Dai dati di un sondaggio commissionato dal Collegio dei Docenti, la fotografia di chi sarà chiamato a esercitare l’odontoiatria del futuro. Tra le certezze: sarà una professione in mano alle donne
Non si può parlare di futuro della professione odontoiatrica senza considerare scelte ed ambizioni dei futuri dentisti.
Per poterlo fare, durante l’evento organizzato da EDRA a Milano, dal titolo “Odontoiatria 4.0. Meno titolare e più dentista?”, sono stati presentati parte dei dati rilevati da Key-Stone per un sondaggio commissionato dal Collegio dei Docenti su di un campione rappresentativo di studenti iscritti a 34 dei 37 Atenei italiani sede di corso di laurea; 3 non hanno aderito. Per fare la sintesi, Roberto Rosso, presidente di Key-Stone, raggruppa gli studenti in 5 profili.
Motivati, entusiasti, programmatori (32% del campione). Sono la maggioranza, scelta del corso di laurea dettata dalla passione per l'odontoiatria, mediamente più soddisfatti ed entusiasti su tutto. Valore predominante è la realizzazione personale, molto più degli aspetti economici. L'attività in proprio è un desiderio da realizzare, per loro è importante preoccuparsi del futuro per raggiungere i propri obiettivi (entusiasmo razionale). In generale, pensano di continuare con una specializzazione e intendono inizialmente lavorare in uno studio privato; in futuro vorrebbero uno studio in proprio o in associazione con altri professionisti.
Individualisti, ambiziosi, sfidanti (15%). Mossi sia dalla passione per l'odontoiatria che dal livello remunerativo. La professione è realizzazione personale e meno autonomia individuale. I valori sono adattabilità e condivisione, sentono meno l'appartenenza ad un gruppo e la ricerca di sicurezza, non si preoccupano del rischio, accettano le sfide senza paura del futuro, raccogliendo le possibilità del presente. Interessati alla gestione delle risorse, meno agli aspetti imprenditoriali ed economici. Sì alle catene, ma distinguendo tra i brand/qualità. Tendenzialmente sono coloro che si aspettano di guadagnare di più dalla professione (23% studio in famiglia).
Rassegnati, amanti medicina, accademici (16%). Per loro l’odontoiatria è una “seconda scelta”. In leggera prevalenza femmine, meno soddisfatti, in particolare dell'attività pratica all’università. Rifarebbero e consiglierebbero con minor frequenza lo stesso percorso di studi. Meno interessati alla sicurezza economica, vedono con distacco l’attività in proprio (preoccupazione da evitare). Meno interessati agli aspetti del marketing, più orientati alla ricerca scientifica, preferirebbero lavorare in ambito accademico e/o collaborare in uno studio, anche in catene dentali. Orientati a specializzarsi. Rispetto alla media, si aspettano di guadagnare meno.
Cauti, prudenti quasi pavidi, consulenti (15%). Ricerca della stabilità e sicurezza economica con il minimo rischio, non attirati dallo status della professione, lontani dalla presa di responsabilità. Scelta per le opportunità occupazionali (23% studio di famiglia) e livello di remunerazione. Mediamente meno soddisfatti della preparazione teorica offerta e del percorso di studi. Per loro è fondamentale l'autonomia individuale e la sicurezza economica, non ricercano realizzazione personale e desiderabilità sociale. Un'attività in proprio è una possibilità remota, tesi a collaborare, più favorevoli alle catene dentali. Non attratti dalle specializzazioni.
Autonomi, 100% studio in famiglia (25%). Sicurezza economica e livello remunerativo non sono le motivazioni di scelta principali, piuttosto per loro un'attività in proprio è un obiettivo da raggiungere. Si rivedono nei valori di stabilità e sicurezza, non amano i rischi ma pensano al futuro per raggiungere i loro obiettivi. Come specializzazione prediligono l'implantologia, la protesi e meno l'ortodonzia. Interessati alla pianificazione strategica, gestionale e di comunicazione dello studio. Avversi all'essere collaboratori o dipendenti e alle catene dentali, come gli "individualisti" si aspettano di guadagnare tanto da subito. Orientati alla pianificazione strategica e alla gestione.
Entrando più nello specifico dei dati presentati, vediamo due tra i tanti aspetti interessanti che si colgono dall’analisi statistica del campione. Il primo è che il 51% degli studenti è donna e questo condizionerà inevitabilmente le scelte che nei prossimi decenni verranno prese in tema di esercizio della professione. Il secondo è che il 34% del campione ha dichiarato di avere uno studio dentistico di famiglia. Se aggiungiamo a questi quelli che studiano all’estero e poi tornano in Italia (prevalentemente “figli d’arte”), una buona fetta della nuova generazione di odontoiatri con molta probabilità garantirà la continuità di molti studi italiani attualmente attivi. Una professione, escludendo le risposte di questi ultimi, scelta per interesse (67%) e perché offre buone possibilità occupazionali (55%).
Per quanto riguarda le scelte cliniche in media gli studenti pensano di specializzarsi in una o due discipline.
“Abbiamo rilevato – spiega Roberto Rosso – come le studentesse siano maggiormente orientate alla scelta di una specifica disciplina, con un tasso di ‘odontoiatria in generale’ che aumenta nei maschi (12% femmine e 21% maschi).” “Le due aree predominanti – continua – sono la chirurgia (indistintamente maschi e femmine) e l’ortodonzia (particolarmente le femmine con un 24% rispetto ai maschi al 12%). Per implantologia e protesi il tasso di interesse dei maschi è doppio di quello delle femmine. L’odontoiatria pediatrica presenta differenze in base al genere (5% femmine e 1% maschi). Per tutte le altre discipline i risultati sono omogenei per genere ed età.”
Anche gli aspetti extra clinici sarebbero volentieri approfonditi dagli studenti. Il 51% vorrebbe farlo su temi imprenditoriali e la pianificazione strategica, il 50% sul controllo di gestione e gli aspetti economici dell’attività, il 45% sui temi dell’esperienza del paziente, mentre il 35% sulla gestione delle risorse umane. Dimostrazione della volontà di “specializzarsi” viene confermata dal fatto che uno studente su quattro desidera continuare gli studi (72%) dopo la laurea. Il 66% dichiara invece di voler collaborare in uno studio privato mentre il 29% vuole collaborare in ambito universitario.
Solo il 18% del campione ha dichiarato di voler aprire o rilevare un proprio studio negli anni subito dopo la laurea.
Ma negli anni successivi? Il 37% ha dichiarato di voler aprire o acquisire uno studio proprio, il 25% di valutare la condivisione, mentre il 29% di fare il collaboratore. “Chiarendo che tra chi escluderebbe uno studio per proprio conto (38% del campione) un 20% (15% se non hanno uno studio in famiglia) mantiene aperta questa possibilità una volta acquisita una lunga esperienza – spiega Rosso – coloro che risultano assolutamente chiusi rispetto a questa possibilità sono circa il 30% del campione totale. L’orientamento allo studio proprio risulta inferiore all’aumentare dell’età (forse per una maggiore consapevolezza delle difficoltà) e tra le donne.”
Per quanto riguarda le possibili ragioni di non voler aprire uno studio proprio, al primo posto ci sono quelle di natura economica (25%), sacra propensione imprenditoriale (24%), avviamento troppo difficile (10%), non interessato e spaventato dal rischio imprenditoriale e dalla concorrenza (entrambe le motivazioni al 9%).
La ricerca ha anche cercato di analizzare il percepito dello studente in odontoiatria in merito ai nuovi modelli di odontoiatria organizzata e, sottolinea Rosso, “il giudizio è marcatamente negativo, in modo particolare per quegli studenti che possono contare su uno studio di famiglia”.
La risposta relativa alla possibilità che alcune insegne possano essere di maggior qualità è del 28% ma sale al 32% per chi non ha uno studio in famiglia. “Si tratta quindi di una porzione importante del campione che presenta meno pregiudizi”, continua Rosso che rileva “come ‘i più benevoli’ verso le catene siano gli studenti che hanno optato per odontoiatria come seconda scelta.”
Conferma che i futuri odontoiatri guardano con “sospetto” verso le catene, nonostante non abbiano ancora toccato con mano le singole realtà, arriva dal fatto che solo il 23% si dichiara disponibile a collaborare in una di queste strutture. In particolare, non collaborerebbero per il timore che non vengano messi nelle condizioni di offrire prestazioni di qualità o gli vengano imposte terapie non condivise da eseguire, mentre tra coloro che si dicono aperti ad una collaborazione il motivo principale per cui lo farebbero è quello di fare esperienza.
Ma quanto pensano di guadagnare i futuri dentisti nei tre anni successivi alla laurea, al netto del fatturato meno spese, contributi e imposte ecc.? Dalle risposte date tra i 1.500 € e i 2.000 € con una media di 1.858 €. “Tale aspettativa – rileva Rosso – è maggiore nel Nord del Paese in modo statisticamente significativo (superando di poco la media di 2.000 € mensili). Le donne hanno un’aspettativa media di guadagno di 200 € inferiore agli uomini, anche questo è un aspetto significativamente interessante sia statisticamente che sotto il profilo sociologico.”
Infine, la valutazione positiva degli studenti del percorso universitario intrapreso: infatti, solo il 12% non si iscriverebbe di nuovo al corso di odontoiatria e protesi dentaria, "in gran parte, dice Rosso, studenti che avevano optato per questo corso di laurea come seconda scelta".
Sotto la gallery con i dati della ricerca. La visione è riservata agli abbonati ad Odontoiatria33.
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