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14 Giugno 2023

Riabilitazione implanto-protesica di una sella edentula in sede 3.6

Caso clinico di una riabilitazione implanto-protesica elemento dentario con lesione ascessuale acuta

Stefano Gabaglio

Il caso clinico presentato riguarda un uomo caucasico, di 35 anni, non fumatore, ASA 1.

Il paziente si è recato presso il nostro studio per dolore e gonfiore in sede 3.6.

Dall’esame obiettivo e radiografico si evidenzia una lesione ascessuale acuta causata da un elemento dentario devitalizzato anni prima, con una grossa lesione radiotrasparente periradicolare, associata a sondaggio patologico puntiforme in corrispondenza della radice mesiale e a livello della forcazione interradicolare; segni patognomonici di frattura radicolare verticale (fig. 1).




Fig. 1 Rx elemento fratturato


Il dente, giudicato irrimediabilmente compromesso, dopo la gestione antibiotica della fase acuta è stato estratto e a distanza di 3 mesi è stata eseguita una visita di controllo, andando a valutare la completa guarigione, la quantità di osso residuo, gli spessori e la quantità e qualità di mucosa cheratinizzata presenti. (fig. 2).


Fig. 2 Situazione pre-operatoria sella edentula


In questa occasione è stata eseguita una TC Cone Beam (fig. 3), al fine di valutare con precisione la quantità e qualità ossea presente e programmare l’inserimento di un impianto osteointegrato per riabilitare la sella edentula.


Fig. 3 Immagini estratte dalla TC Cone Beam


La scelta di inserire un impianto osteointegrato per ripristinale la mono edentulia rappresenta oggi il gold standard e la soluzione più conservativa, considerando la totale integrità degli elementi dentari contigui e la giovane età del paziente[1].

In base ai dati raccolti, da indagini radiografiche e valutazioni cliniche, si è optato per l’inserimento di un impianto FT3 di 10 mm di lunghezza e 4,25 mm di diametro (ImpLassic FT3 BWS®, Dental Tech, Misinto).

Il giorno della chirurgia è stato eseguito un lembo d’accesso crestale, scollati i tessuti molli a spessore totale per esporre completamente la cresta ossea, identificata la corretta posizione per l’inserimento implantare[2]; è stato eseguito il foro guida e successivamente il sito è stato preparato seguendo il protocollo di frese calibrate.

La fixture è stata inserita raggiungendo valori ottimali di torque, garantiti dalla qualità ossea e dalla bontà del disegno implantare (> 40N) (fig. 4).


Fig. 4 Sequenza chirurgica inserimento implantare


Ottenuta un’ottima stabilità primaria si è deciso di posizionare direttamente una vite di guarigione cilindrica, utile a ridurre le procedure chirurgiche e a condizionare la guarigione dei tessuti molli[3].

I lembi sono poi stati suturati mediante punti semplici con sutura 3/0 in seta (fig. 5).


Fig. 5 Rx post-operatoria


A distanza di 3 mesi è stata eseguita una radiografia endorale di controllo e osservando un quadro di guarigione e osteointegrazione ottimali si è proceduto alla sequenza operativa per la protesizzazione dell’impianto.

Smontata la vite di guarigione si è osservata una buona qualità e quantità dei tessuti sovracrestali, fattori importanti per il mantenimento nel tempo dell’impianto[3] (fig. 6).


Fig. 6 Tessuti pronti per la protesizzazione dell’impianto


A distanza di 10 giorni è stata provata e consegnata una corona avvitata in zirconia monolitica pitturata incollata su T-Base in titanio.

Si può notare anche la leggera ischemia momentanea causata dalla pressione della corona sui tessuti molli, che determinerà un naturale condizionamento e adesione degli stessi intorno al manufatto protesico, processo favorito dalla zirconia perfettamente lucidata, migliorando la stabilità nel tempo del manufatto protesico[4] (figg. 7, 8).


Fig. 7 Corona in zirconia avvitata in posizione


Fig. 8 Rx di controllo


Conclusioni
Capita spesso di trovarsi di fronte a fratture verticali di elementi dentari devitalizzati o vergini, che determinano sintomatologie più o meno acute. In queste situazioni, la presenza di infezione non sempre è compatibile con l’inserimento di un impianto immediato, a causa della mancanza di osso che non garantirebbe un’adeguata stabilità primaria dell’impianto stesso[5-7].

In queste situazioni è preferibile estrarre l’elemento compromesso, attendere la naturale guarigione del sito, avvalendosi eventualmente di tecniche di ridge/socket preservation con l’innesto di biomateriale eterologo, e solo a guarigione avvenuta procedere con l’inserimento di una fixture osteointegrata[8-10].

L’opzione implantare oggi rappresenta in questo caso la soluzione ideale, più conservativa e che garantisce maggiori possibilità di mantenimento e quindi una prognosi a lungo tempo nettamente migliore.

Autore: dott. Stefano Gabaglio, libero professionista in Caronno Pertusella (Varese)

Con il contributo non condizionante di Dental Tech.


Copyright © Riproduzione vietata-Tutti i diritti riservati

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