E’ stata la settimana della roulette dei test di ammissione, roulette si fa per dire perché alla fine entra chi è preparato. Poi si può discutere se chi entra è preparato per superare i test o per fare il medico o il dentista, ma questo è un altro discorso.
E come ogni anno con il test sono arrivate le polemiche sul numero chiuso e le promesse nuovo Governo che, come i vecchi che lo hanno perduto, assicura che aumenteranno i posti e verrà rivisto il sistema per accedere.
Ma non voglio soffermarmi su questo, ma su quale professione andranno a esercitare tra 6 anni i circa 950 dentisti che saranno riusciti ad iscriversi in questo anno accademico. Sulla pagina Facebook di Odontoiatria33, ma non solo lì, molti di voi dentisti sconsigliavano ai giovani di intraprendere la professione. Le motivazioni: non è più la professione che avevo scelto, non vale più la pena, non è più redditizia e via lamentandosi.
Ovviamente l’obbiettivo per cui il futuro dentista si iscrive è sempre lo stesso: curare i denti delle persone e credo che oggi l’evoluzione della clinica abbia reso questo aspetto incredibilmente affascinante ed intrigante aggiungendo alla intellettualità e manualità gli aspetti bio tecnologici.
A cambiare è stato il contesto: più concorrenza, più burocrazia, più fisco, più costi. Ovvero come per la maggior parte delle altre attività, libere professioni incluse.
Come dare torto al dentista medio italiano, quello che ha iniziato la professione negli anni ’80, quando dopo la laurea (in medicina) con pochi anni di corsi e tirocini apriva uno, due, tre studi, aveva la sala d’attesa piena, poche norme, pochi controlli.
Al Workshop di Cernobbio tra i dati presentati dal Servizio Studi ANDI c’era anche quello sul gradimento della professione. Agli iscritti ANDI è stata posta questa domanda: Se potessi oggi scegliere di nuovo quale professione fare, rifaresti il dentista? A rispondere sicuramente no il 5,2% degli under 35 mentre gli over 55 a dare la stessa risposta sono stati il 23,3%; alla affermazione probabilmente no ha risposto il 19,9% degli under 35 ed il 50,7% degli over 55.
Non si sa però quale altro lavoro, i “critici” della propria professione, consiglierebbero di intraprendere ai giovani di oggi. Magari fashion blogger, come la professione di Chiara, la figlia del dentista Ferragni.
Credo che non esista nessuna professione meglio di un’altra, oggi è difficile fare tutto (altra bella frase fatta). Ma il ragazzo del 1999 che quest’anno ha affrontato il test con l’aspirazione di diventare dentista non conosce quel periodo “d’oro”, moti di questi ragazzi hanno scelto Odontoiatria perché gli sembra la professione giusta. Certo magari alcuni di loro pensano ancora al dentista con il macchinone ma molto più realisticamente molti di loro conoscono qualche dentista di una decina d’anni più vecchio e vedono che lavora, certo non nel suo studio ma comunque riesce a fare quello per cui ha studiato, vede che si sente realizzato, che guadagna, che riesce a vivere da solo, a comprarsi l’auto, fa belle vacanze... a differenza di altri che dopo la laurea in legge sono a fare fotocopie da anni o in coda perenne per portare fogli in tribunale, stesso discorso per gli architetti o altri che dopo la laurea si sono dovuti riciclare in lavori che nulla hanno a che fare con gli studi svolti.
Certo i futuri dentisti nati nel 1999 magari non avranno mai un loro studio, ma è un male questo?
Può essere veramente questo il motivo per cui non vale più la pena fare il dentista?
Osservando la vostra professione da giornalista ho sempre pensato che per i giovani, l’obbligo di dover aprire uno studio era il vero limite della vostra professione.
Ed infatti da una decina d’anni, al contrario di quanto accadeva negli anni ’80, le donne laureate in odontoiatria sono quasi quante i dentisti maschietti. Oggi essere dentisti ed imprenditore non è più l’unica opzione, un obbligo, una donna può fare la dentista ed anche la mamma, anche se ancora con molta fatica.
Ho sempre pensato che il vero merito di aver attivato uno specifico corso di laurea in odontoiatria sia stato quello di sfornare odontoiatri appassionati di clinica, preparati sulla clinica a cui interessa solo curare le persone.
Probabilmente quel 50% di dentisti over 55 che se potesse scegliere oggi non rifarebbe più il dentista, si è dimenticato cosa vuole dire fare il dentista, perché oltre a curare i denti negli anni ha dovuto anche imparare a fare il datore di lavoro, l’imprenditore, il magazziniere, studiare le norme, seguire le pratiche burocratiche, diventare un uomo di marketing etc. In più tutto questo lavoro “extra clinico” oggi non viene più remunerato come sperato.
Fra 6-7 anni quando questi ragazzi si laureeranno avranno la possibilità di fare i collaboratori, o finalmente anche i dipendenti, così come fanno i loro colleghi medici, farmacisti, veterinari. Avere ferie retribuite, essere pagati anche quando si sta male. Oppure dopo un po’ di anni di gavetta, se lo vorranno, aprirsi un proprio studio, magari rilevando quello in cui da anni collaborano. Avranno delle possibilità di lavoro in più non in meno. O
ggi la collaborazione è sinonimo di sfruttamento, di nessuna tutela, sia nello studio di un libero professionista che di una Catena. E’ su questo fronte che chi governa oggi la professione, Sindacati ed Ordine, dovrà lavorare per rendere la professione “buona” anche per i collaboratori. Se non succederà allora sarà vero: l’odontoiatria diventerà una professione per sfruttati e demotivati.
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