Da sempre consideriamo le norme come burocrazia, ovvero la certezza che per essere in regola basta compilare e tenere a diposizione del “controllore” tutta una serie di documenti. Credo che l’esempio odontoiatrico più limpido sia il DVR. La quasi totalità degli studi lo ha in qualche cassetto, ma quanti sanno realmente cosa contiene e lo rispettano alla lettera?
Ancora oggi, quando pubblichiamo un articolo che informa di una nuova incombenza normativa, alcuni lettori ci scrivono per chiedere: ma quali documenti devo produrre?
L’interesse è verso i fogli da compilare e firmare, non di capire lo spirito della normativa.
Certamente alcune normative implicano, di fatto, un intervento strutturale oppure una serie di documenti da compilare e conservare, molte altre invece necessiterebbero, prima di tutto di essere comprese per poterle adattare alla propria realtà lavorativa.
Normative che prima di pensare al “copia incolla burocratico”, dovrebbero essere studiate ed analizzate sono quelle che arrivano dal Parlamento europeo e che l’Italia, sovente, si limita a tradurre ed applicare.
E’ così per il regolamento sulla privacy, quello sulla radioprotezione ed anche il nuovo regolamento sui dispositivi medici, forse quello che più di altri è considerato dal settore dentale una marea di carte inutili da produrre e conservare. Ma di questo aspetto ne ho già parlato.
In realtà la normativa sui dispositivi medici ha un unico fine: cercare di assicurare al paziente che in dispositivo fabbricato e da lui utilizzato o applicato non comporta rischi per la sua salute. E per garantire questo la normativa individua per una serie di soggetti (fabbricanti, mandatari, chi immette in commercio, importatori e distributori), delle regole. La principale di queste regole è peraltro banale nel suo principio: devi adottare un processo di fabbricazione che garantisca che il dispositivo sia sicuro, devi spiegarmelo e certificarlo.
Chiarito questo ci sono poi tutta una serie di carte da produrre, che non sono certo poche, ma è il fine che deve guidare l’applicazione della normativa.
Il nuovo Regolamento non ha fatto altro che recepire lo spirito della “vecchia” 93/42 CEE adattandolo ai nostri giorni, alle tecnologie ed i materiali che nel frattempo si sono affacciati sul mercato ma anche di comprendere quelli che oggi ancora non ci sono, ma che arriveranno presto.
Il nuovo Regolamento UE 2017/745 (MDR), per citare quello che interessa realmente il settore odontoiatrico, è di fatto ancora un cantiere aperto. Si sono costruite le fondamenta, si è tirata su la struttura ed ora si sta cercando di completare il palazzo, nonostante la data di applicazione fosse il 2017. In Italia varie proroghe hanno posticipato la sua applicazione (prima 2021 e poi maggio 2022) ed ancora oggi si è in attesa di atti che guidino, o almeno spieghino, come interpretare. Atti previsti dallo stesso Regolamento che prevede una implementazione nel tempo. Il Parlamento italiano dovrebbe essere al lavoro su questo.
Nel frattempo, il Ministero della Salute continua a pubblicare Circolari esplicative o anche solo note informative che dovrebbero aiutare a “chiarire”. Ma dovendo essere, giustamente, generiche perché interessano vari settori, rimane il dubbio di come tradurle per i dispositivi specifici.
L’ultimo di questi chiarimenti è la nuova classificazione dei dispositivi medici su misura.
Con al 93/42CEE tutti quelli destinati ad un singolo paziente erano dei “su misura”. Ora vengono introdotte due nuove “categorie” per quei dispositivi che vengono fabbricati per un singolo paziente, ma possono essere fabbricati da un soggetto diverso da quello iscritto all’elenco dei fabbricanti dei su misura presso il Ministero della Salute: i dispostivi per un paziente specifico e i dispositivi medici adattabili.
Le caratteristiche le abbiamo descritte in questo approfondimento.
La dott.ssa Linda Sanin di UNIDI ci ha aiutato a provare ad abbinare qualche dispositivo odontoiatrico alle nuove caratteristiche:
Ma l’odontoiatra, per esempio, potrà ancora rilevare l’impronta digitale al paziente, effettuare l’analisi e la cura ortodontica (passatemi i termini certamente non corretti) attraverso i software di progettazione e poi inviare il file al laboratorio odontotecnico che realizzerà i vari modelli e poi stamperà le mascherine in acetato o le fabbricherà con una stampante 3D? Oppure dovrà inviare il file con la scansione della bocca del paziente ad una azienda che realizza gli allineatori e che volendo non consulta neppure l’odontoiatra per la progettazione (se intesa come spostare i denti credo possa essere un problema), visto che la nota ministeriale indica come facoltativa la “consultazione con un professionista sanitario autorizzato”?
Oppure saranno consentite entrambe le strade?
Ma stando alla lettura ministeriale delle caratteristiche del dispositivo per il paziente singolo potrebbero rientrare in questa classificazione non solo gli allineatori trasparenti ma anche corone e ponti realizzati con fresatori CAD CAM o con stampati 3D che a questo punto potrebbero essere realizzati non da fabbricanti registrati presso il ministero della salute. Queste una delle caratteristiche indicate dal ministero per il dispositivo per il paziente singolo: “è adattato all'anatomia di un paziente all'interno di un determinato range progettuale utilizzando tecniche quali il ridimensionamento del dispositivo sulla base di riferimenti anatomici o utilizzando le caratteristiche anatomiche complete dall'imaging del paziente”.
Direte voi: ma nella pratica a me dentista non interessa chi può fabbricare la protesi. Anzi, se poi c’è più concorrenza meglio ancora, i costi si abbassano.
Non credo sia proprio così, ovvero che al dentista non debba interessare a chi affida la fabbricazione del dispositivo protesico. Una delle novità portate dal nuovo Regolamento rispetto alla 93/42CEE è aver chiarito che l’odontoiatra oltre ad essere proscrittore è colui che immette sul mercato il dispositivo e quindi è responsabile di quanto inserisce nella bocca del paziente, come ci aveva spiegato l’avvocato Silvia Stefanelli, ma anche la dott.ssa Gabriella Ceretti, presidente SIOF.
Per questo non basta più raccogliere fogli e dichiarazioni senza neppure leggerle, ma si dovrà anche verificare se il proprio laboratorio è realmente un fabbricante, se la dichiarazione di conformità rilasciata dal service a cui si chiede di realizzare il dispositivo medico soddisfa i requisiti richiesti dalla normativa.
Dicevo prima che analizzando la normativa si deve considerare il fine della stessa è più di altre il Regolamento sui dispositivi medici sembra puntare non tanto sull’indicare con precisione chi può fabbricare cosa, ma sul fatto che chi fabbrica o modifica deve farlo con processi controllati e con responsabilità certe. Se il dentista modifica il moncone dell’impianto, diventa lui il responsabile e quindi deve poter dare al paziente, o in caso di contenzioso al giudice, tutte le informazioni necessarie sulle modifiche fatte e perché sono state fatte.
Ma anche considerando questa impostazione, in questa fase transitoria i chiarimenti sono necessari e non solo da parte del Ministero. Utile sarebbe che i rappresentanti di odontoiatri, odontotecnici ed industria del settore dentale indicassero una linea comune, una lettura specifica per il settore evitando non solo che la lettura la dia chi non è del settore (si legga funzionari ministeriali) ma i giudici in caso di contenzioso medico-paziente o gli organismi di controllo in caso di visite ispettive.
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