Forse le vie della medicina non sono infinite, ma di sicuro sono assai varie e imprevedibili. Capita così che un celebre farmaco come l'omeprazolo, inibitore di pompa protonica (IPP) con un vasto pubblico di affezionati estimatori, possa diventare un valido alleato in funzione antibatterica nella terapia endodontica. Questa è la prospettiva aperta dalla ricerca descritta nel box e pubblicata lo scorso settembre (Wagner C. et al. J Endod 2011;37:1253-7).
Batteri pompati
Le motivazioni che hanno portato a questa originale sperimentazione sono diverse. La prima è che alcuni batteri collegati alle patologie endodontiche (come Enterococcus faecalis) dispongono di una pompa protonica sulla membrana cellulare. Questo potrebbe spiegare la loro resistenza in ambienti con pH estremi, come quello altamente basico indotto dalle medicazioni con idrossido di calcio, dove una cellula normalmente non sopravvive.
La seconda è l'azione antibatterica dimostrata dagli IPP, anche se non è ancora chiaro il meccanismo sottostante, azione che si è rivelata utile, pur se non risolutiva, contro il celebre Helicobacter pylori.
Infine gli IPP hanno alcune interessanti proprietà antinfiammatorie tra cui l'inibizione della migrazione neutrofila e della sintesi dei precursori delle citochine, oltre ad avere dimostrato in vitro un effetto inibitorio anche sul riassorbimento osseo.
In vivo veritas
Al di là dei risultati ottenuti, la ricerca di Wagner e coll. si distingue nel panorama attuale perché la sperimentazione in vivo, sia pure in un animale, permette di arrivare a conclusioni più utili per la clinica. Da più parti, infatti, è stato segnalato che efficacia e utilità degli irriganti canalari o altri materiali endodontici possono calare notevolmente all'interno di una radice ancora inserita nell'osso rispetto a quanto succede in vitro.
Perciò, è essenziale usare un modello in vivo per sperare di poter applicare nella clinica i risultati ottenuti in laboratorio.
I fattori
Tra i fattori che più influiscono in questo senso, vi sono le proprietà strutturali e biochimiche della dentina e delle sostanze organiche rimaste nel canale e nei tubuli, come la popolazione batterica, le cellule di difesa e i residui pulpari.
L'effetto tampone della dentina, per esempio, è ben noto e importante e sicuramente attenua l'azione alcalinizzante dell'idrossido di calcio, riportando il pH verso valori più fisiologici. Anche l'ipoclorito di sodio non è insensibile a questo effetto e lo stesso vale per altri disinfettanti. I dati disponibili dicono che l'azione antibatterica cala rapidamente all'interno dei canali; quelli che se la cavano meglio sono la coppia canfora-fenolo, che dura 3-5 giorni, e la tricresolformalina che può arrivare a una settimana.
Further studies are needed
È la frase che spesso chiude gli articoli delle riviste scientifiche: sono necessarie ulteriori ricerche. È come il "vissero felici e contenti", sentimenti sicuramente provati dagli autori che aggiungono un titolo alla loro serie di pubblicazioni da esibire alla prossima occasione. Meno felici i loro lettori che non sanno che farsene di certe ricerche.
È difficile non provare molti dubbi sull'utilità (e sulle ragioni dei finanziatori) di certi esperimenti, come per esempio quello in cui è stata valutata l'azione di tre cementi endodontici addizionati di amoxicillina su una popolazione di batteri patogeni in vitro (Baer J, J Endod 2010;36(7):1170-3). Oppure quello che, sempre in vitro, ha misurato l'effetto contro i medesimi batteri di Uncaria tomentosa (nota anche come "unghia di gatto"), una pianta usata dagli indios sudamericani (Herrera DR,J Oral Sci. 2010 ;52(3):473-6). Il bello è che gli autori del primo studio concludono, (guarda un po'), che i cementi con amoxicillina sono significativamente più efficaci di quelli normali. Qualcosa di meno esotico e altrettanto inutile? l'estratto di Rosa damascena, ammirata e profumata inquilina di molti giardini, è ricco di alcoli e oli essenziali (tra cui l'eugenolo) e batte l'ipoclorito di sodio quando lo si mette a contatto con E. faecalis e P. gingivalis .
Sempre in provetta, naturalmente (Shokouhinejad N, J Calif Dent Assoc 2010;38(2):123-6). L
Materali e metodi
Lo studio è stato condotto su un modello animale (ratto) da tempo usato nella ricerca endodontica. Dapprima è stata creata una lesione periapicale nel primo molare inferiore lasciando esposta la polpa per 4 settimane; poi i canali radicolari sono stati trattati in modo diverso a seconda del gruppo: idrossido di calcio (controllo), idrossido di calcio con omeoprazolo in rapporto 1:1 (gruppo sperimentale). Infine sono stati prelevati i campioni microbiologici e i preparati istologici dopo due e quattro settimane.
I risultati
I risultati sono stati in linea con le attese sull'effetto positivo dell'omeprazolo. Infatti, il controllo radiografico finale ha rivelato una guarigione più favorevole nel gruppo sperimentale rispetto a quello di controllo e l'esame microbiologico ha mostrato un maggiore effetto inibitorio sui cocchi gram positivi nel gruppo sperimentale. Ma il risultato più soddisfacente è venuto dalle osservazioni istologiche: nel gruppo sperimentale l'infiltrato infiammatorio era minimo e le aree di riparazione ossea periapicale erano bene evidenti e notevolmente più estese rispetto al gruppo controllo.
Non è la prima volta, comunque, che si cerca di potenziare l'effetto dell'idrossido di calcio. Negli ultimi anni, infatti, si è sperimentata l'aggiunta di clorexidina allo scopo di aumentare la capacità antibatterica ma i risultati sono discordi, anche per le difficoltà di trasferire i risultati sperimentali nella realtà clinica.
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