Come molti boomer sono attratto dalla tecnologia. In realtà lo ero anche prima di essere un boomer, ho ancora cassetti pieni di aggeggi tecnologici quasi mai usati e peraltro spesso inutili, ma “fighi”.
Poi il lavoro mi ha portato ad usare la tecnologia per scrivere, fare ricerche, fotografie, filmati, interviste a distanza, poi il web, i social (qui mi trovo meno appassionato).
Oggi, la nuova frontiera delle tecnologie è indubbiamente l’Intelligenza Artificiale che molto spesso, superficialmente, viene intesa come lo strumento che farà, o fa, cose al posto nostro.
L’elenco delle applicazioni possibili è già oggi infinito, ne cito una banalissima ma che può preparare il terreno per le considerazioni che vorrei condividere con voi in questo DiDomenica.
Da 3 anni uso un’auto con l’assistente vocale, e mi sono accorto di non sapere come si accende o spegne la radio; per farlo dico: ehi (nome della marca dell’auto) accendi la radio. So bene che basterebbe guardare sul libretto di istruzioni (esiste ancora?) o cercare su Google, ma non mi viene di farlo, non mi sono mai neppure posto il problema di farlo, è più comodo così.
Oggi, sbagliando, abbiniamo l’IA a ChatGPT o ad altri sistemi simili ed altrettanto validi.
Da tempo sto provando ad utilizzare questi strumenti, non uso ChatGPT ma un sistema analogo sempre a pagamento. Non ho ancora capito se lo faccio per curiosità, per cercare di lavorare meno o capire quando sarà ora di trovarmi un nuovo lavoro perché quello che faccio lo farà l’IA. Però “smanetto” curioso.
Lo utilizzo per creare immagini -da qualche mese quelle abbinate agli approfondimenti domenicali sono generate attraverso l’IA-, per fare ricerche, sbobinare interviste (in questo mi ha veramente semplificato la vita) o generare testi anche se qui, fortunatamente per il mio futuro lavorativo, non ci siamo ancora.
Per molte delle cose per cui l’ho utilizzata per lavoro, direi che mi ha dato una mano ma ho dovuto metterci molto del mio per ottenere quanto serviva e molto spesso, soprattutto per la stesura di articoli, alla fine facevo prima a farlo io da solo. Ma questo perché io conoscevo l’argomento, o se non lo conoscevo nello specifico le mie nozioni di base mi facevano nascere quei dubbi che mi portavano a verificare quanto l’IA mi aveva proposto. E verificando, molto spesso mi accorgevo che non tutto era affidabile, anche se raccontato in modo plausibile.
In una lezione che tempo fa ho fatto al San Raffaele di Milano, suggerivo alcuni strumenti che lo studio odontoiatrico può utilizzare per tenere aggiornato il proprio sito e le pagine social dello studio. Strumenti efficaci ed utili ma solo se gestiti da chi sa di cosa si parla.
Strumenti che certamente diventeranno sempre più affidabili.
Ma questi strumenti in mano a chi non è in grado o non ha neppure la voglia l’abitudine di verificare, chi ragiona con il “ma c’è scritto su Internet”, che effetto avranno?
Nei giorni scorsi trovo su una pianta di limone che ho in giardino della cocciniglia, interrogo l’App di IA che ho sul cellulare chiedendo consigli su di un trattamento naturale e mi propone una soluzione. Compro quanto necessario, preparo il composto e lo spruzzo sulla pianta. Non mi sono minimamente preoccupato di verificare che quanto mi aveva consigliato potesse funzionare, cercare opinioni in merito, altre soluzioni. Mi farete notare che questo accade anche con le ricerche di Google. Vero, ma Google ti propone dei siti che parlano di quello che cerchi, tu devi leggere,, capire, decidere quali delle informazioni ottenute sono le più affidabili, giudicare se utili o meno.
Ora la risposta che ti arriva è netta, definitiva, sai che è copiata da qualche parte in rete ma non sai chi l’ha scritta, chi lo dice, la fonte. Il sito dell’appassionato giardiniere considerato solo perchè ha tanti click o l’agronomo titolato esperto di cocciniglia sui limoni?
Se non hai voglia di cliccare sul numerino che il sistema ti propone alla fine di ogni paragrafo, almeno quello che uso io lo fa, non sai nemmeno il nome del sito da cui l’IA ha copiato.
Nelle scorse settimane Odontoiatria33 ha ripreso un editoriale pubblicato su JAMA, la rivista scientifica della ADA, in cui l’autrice ragionava ed indicava qualche applicazione pratica odontoiatrica di ChatGPT. Come spesso accade dopo che Odontoiatria33 ha pubblicato una notizia, nei giorni successivi la stessa viene ripresa da altri siti di settore che non vogliono fare fatica per trovare informazioni da proporre ai propri lettori, ma come spesso capita a chi copia senza sapere cosa copia, hanno omesso la parte centrale dell’editoriale che non era quella di elencare cosa il dentista o l’igienista dentale può far fare a GhatGPT, ma il lavoro che la comunità scientifica, le associazioni di settore ed aggiungo anche gli editori, dovrebbero fare per stabilire criteri e strumenti che possano bilanciare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, cercando di arginare i rischi associati a un uso improprio e dannoso. Poi c'è un altro aspetto da considerare, e non lo faccio: questi contenuti, che sono costati lavoro di Autori ed Editori, devono essere regalati a queste piattaforme?
“Mentre continuiamo ad assistere a rapidi progressi nell’intelligenza artificiale –scrive l’autrice dell’editoriale, la dott.ssa Camila Tussie (Harvard School of Dental Medicine di Boston)- è essenziale che i professionisti del settore dentale siano in prima linea nello sviluppo di queste innovazioni anche spiegando ai pazienti i limiti delle tecnologie come ChatGPT. Così come nei prossimi anni è necessario che i ricercatori studino le applicazioni pratiche di queste piattaforme per renderli un reale supporto della professione”.
Per esempio si dovrà programmare questi strumenti affinché attingano solo ad informazioni verificate, scientificamente validate, ancora di più se si trattano temi legati alla salute.
Ma questo riguarda (e faccio uno dei tanti esempi possibili) anche l’IA legata alla progettazione di dispositivi protesici: quale terapia ortodontica il software proporrà tra due possibili ma entrambe con criticità?
Certo sarà poi il professionista a valutare, ma quanti già oggi lo faranno, quanti già oggi verificano quanto il service propone dopo che hanno ricevuto il file dell’impronta digitale per realizzare gli allineatori, quanti hanno le competenze per farlo? Se volete ne parlavo in questo DiDomenica.
L’IA è già oggi una tecnologia incredibile, utile, con potenzialità infinite, ne sono entusiasta e sono convinto che porterà benefici. Ma come sempre le tecnologie non sono buone e cattive, è come vengono usate a fare la differenza.
Il rischio, per noi utilizzatori, è perdere l’abitudine al ragionare, al verificare le informazioni, distinguere il fatto dall’opinione, con il rischio di non essere più in grado di valutare o peggio ancora senza più aver voglia di valutare, prendendo tutto quanto proposto per “giusto”, perché è più comodo fare così.
Come scimmie davanti ad un computer potremo ascoltare la radio in auto dando un semplice comando vocale, senza però voler decidere quale radio ascoltare.
PS:
L’immagine in copertina è stata creata con l’intelligenza artificiale. Volutamente scrivo “con” e non “da”, perché l’applicativo che uso, da solo, non fa nulla… almeno per ora.
E tralascio il fatto che prima, per fare quella immagine dovevo rivolgermi ad un grafico che ci lavorava per ore, aspetto non trascurabile (per il grafico).
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