L’analisi congiunturale ANDI fotografa una professione ancora in sofferenza ma con ampi segnali positivi
Luci ed ombre a seconda di come vengono letti i dati e di come si guarda la fotografia scattata da ANDI attraverso la consueta analisi congiunturale condotta dal Centro Studi ANDI e presentata questa mattina in EXPODENTAL Meeting a Rimini dal coordinatore del Centro Studi ANDI Roberto Calandriello, dal dott. Luigi Russo, dal dott. Massimiliano Bondi di Nomisma e dai professori Marco Centra e Andrea Cutillo anche loro del Centro Studi ANDI, nella foto con il presidente ANDI Carlo Ghirlanda.
I dati nascono dall’indagine eseguita nei mesi di marzo e aprile 2021 attraverso un sondaggio online inviato ai soci ANDI, i cui dati sono stati elaborati per essere statisticamente rappresentativi della professione odontoiatrica.
La “popolazione” odontoiatrica
Il primo dato è la conferma di come oggi sia sempre più difficile indicare quanti esercitano la professione odontoiatrica e così la forchetta stimata, intersecando i dati con ENPAM, va da 44 a 46 mila.
I titolari di studio “puri” continuano ad essere la maggioranza anche se perdono ancora posizioni attestandosi al 51,2% degli esercenti che lavorano solo nel proprio studio, nel 2020 erano il 53,5%. L’84,6% degli odontoiatri lavorano comunque in uno studio tradizionale, il 61% sono titolari (di questi il 9% fa anche il collaboratore in altri studi) mentre il 32,6% sono collaboratori. Il 22,7% opera invece in uno studio associato di cui il 10,9% è titolare.
Sul fronte societario lavorano in una StP l’8% degli odontoiatri (2,7% come titolari, 5,7% come collaboratori). Infine, il 27% degli odontoiatri lavora in una Srl non riconducibile ad un marchio di una Catena, il 6,2% sono i titolari, il 19,8% i collaboratori. Nelle “Catene” lavorano il 4,5% degli odontoiatri: lo 0,4% sono titolari mentre il 4,1% collaboratori.
Crisi ed andamento del mercato
I dati presentati lasciano intravedere la persistenza di uno stato di crisi che continua dopo il 2020 caratterizzato dal lock-down, ma aprono anche spiragli positivi. Da valutare gli effetti della crisi economica causata dalla guerra in Ucraina ma anche della crisi delle materie prime che sta toccando prevalentemente i Paesi ad alto tasso manifatturiero come l’Italia, ha spiegato il dott. Bondi di Nomisma rassicurano con i dati sull’occupazione, in crescita.
A preoccupare, anche i dentisti, sono piuttosto i dati sul calo dei consumi e la perdurata tendenza degli italiani a risparmiare per timore di situazioni peggiori.
“La novità - spiegano da ANDI - sta nel fatto che crisi, resilienza e recupero non sembrano essere caratteristiche uniformi, attribuibili cioè a tutto l’universo dei dentisti. Sotto questo profilo la professione è apparsa colpita da differenziazioni anche importanti, fratture, crepe (secondo le generazioni di apparenza, i territori, la possibilità e la capacità di fare reddito) il cui esito complessivo è che fasce di dentisti stanno, per così dire, meglio rispetto al 2020 ed altri no”.
Parlando di medie, i dentisti sembrano aver recuperato buona parte delle perdite del 2020 (stimate nel -18%) dichiarando contrazioni, sempre rispetto ai dati del 2019, del -2,3%.
“Ma le differenziazioni tra gli studi sono profondamente marcate” tornano a sottolineare dal Centro Studi ANDI. “Nel 2021 si è più che dimezzata la percentuale dei dentisti che ha sperimentato una diminuzione degli incassi e più che triplicata quella di coloro che ha aumentato gli incassi.” In media sono stati i titolari di studi ad aver patito i cali maggiori rispetto al collaboratore puro.
Altro dato interessante quello sulla struttura dello studio che nonostante la crisi è rimasta sostanzialmente la stessa in termini di numero di collaboratori odontoiatri ed igienisti dentali ma anche di dipendenti ASO o amministrativi. Un segnale positivo sul futuro dei dentisti, soprattutto dei giovani, anche se permane il pessimismo tra i professionisti vicino alla pensione.
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