Una ricerca Nielsen, per conto di IDI Evolution, ha indagato. Essere informato, sentirsi al centro della cura in uno studio tecnologico tra i driver di scelta di un paziente sempre più consapevole
Gli italiani hanno un buon rapporto con il proprio dentista, fiducia che si cementa grazie alla comunicazione ed alla trasparenza. A confermare quanto già evidenziato negli anni il sondaggio realizzato da Nielsen per conto di IDI Evolution, presentato in anteprima nel luglio scorso durante l’evento Vision Day per celebrare i 20 anni di IDI, i cui dati sono stati diffusi oggi attraverso una nota stampa. Sondaggio che ha analizzatoesigenze, perplessità e desideri di un campione di oltre 1.000 italiani che negli ultimi 12 mesi si sono recati dal dentista.
“In occasione di Vision Day – spiega Andrea Piantoni, Chief Innovation Officer di IDI Evolution - abbiamo pensato che fosse importante offrire uno stimolo di confronto e riflessione alla nostra community di professionisti rispetto alla rinnovata centralità del paziente, attraverso una fotografia delle sue necessità, indagate attraverso questa ricerca di mercato. Un modo per comprendere ancor più in profondità il senso della trasformazione in atto nel settore dell’odontoiatria, ma anche del ruolo fondamentale giocato da innovazione tecnologica e digitale come strumento per cure sempre migliori. Noi di IDI ci crediamo da 20 anni, ma anche i pazienti, quindi il mercato, sta mostrando una netta e irreversibile convergenza su questi temi”.
Se ovviamente gli italiani si fidano del proprio dentista, altrimenti ne sceglierebbero un altro, il rapporto di fiducia non sembra essere incondizionato ma deve essere continuamente alimentato. La fiducia (lo dice il 56% degli intervistati) rimane indispensabile nella relazione con il dentista. Il 95% di coloro che hanno effettuato una visita negli ultimi 12 mesi sostiene di avere un dentista di riferimento e di confermarlo perché ha fiducia (66%) ed è pienamente soddisfatto (48%).
Il punto centrale è la comunicazione che si instaura tra il dentista, Team ed il paziente. Oggi l’informazione risulta centrale, sia quella comunicata dal professionista che quella, poi, confermata “da internet” o da un altro professionista. Dalla ricerca emerge che il 15% degli intervistati chiederebbe sicuramente un secondo parere.
“La ricerca di informazioni è un fattore chiave anche ad un secondo livello”, sottolineano i ricercatori: il 61% degli italiani dichiara infatti di consultare internet per cercare informazioni in base ai sintomi, rimedi per alleviare il fastidio, ma anche per vagliare le cure possibili o comprendere più a fondo il proprio problema anche dopo la diagnosi del clinico, cercando di comprendere se le cure siano adeguate o semplicemente allo scopo di arrivare alla visita più preparati.
In questo quadro si inserisce anche una progressiva evoluzione delle sensibilità generazionali. Nel rapporto con il dentista, infatti, i giovani e i giovani adulti (dai 18 ai 40 anni) sono meno fidelizzati: circa il 46% ha cambiato professionista almeno una volta negli ultimi 5 anni. Mentre, all’aumentare dell’età aumenta parallelamente la fedeltà e il legame con il professionista (il 76% della fascia 58 - 76 anni non ha mai cambiato il proprio professionista di riferimento).
Per quanto riguarda la scelta del dentista, la ricerca conferma che è ancora il passaparola a condizionarla: 38% del target continua ad affidarsi alle cure del dentista di famiglia e il 29% dichiara di essersi orientato grazie al passaparola tra amici/parenti, mentre un 10%, effettua questa scelta informandosi autonomamente, attraverso recensioni online, informazioni su vari studi e cliniche e consultando i social. Dati simili erano stati rilevati in un recente sondaggio svolto da Odontoiatria33 che trovate a questo link.
I driver di scelta più importanti rimangono sempre igiene e sicurezza e la possibilità di accedere a un servizio completo, ma sempre più importanti sono la presenza di strumenti tecnologici all’avanguardia (25%) e tecniche moderne (27%), oltre alla condivisione chiara e trasparente del piano di cura, che deve essere scritto in modo chiaro e dettagliato (19%).
La fiducia (56%) rimane indispensabile nella relazione con il dentista, seguita dai costi (40%), dalle garanzie sui risultati (38%) e dalla trasparenza nelle soluzioni proposte (37%).
“Oggi a predominare sono le relazioni interpersonali, le sensazioni che rileviamo e questo vale anche quando andiamo dal dentista”, dice ad Odontoiatria33 il prof. Antonio Pelliccia, economista, esperto di comunicazione e marketing odontoiatrico.“Anche per quanto riguarda non solo la scelta ma il confermare quella scelta da parte del paziente, il rapporto interpersonale con il dentista ed il personale di studio, la propria ‘experience’ di cura, risulta determinate. Molti studi odontoiatrici si sono, sbagliando, affidati ad un marketing aggressivo e poco basato sulla comunicazione interpersonale. Oggi è indispensabile curare questo aspetto, dialogare e parlare ai propri pazienti che devono sentirsi al centro dell’attenzione e non consumatori e questo deve avvenire anche quando visitano il sito o i social network dello studio”.
“Nulla va lasciato al caso –consiglia Pelliccia-oltre ad essere dei bravi clinici si deve imparare ad essere dei bravi comunicatori”. “Il paziente non riesce a capire se la cura canalare a cui è stato sottoposto è stata fatta bene, lo scoprirà dopo anni, ma se ha ricevuto tutte le informazioni ed attenzioni del caso, avrà certamente una sensazione positivi, di assoluta professionalità”.
“Una serie di ricerche condotte anche da istituti internazionali –conclude il prof. Pelliccia- indicano nel 32% i pazienti che ogni tre anni cambiano il dentista per diversi motivi”.
Quindi l’importanza, da parte del paziente, di acquisire una consapevolezza positiva delle cure ricevute e da parte del dentista di riuscire a trasmetterla.La ricerca Nielsen indica nel target anagraficamente più maturo degli intervistati quelli che si ritengono informati sull’intero lavoro che svolgerà o ha svolto dal dentista, e valuta il grado di esperienza del professionista un parametro sufficiente al fine di orientare e di fatto confermare la propria scelta. Al contrario, i più giovani desiderano maggiori informazioni (51%) e vogliono comprendere meglio a quali cure verranno sottoposti. Il 20% è convinto che la procedura di condivisione di informazioni dovrebbe essere una procedura standard mentre solo il 17% si fida ciecamente dell’esperienza del dentista.
“In quest’ottica –sottolineano i ricercatori- la condivisione di una cartella clinica risulta sempre più necessaria per favorire il passaggio da una fidelizzazione ‘forzata’, basata cioè sulla detenzione esclusiva e poco trasparente delle informazioni, a una fidelizzazione ottenuta tramite condivisione”.
L’81% del target reputa utile la condivisione di una cartella clinica digitale comprendente il materiale strumentale e iconografico, in formato digitale e facilmente accessibile per il paziente o per altri specialisti. L’interesse è più elevato tra coloro che attualmente già condividono la cartella clinica con il proprio dentista (88% contro 73%).
Pensando all’esperienza dal dentista, i principali timori degli italiani rimangono dolore e costi, ma anche le esperienze negative, in particolare legate ai risultati degli interventi, sono condivise dal 55% del campione. Di questo 55%, il 41% si è ritrovato ad aprire contenziosi, che hanno portato nel 25% dei casi alla sostituzione immediata del dentista di rifermento. L’81% ritiene anche in questo senso utile disporre di un programma/software, a disposizione del dentista e del paziente, in grado di garantire che il lavoro sia stato fatto seguendo tutti i protocolli corretti e quindi che certifichi l’accuratezza delle cure dentistiche ricevute.
Ma se si chiede agli italiani che cosa non dovrebbe mai mancare dal dentista, un 37% risponde la tecnologia all’avanguardia e un 34% la disponibilità di tecniche di odontoiatria moderne. Interessante è anche la crescente importanza che stanno acquisendo aspetti come l’utilizzo di strumenti per minimizzare il dolore (28%) e strumenti tecnologici con chirurgia mininvasiva (28%). Ancor più rilevante se si pensa che il 32% è interessato a questo tipo di strumenti ma non ne è a conoscenza.
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