Ruolo dei FANS nella gestione del dolore nel paziente cardiopatico o con plurimi fattori di rischio cardio vascolari
I pazienti che sono affetti da patologie che inducono dolore spesso richiedono trattamenti a lungo termine, con frequenti rivalutazioni e modifiche di terapia. La scelta del trattamento deve prendere in considerazione le caratteristiche della molecola che ne determinano l’efficacia e il profilo di tollerabilità a livello epatico, cardiovascolare, gastrointestinale e renale.
A volte si utilizza una molecola piuttosto che un’altra in modo improprio, dato che non tutti i FANS sono ugualmente efficaci, tollerati e utilizzabili nel paziente cardiopatico. Riguardo al meccanismo d'azione degli antinfiammatori non steroidei, questi inibiscono gli isoenzimi delle due isoforme della ciclo-ossigenasi, COX-1 e COX-2. Viene così inibita la produzione di prostaglandine e, a seconda dei diversi tipi, a cascata, si ha una riduzione dell'infiammazione e del dolore (PGD2, PGE2, PGF2alfa, PGI2), dell'emostasi (PGG2, PGH2), della protezione della mucosa gastrica (PGA2, PGE1, PGE2), della proliferazione cellulare, dell'angiogenesi e delle metastasi (PGE2). Il blocco può quindi avere effetti positivi su alcuni fattori e negativi su altri (ad esempio sulla mucosa gastrica), molto dipende dal fatto che la molecola utilizzata agisca solo sulle COX-1 oppure solo sulle COX-2 o su entrambe le isoforme enzimatiche.
I FANS sono classificati in base alla somiglianza chimica: si hanno i salicilati (aspirina -acido acetilsalicilico o ASA-, salicilato di sodio, diflunisal), gli acidi acetici (ketorolac, indometacina, diclofenac, etc.), gli acidi propionici (ketoprofene, naprossene, ibuprofene, etc.), gli acidi fenamici (meclofenamato), i diarileterocicli (cioè gli inibitori delle COX-2 o Coxib: celecixib, rofecoxib, etoricoxib), gli acidi enolici (piroxicam, meloxicam) e altri (paracetamolo). La selettività per COX-1 e COX-2 può essere correlata al profilo di tollerabilità del farmaco (Antman EM, et al. Circulation, 2005). Gran parte dei FANS tradizionali inibisce maggiormente a dosi terapeutiche la COX-2 rispetto alla COX-1 tranne naprossene, ibuprofene e ketoprofene, caratteristici per la loro duplice azione verso i due enzimi (Varrassi G, et al. Adv Ther, 2020).
A seconda del profilo di rischio del paziente bisogna fare attenzione alla prescrizione dei FANS. Con l'uso dei selettivi su COX-2 occorre cautela per il rischio cardio vascolare (CV) in termini di ictus, trombosi, infarto miocardico, scompenso cardiaco congestizio, e - in caso di abuso - ipertensione ed edema. L'uso dei FANS selettivi su COX-1 può invece determinare problemi di ulcera gastrica, sanguinamenti gastrointestinali, vomito, nausea, dispepsia (Cooper C, et al. Drugs Aging, 2019). Quando si inibisce la produzione di prostaglandine, si possono avere conseguenze a livello della mucosa intestinale, del rene e del sistema cardiovascolare. Se si usa in modo continuativo un FANS che inibisce solo la COX-1, ciò - bloccando la PGE2 – si elimina la protezione gastrica, con aumento della secrezione del muco, del bicarbonato e del flusso sanguigno a livello della mucosa.
Gli effetti dell’inibizione a lungo termine della COX-1 nei soggetti fragili possono essere l’ulcera peptica e i sanguinamenti gastrointestinali. A livello del rene, inibendo COX-1 e COX-2, si ha vasodilatazione dell’arteriola afferente e aumento di escrezione di sodio e acqua, con ritenzione idrica e di sale, con conseguente comparsa nel tempo di ipertensione, e danno acuto a livello renale.
A livello del sistema CV, bloccando COX-1 e COX-2 si inibiscono PGE2 e trombossano, determinando così il blocco dell’attività vasodilatatoria e di inibizione dell’aggregazione piastrinica e dando vasocostrizione. Una maggiore inibizione recettoriale di COX-2 rispetto a COX-1 si può avere un aumento del rischio di ictus o infarto del miocardio. Di qui deriva la necessità di dare il farmaco giusto ad ogni paziente, in modo da evitare effetti collaterali indesiderati. A esempio la non selettività assoluta di ketoprofene, attivo su COX-1 in misura maggiore rispetto a COX-2 porta a migliore tollerabilità cardiovascolare e minori effetti collaterali.
Nella pratica clinica i FANS sono normalmente utilizzati come antinfiammatori, antitrombotici, antipiretici e analgesici (nel trattamento del banale mal di testa fino al dolore osteoarticolare, come impieghi maggiori). Sempre più, inoltre, vi sono evidenze emergenti rispetto ad azioni antineoplastica, antiparassitaria, antibatterica e perfino antidiabetica. Questo fa pensare al ruolo importante dei FANS durante il COVID nella gestione dei pazienti, anche a livello domiciliare, non solo per il blocco delle COX ma anche delle interleuchine. Durante il COVID l’esplosione dei fenomeni infiammatori ha determinato il grande impiego ed evidenziato il ruolo importante dei FANS sui pazienti, ancor più dei cortisonici. Pur essendo farmaci usati da molti anni, il profilo completo dei loro benefici appare ancora tutto da scoprire e da apprezzare.
Nel bilancio di benefici e rischio dell’uso dei FANS, va considerato quindi l’equilibrio tra effetti benefici (azione antinfiammatoria, antipiretica, analgesica, antineoplastica, antitrombotica e antiartritica) edeffetti collaterali indesiderati (complicanze gastrointestinali, problemi epatotossici e a livello renale, problemi CV, complicazioni cerebrali, problemi del tratto respiratorio). A seconda di come si agisce su questo rapporto si può avere la prevalenza di uno o dell’altro di questi elementi. Importante è evitare la tossicità mitocondriale che è un danno ‘minimale’ non visibile ma che può essere dannoso oppure, se prevenuto, spostare il bilancio verso effetti benefici; la prescrizione va fatta considerando dosaggi, eventuali protezioni farmacologiche, pro e contro di carattere clinico.
A livello vascolare l’inibizione COX-1 può dare attivazione piastrinica, aterogenesi ed effetto protrombotico. A livello delle cellule endoteliali, a seconda dell’inibizione COX-1 e COX-2, anti-adesione o danno aterogeno o trombotico, azione sulle cellule muscolari lisce e i macrofagi. Il blocco della COX-2 a livello dei cardiomiociti può determinare una precondizione ischemica e un’attività antiaritmica, quindi di cardioprotezione (come si è visto nei pazienti con artrite reumatoide, quelli che venivano disinfiammati riducevano il burden degli eventi fibrillanti e dei casi di scompenso cardiaco con eiezione preservata, sindrome coronarica acuta e scompenso cardiaco con funzione sistolica ridotta). A livello renale l’inibizione COX-1 e COX-2 a seconda dei casi può determinare vasocostrizione, rilascio di renina, effetto diuretico e natriuretico ed effetto a livello pressorio (Schjerning AM, et al. Nat Rev Cardiol, 2020). Dunque, si bilanciano gli effetti benefici e quelli negativi a seconda della prostaglandina che viene inibita. Un uso cronico e indiscriminato dei FANS va ovviamente evitato ma va ribadito che non tutti i FANS sono uguali.
Le attuali linee guida CV confermano l’uso dei FANS nel trattamento del dolore muscoloscheletrico di natura infiammatoria nel paziente a rischio di patologie CV. L’uso dei FANS nei pazienti con concomitanti patologie CV rappresenta comunque tuttora una sfida importante. Il loro uso in tale ambito va quindi effettuato con buon senso. Nel caso di un paziente infartuato che presenta un dolore a un’articolazione, per esempio, occorre, procedere come indicato di seguito: ottimizzare il trattamento della patologia sottostante, verificare se efficace un semplice antidolorifico o una terapia non farmacologica, valutare l’eventualità di utilizzo di paracetamolo e oppioide (consultando un reumatologo o uno specialista del dolore), valutare l’utilizzo di un FANS in particolare se il dolore è su base infiammatoria (eventualmente in combinazione con un gastroprotettore se il paziente è a rischio e se si prevede un uso prolungato, in ogni modo non utilizzare un COX-2 selettivo in questi pazienti che hanno unrischio CV molto altoperché i bloccanti delle COX-2 possono avere effetti collaterali importanti nei pazienti cardiopatici (Schmidt M, et al. Eur Heart J Cardiovasc Pharmacother, 2016). Diversi aspetti impongono una riflessione attenta sull’uso dei FANS in relazione al rischio CV: ad esempio l’uso concomitante di FANS e farmaci antitrombotici – in particolare l’uso di celecoxib e diclofenac, nonché l'ampia disponibilità di FANS da banco, è una condizione che può correlare all'aumento del rischio di sanguinamento, soprattutto dopo procedura cardiologica (stent, defibrillatore, etc.). Ad ogni modo l'invecchiamento della popolazione, i rischi correlati aglianalgesici alternativi (come gli oppioidi) e una scarsa pipeline di sviluppo di farmaci analgesici suggeriscono che l'uso dei FANS aumenterà in futuro; è quindi opportuno aver cura di scegliere i FANS con minori effetti collaterali e minori interazioni con altre terapie: per esempio, in pazienti con stent, è opportuno usare FANS che non compromettano l'effetto antiaggregante piastrinico dell’ASA.
E’ davvero importante essere consapevoli del fatto che i FANS non sono tutti uguali e in generale può essere opportuno utilizzare un FANS con un buon rapporto tra attività antinfiammatoria e attività analgesica. In una Delphi-guided expert consensus (Varrassi G, et al. Adv Ther, 2019) si è valutata l’intensità del dolore dentale dopo 4 ore dalla somministrazione dei FANS: si è visto in questo caso che il ketoprofene è l'analgesico più efficace, con maggiore capacità e rapidità antinfiammatoria, e che dimostra il più alto rapporto tra attività antinfiammatoria e attività analgesica rispetto agli altri FANS analizzati. Importante è poi la sicurezza dei FANS rispetto all'interferenza con le piastrine e l'endotelio. Sull’attività piastrinica, dando un FANS e l’ASA si inibiscono COX-1 e COX-2; l’inibizione del COX-1 determina l’inibizione del trombossano, provocando vasocostrizione e riduzione di emostasi e trombosi; a livello endoteliale, invece, il blocco delle COX-1 e delle COX-2 (in particolar modo dei Coxib) causa inibizione della prostaciclina con vasodilatazione e inibizione dell’aggregazione piastrinica (Bates ER, et al. Circulation 2005).. Il progetto SOS commissionato dall’EMA ha valutato il rischio (odds ratio) associato all'uso corrente e recente di FANS di: infarto del miocardio, insufficienza cardiaca, attacco ischemico acuto (ictus). Sono stati raccolti dati da 7 database di quattro paesi europei per un bacino di 35 milioni di soggetti ed è emerso (SOS Final Report 2012) che il ketoprofene presenta l’odds ratio per ictus più basso rispetto a tutti i FANS valutati (0,93), ovvero i pazienti trattati con ketoprofene erano quelli che avevano avuto minori complicanze ischemiche cerebrali rispetto agli altri FANS analizzati (Coxib, naprossene, ketorolac, diclofenac). Per il cardiologo il ketoprofene è molto maneggevole in tutte le sue varie sfaccettature. Nello stesso studio, dove si andava a indagare il rischio di comparsa di infarto miocardico per altri motivi durante l’utilizzo di Fans, si è visto che ketorolac è risultato il FANS con rischio di insorgenza di infarto miocardico acuto più elevato. Altri fans come indometacina, diclofenac, piroxicam, ibuprofene, naprossene, meloxicam, nimesulide, etoricoxib, rofecoxib e celecoxib sono associati a un aumento del rischio di IMA. In particolare, ketoprofene presenta un odds ratio per infarto miocardico acuto tra i più bassi rispetto agli altri FANS valutati (Masclee GMC, et al. PLoS One, 2018). Ketoprofene è dunque il FANS che ad oggi ha mostrato i minori effetti collaterali nei pazienti cardiopatici. Inoltre, è stato osservato – in base all’andamento dei registri a livello europeo - un rischio statisticamente più elevato di insufficienza cardiaca in associazione con l'utilizzo corrente di ketorolac, etoricoxib, indometacina, rofecoxib, piroxicam, diclofenac, nimesulide, ibuprofene e naprossene, mentre ketoprofene presenta un basso odds ratio per nuovi casi di insufficienza cardiaca rispetto agli altri FANS valutati (Arfè A, et al. BMJ, 2016). Si conferma dunque ketoprofene come il FANS più sicuro nei pazienti cardiopatici, in grado di offrire maggiori vantaggi in pazienti con molteplici fattori di rischio CV.
Si è studiato a livello diretto mitocondriale dei cardiomiociti quali FANS avessero maggiore attività tossica, responsabile dei maggiori casi di sindrome coronarica acuta o scompenso (Brandolini L, et al. Sci Rep, 2020), valutando l’adattamento del sistema mitocondri-proteasoma dipendente dai FANS in cardiomiociti umani immortalizzati. L'immortalizzazione cellulare è il processo attraverso cui le cellule normali acquisiscono caratteristiche tumorali e si riproducono all'infinito. Il trattamento con diclofenac ha determinato effetti tossici laddove ketoprofene non ha mostrato effetti tossici nei vari tempi di osservazione e alle concentrazioni desiderate. Al contrario diclofenac ha comportato una significativa riduzione dose-dipendente della vitalità cellulare senza alcuna correlazione al tempo di esposizione. Dunque, il ketoprofene è benefico anche attraverso il suo scarso effetto di lisi a livello dei mitocondri che, soprattutto nel miocardio, svolgono un ruolo fondamentale. Infatti, sia ketoprofene che diclofenac aumentano i ROS, riducono la funzionalità mitocondriale e l'attività proteasomiale, ma solo diclofenac causa una marcata alterazione di questi parametri cellulari portando a morte cellulare. Le cellule trattate con ketoprofene riescono a neutralizzare i livelli di stress mentre diclofenac innesca una risposta cardiotossica che porta ad apoptosi, e questo è molto significativo in chi ha già una patologia CV.
Lo studio SALT (Gulmez, et al. Drug Saf, 2013), condotto su 227 milioni di soggetti ha valutato i danni epatici correlato all’utilizzo di FANS e paracetamolo in Europa (tasso di insufficienza epatica acuta con necessità di trapianto): il tasso è risultato alto per il paracetamolo e l’ibuprofene, basso per il ketoprofene, che si è dimostrato il più sicuro non solo per il paziente cardiopatico ma anche a livello epatico (dove il ruolo dei FANS svolto a livello mitocondriale è importante). Valutando il rischio aggiuntivo (OR) di sanguinamento del tratto intestinale superiore di FANS a dosi terapeutiche, considerando i dosaggi dei FANS su prescrizione più utilizzati nella pratica clinica (Panerai, 2011), è emerso che ketoprofene alla dose di 150 mg/die (pari a 240 mg/die nella forma salificata con lisina, KSL) presenta un rischio di gastrotossicità inferiore ad altri FANS, notoriamente considerati ben tollerati a livello gastrointestinale (l'ibuprofene e quello che ha mostrato la maggiore non tollerabilità a livello gastrointestinale). Si è valutato anche il rischio di sviluppare insufficienza renale acuta associata con l'utilizzo dei FANS (database inglese GPRD): è emerso che diclofenac è associato a un RR di 3.1, ibuprofene di 2.6 mentre ketoprofene è incluso nel gruppo altri FANS associati a un RR di 1.89 (Huerta C, et al. Am J Kidney Dis, 2005). Sono dunque molti i dati che supportano l’efficacia e la tollerabilità di ketoprofene. Inoltre, è stato dimostrato (in uno studio a 7 giorni in terapia in confronto con placebo valutando la secrezione urinaria di sodio) che ketoprofene non influenza la funzionalità renale e la pressione sanguigna in pazienti con ipertensione arteriosa essenziale e può essere considerato una buona scelta terapeutica quando il trattamento con i FANS è indicato in questo tipo di pazienti (Cusson JR, et al. Blood Press, 1992). Un altro possibile aspetto interessante riguarda l’aggregazione piastrinica, uno studio (Stichtenoth DO, et al. Eur J Clin Pharmacol, 1996) ha evidenziato che l'inibizione dell'aggregazione piastrinica dimostrata da ketoprofene (con potenza analoga all’ASA) può essere particolarmente utile nel trattamento dell'infiammazione pro-trombotica indotta da alcune infezioni virali, come quella da COVID-19.
Facendo un riepilogo generale del profilo di efficacia e sicurezza dei FANS, risulta che il ketoprofene è indicato per l’infiammazione delle alte vie respiratorie, ha effetto antipiretico, analgesico, antinfiammatorio, antiaggregante, è liposolubile, è sicuro a livello CV e in associazione con statine e ASA a basso dosaggio, è sicuro a livello gastrointestinale e a livello epatico. Non hanno le stesse caratteristiche di sicurezza altri farmaci molto utilizzati (come nimesulide, ketorolac, diclofenac [soprattutto a livello CV] e ibuprofene). Per cui, volendo prescrivere un FANS che abbia il minore impatto possibile in termini di effetti collaterali considerando il bilancio rischio/beneficio, indubbiamente il ketoprofene è un farmaco eccellente.
I messaggi chiave sono dunque i seguenti: anche nel paziente cardiopatico il dolore ‘fa male’ e va trattato e non bisogna temere di usare l’uso dei FANS scegliendo il migliore per rapporto rischio/beneficio; occorre trattare il paziente con il farmaco giusto, è fondamentale porre attenzione alla funzionalità renale così come alla funzionalità epatica, e occorre conoscere le interazioni farmacologiche (aspetto molto importante, specie se i FANS sono usati con anticoagulanti come DOAC o dicumarolici, a causa di interazioni rilevanti, seppure anche su questo aspetto ketoprofene presenta un profilo favorevole).
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