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01 Settembre 2010

Valutazione di un sigillante automordenzante in vitro e in vivo

di M. Ricci, M. Pasini, M. Lucchesi, A. Genovesi, M.R. Giuca


Obiettivi. Lo scopo del presente studio è stato di comparare, in vitro e in vivo, la ritenzione allo smalto e il grado di infiltrazione di un moderno sigillante di tipo automordenzante con un sigillante non automordenzante, per stabilire il miglior materiale da usare per la sigillatura dei solchi e delle fossette.
Materiali e metodi. Per l’esperimento in vitro sono stati esaminati 11 molari, privi di carie, estratti per motivi disodontiasici o parodontali; il sigillante automordenzante è stato applicato su solchi e fossette di sette molari ed è stato analizzato allo stereo-microscopio dopo essere stato immerso in una soluzione di eosina; i restanti molari sono stati sigillati con un sigillante di tipo classico. Inoltre, per l’esperimento in vivo, sono stati esaminati 20 molari permanenti e privi di carie di bambini di età compresa tra 6 e 12 anni; 10 molari sono stati sigillati con il sigillante automordenzante, i restanti con il sigillante classico. Il grado di ritenzione e di microinfiltrazione è stato valutato dopo 3, 6 e 12 mesi.
Risultati. Entrambi i sigillanti in vitro sono risultati efficienti nell’ottenere la sigillatura dei solchi e delle fossette. Al contrario, nell’esperimento in vivo il sigillante automordenzante ha mostrato una progressiva infiltrazione e perdita di ritenzione nel tempo. Dopo 12 mesi, il sigillante automordenzante ha evidenziato una ritenzione completa solo in 1 molare (10%), una ritenzione parziale in 3 molari (30%) e una ritenzione nulla in 6 molari (60%).
Conclusioni. Il sigillante automordenzante non è risultato efficiente rispetto al sigillante di tipo classico nell’ottenere la sigillatura dei solchi e delle fossette di denti privi di processi cariosi. È possibile concludere che l’utilizzo di una tecnica automordenzante per le procedure preventive di sigillatura non rappresenta una metodica affidabile.





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