolare con MTA ha superato alcuni svantaggi riducendo il numero di sedute e il tempo di applicazione dell’idrossido di calcio mantenendo il successo terapeutico; d’altro canto non ha modificato la prognosi di questi elementi legata alla possibilità di frattura del terzo cervicale della radice.
Nel 2004 Banchs e Trope danno inizio a un nuovo capitolo nella gestione dei denti necrotici ad apice immaturo pubblicando un case report in cui descrivono la procedura che definiscono “rivascolarizzazione”.
La procedura descritta prevede 2 sedute a distanza di 3-4 settimane: nella prima viene effettuata la detersione del canale radicolare con ipoclorito di sodio al 5,25% e l’applicazione, dopo l’asciugatura, di una pasta tri-antibiotica; la seconda seduta, invece, dopo la rimozione della pasta antibiotica prevede la stimolazione del sanguinamento dai tessuti periapicali in modo da riempire il canale con un coagulo stabile fino a circa 3 mm dalla giunzione amelo-cementizia. Sul coagulo viene adattata una barriera di biomateriale (MTA) e l’accesso sigillato in una terza seduta con un restauro adesivo.
L’importante innovazione legata a questa procedura è stata l’osservazione di un aumento delle dimensioni radicolari durante le fasi di guarigione.
Dalla pubblicazione di questo lavoro molti ricercatori e clinici si sono dedicati all’approfondimento dei meccanismi e delle tecniche terapeutiche. In modo particolare, l’autore si è concentrato su procedure che permettessero di eliminare le forti discromie derivate dall’applicazione della pasta tri-antibiotica e sulla comprensione di quali tessuti permettessero l’aumento di spessore e di lunghezza radicolare.
Diversi protocolli terapeutici si sono susseguiti, includendo l’utilizzo di mix antibiotici differenti o l’idrossido di calcio come medicazione intermedia e l’utilizzo di matrici in collagene al fine di stabilizzare il coagulo durante la seconda seduta.
Dal punto di vista istologico, il tessuto all’interno del canale radicolare è un tessuto di riparazione formato da connettivo lasso, tessuto simil parodontale e simil osseo; inoltre, le sezioni istologiche mostrano come l’aumentata lunghezza radicolare sia dovuta ad apposizione di cemento radicolare.
Lo scopo di questo caso clinico è valutare clinicamente nel lungo termine l’evoluzione di tale trattamento.
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doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.06.2021.11
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