La foto di copertina me l’ha inviata il prof. Carlo Guastamacchia e ritrae un kit per l’igiene orale che aveva fatto veicolare con il Corriere dei Piccoli. Era il 1979. Per i pochi che non lo sapessero, il prof. Guastamacchia, insieme ad un gruppo di illuminati dentisti, in quegli anni costituì la Commissione prevenzione all’interno di AMDI che poi inventò il Mese della Prevenzione Dentale che tra le tante iniziative attivò il Progetto Scuola, con l’obiettivo di sensibilizzare studenti, genitori ed insegnati all’importanza della prevenzione dentale, ed insegnare come farla. Cito l’iniziativa AMDI ora ANDI perchè è stata la prima, ma in questi decenni molte altre sono state attivate, anche a livello locale, da tanti volonterosi odontoiatri ed igienisti dentali e molte di queste sono attualmente attive.
Guardando quella fotografia mi è tornato in mente un articolo pubblicato il 17 dicembre sul quotidiano Il Giorno: ecco un bel tema sul quale Associazioni e Società scientifiche di odontoiatri e igienisti dentali potrebbero ritornare a lavorare più intensamente, anche a livello ministeriale.
L’articolo dava notizia della denuncia della mamma di una bimba di otto anni a cui è impedito di lavare in denti a scuola. La bimba frequenta la terza elementare in un istituto scolastico milanese.
Doverosa premessa che a mio avviso rimarca l’assurdità della vicenda: la “battaglia di carte” era cominciata ad ottobre ed a quanto pare non si è ancora conclusa.
"Mia figlia ha recentemente messo l’apparecchio per i denti, si tratta di un espansore palatale fisso, e l’odontoiatra si è raccomandato di lavare i denti anche dopo il pranzo consumato a scuola, perché con l’espansore il cibo rimane incastrato e può dare origine a pericolose gengiviti oltre che a carie", spiega al quotidiano la mamma.
Ma l’istituto scolastico vieta alla bimba di andare in bagno e lavarsi i denti dopo aver mangiato alla mensa scolastica. Alla mamma parte “l’embolo”, forse ricordandosi della fatica che aveva fatto negli anni a motivare sua figlia facendo diventare il lavarsi i denti dopo ogni pasto, un doveroso gesto abitudinario, o anche solo perché pensa: ma se il medico dentista mi ha detto che deve farlo, sarà importante per la salute di mia figlia, e quindi va fatto.
Comincia quindi la battaglia delle “mail” tra mamma ed istituto scolastico, non potendo/volendo usare il buon senso. La mamma presenta un certificato redatto dall’odontoiatra che attesta la necessità di lavare i denti dopo pranzo. Ma anche in questo caso arriva il veto.
La motivazione della dirigente scolastica, leggo su Il Giorno, è che il “divieto è da ricondursi alle direttive del decreto legislativo 81/2008 o Testo unico salute e sicurezza e che a tal proposito non vi è purtroppo proporzione tra il personale a disposizione per la vigilanza e la cura dell’igiene dei locali scolastici e il numero dei bambini a cui avrei dovere di garantire accesso a locali opportunamente igienizzati e/o al lavaggio dei denti”.
E qui sinceramente non capisco. Se la scuola non ha personale per garantire un bagno opportunamente igienizzato, perché la bimba in quel bagno può andare a bere o lavarsi le mani ma non i denti? Ma proseguo il racconto.
Se il problema è la responsabilità della scuola e la mancanza di personale, allora la mamma pensa alla cosa più logica: vi faccio una dichiarazione di scarico di responsabilità. Niente, anche in questo caso lavarsi i denti in bagno non viene autorizzato. La soluzione proposta dalla dirigente scolastica è che la bambina possa lavarsi i denti a patto che venga un famigliare o un delegato ad assisterla. Ma i genitori lavorano e non hanno nessuno da mandare.
Ricordo che stiamo parlando di una ragazzina di otto anni, non di una bimbetta della scuola d’infanzia che rischia di girovagare per il bagno della scuola con lo spazzolino in mano con la probabilità concreta di infilarlo nell’orecchio dell’amica o chissà dove se nessuno la segue per insegnargli cosa farne di quell’oggetto, cosa che la scuola d’infanzia dovrebbe fare.
“È giusto che in una scuola di Milano un dirigente scolastico possa arrogarsi il diritto di vietare una pratica di elementare igiene e di fatto negare il diritto alla salute dei nostri figli, diritto, tra l’altro, protetto dalla nostra Costituzione?", si chiede la mamma sempre dalle colonne de Il Giorno.
La vicenda non è la prima e non sarà l’ultima e, fortunatamente, a bilanciare (in positivo) ci sono le tantissime attività che dirigenti scolastici volenterosi attivano all’interno delle loro scuole per promuovere la salute orale.
Non esiste, come spesso viene fatto intendere, una indicazione ministeriale che vieta di lavare i denti a scuola, almeno così mi è stato spiegato. E’ un problema di organizzazione, il personale scolastico non è abbastanza numeroso per poter vigilare e garantire che la pratica del lavaggio dei denti avvenga in maniera igienicamente corretta e sia protetta la salute dei bambini. Però questo può valere per le scuole materne, già dalle elementari si dovrebbe andare in autonomia, magari preventivamente “insegnando” agli alunni.
Le Indicazioni per la promozione della salute orale nelle scuole secondarie pubblicate dal Ministero della Salute raccomandano questo:
“In ambito scolastico, è fondamentale il coinvolgimento anche degli studenti delle scuole secondarie di II grado relativamente alla promozione della salute orale. Gli adolescenti, infatti, sono un gruppo a rischio per il consolidamento di abitudini igieniche scorrette e meno sensibili al controllo familiare. Appare pertanto necessario favorire la diffusione di messaggi informativi/educativi relativi a corretti comportamenti, anche in relazione ad abitudini, stili di vita non salutari e problematiche, (quali abuso di alcool, fumo, disturbi del comportamento alimentare, pratica del piercing, abuso di bevande dolcificate), che spesso si instaurano in età adolescenziale e solitamente non sono percepiti come rischiosi per salute in generale e, in particolare, per la salute orale”.
Magari sarebbe utile tornare a ricordarlo non solo ai dirigenti scolastici ma anche al Ministero dell’Istruzione e del Merito, chiedendo di risolvere l’eventuale corto circuito burocratico.
Mentre scrivo questo, mi viene in mente la storia di Giuliano De Seta, lo studente 18enne morto sotto una pressa mentre stava facendo uno stage, che non sarà risarcito dall’Inail perché non è un lavoratore… altro che dentifricio per spazzolare via la burocrazia ottusa, penso.
Però, non sarà che anche partendo da questioni più semplici come potersi lavare i denti in un bagno della scuola -grazie a mamme “tignose”, a giornali come Il Giorno disposti a raccogliere e dare voce alle denunce- si riuscirà a rendere il nostro Paese più normale non tanto combattendo la burocrazia ma a rendendo utile la burocrazia e combattendo chi la applica ottusamente, o chi pretende che venga applicata ottusamente.
E sono sicuro che tra voi lettori, c’è qualcuno che ha l’autorevolezza di andare in viale Trastevere, suonare al Ministro Valditara, per spiegare come si potrebbe risolvere facilmente e definitivamente la questione, e magari riproporre i corsi di promozione alla salute orale per gli insegnanti, in modo che sappiano, poi, spiegare ai ragazzi prima che vadano in bagno a compiere quel pericoloso gesto: lavarsi i denti.
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