Molte conferme e poche novità dal Report sul "Ricorso alle cure odontoiatriche e la salute dei denti in Italia", diffuso ieri dall'Istat. I dati si riferiscono alle abitudini odontoiatriche degli italiani riferiti all'anno 2013 e sono stati estrapolati dall'indagine "Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari" del 2013 attraverso la quale sono state rilevate, precisano dall'Istat, "informazioni riguardanti la salute orale in Italia e l'accesso alle cure odontoiatriche, che consentono di calcolare alcuni indicatori, in parte utilizzati anche a livello internazionale".
Chi va e chi non va dal dentista
Nel 2013 le persone che si sono rivolte a un dentista nei 12 mesi precedenti l'intervista sono oltre 22 milioni, pari al 37,9% della popolazione con più di 3 anni (nel 2005 era il 39,3%).
Aumenta invece la quota di persone che hanno fatto l'ultima visita in un arco temporale tra 1 e 3 anni (dal 24,0% a 29,2%). In totale gli italiani che si sono rivolti ad un dentista almeno degli ultimi 3 anni sono stati il 67,10%.
Ad aver riferito di esserci andati oltre i tre anni sono stati il 24,5% degli intervistati. Diminuiscono quanti dicono di non essere mai stati dal dentista (dall'11,2 all'8,4%), in particolare tra i bambini da 6 a 14 anni (dal 27,5 al 20,9%).
La generale flessione delle cure odontoiatriche rispetto al 2005 è da attribuire soprattutto al minor ricorso al dentista privato. La quota di popolazione che si è rivolta al privato è pari al 32,3% (il 34,7% nel 2005), quelli che hanno scelto il dentista pubblico o convenzionato sono stati il 5,4%, segnando un lieve incremento del 0,50 rispetto all'anno precedente.
Il calo delle cure private ha coinvolto in particolare i bambini di 6-14 anni (dal 41,8% al 38,4%), 15-24enni (dal 37% al 33,5%) e gli adulti di 25-44 anni (dal 39,3% al 35,7%). I dati Istat non riferiscono a chi si sia rivolto il'1,9% dei pazienti che per le cure non hanno utilizzato il dentista pubblico ma neppure quello libero professionista. Percentuale che potrebbe essere stata intercettata dai centri odontoiatrici o ai dentisti all'estero.
Le regioni del Nord-Est presentano la maggiore diffusione del ricorso al dentista con cadenza almeno annuale, in particolare le province autonome di Bolzano (53,2%), Trento (50,5%) e Friuli Venezia Giulia (50,1%). Nel Mezzogiorno il ricorso al dentista quasi si dimezza (28%), con valori molto bassi in Sardegna (32,6%), Puglia (29,5%) e Sicilia (25,0%). Inoltre nel Mezzogiorno è doppia (12,5%) rispetto al Centro-Nord la percentuale di persone che non si sono mai recate da un dentista, con valori massimi in Sicilia (14,4%), Campania (13,1%) e Calabria (13,2%).
La riduzione rispetto al 2005 dei livelli di accesso alle cure odontoiatriche nel privato è più marcata al Nord (dal 41,5% nel 2005 al 38,6% nel 2013) rispetto al Centro (dal 35,3 al 33,3%) e al Mezzogiorno (dal 24,9 al 23,7%). L'accesso all'odontoiatria pubblica o convenzionata è invece in aumento al Nord dal 5,3% al 6,4% ed in particolare tra i bambini fino a 14 anni (dal 7,7 al 9,1%) e tra le persone di 15-44 anni (dal 5,9 all'8,3%).
Chi runica alle cure lo fa per questioni economiche
Delle persone che hanno rinunciato ad effettuare le cure negli ultimi 12 mesi, il 14% della popolazione con più di 14 anni, a dichiarare che lo hanno fatto per problemi economici è stato l'85,2%. Le più basse prevalenze di rinuncia per motivi economici si rilevano invece tra i giovani di 14-24 anni (6,8%) e gli over 75enni (6,1%).
Le buone condizioni economiche familiari possono facilitare il ricorso al dentista e le visite per prevenzione, rileva l'Istat, ma soprattutto rendono meno probabile la rinuncia a cure e trattamenti odontoiatrici. Ha dovuto rinunciare alle cure odontoiatriche il 23,7% delle persone con risorse scarse o insufficienti contro il 7,9% di quelle con risorse ottime o adeguate. In generale le diseguaglianze sono particolarmente accentuate tra le persone adulte di 45-64 anni: rinuncia il 9,6% di chi dispone di buone risorse economiche contro il 31,7% di chi ha risorse scarse.
Prestazioni odontoiatriche richieste
Anche in questo caso i dati Istat confermano che gli italiani che si sono rivolti al dentista negli ultimi 12 mesi lo hanno fatto per una vista di controllo o ablazione del tartaro (24,5%), per cure e conservativa (9,6%), protesi (6,3%), estrazioni (4,9%), altre cure (2,3%), cure parodontali (1,4%). 3% è il dato di chi si è rivolto ad un dentista per cure ortodontiche ma ricordiamo che le percentuali sono riferite a persone con più di 3 anni.
Sul fronte igiene orale e prevenzione nel 2013 il 73% delle persone con più di 3 anni ha dichiarato di lavarsi i denti due o più volte al giorno, il 22,2% lo fa solo una volta al giorno e il 4,8% saltuariamente o mai.
Tra gli anziani sono meno diffuse le pratiche di prevenzione: solo il 49,3% degli over 75 si lava i denti due o più volte al giorno (54,2% fra chi conserva denti naturali) e il 5,4% ha fatto una visita di controllo negli ultimi 12 mesi (10,9% fra chi conserva denti naturali).
La salute orale degli italiani
Per fornire un quadro informativo sulla salute dei denti in Italia, spiega l'Istat, sono stati considerati i seguenti indicatori: la presenza di 28 denti naturali, che attesta la tenuta della propria dentatura al completo, e l'edentulismo, ovvero la perdita di tutti i denti naturali, distinguendo se siano stati o meno sostituiti completamente.
Nel 2013 il 41% delle persone di 14 anni e più riferisce di avere 28 denti naturali, con marcate differenze per età: fino a 44 anni la percentuale è del 70,3%, tra gli ultrasettantacinquenni è del 4,5%. Rispetto al 2005 aumenta la quota di quanti hanno conservato tutti i 28 denti naturali, passando dal 37,8% al 41,4% se si controlla l'effetto dell'invecchiamento della popolazione.
L'11,0% delle persone di 14 anni più, nel 2013, non ha più i propri denti naturali. E' fisiologico che la quota di persone senza denti naturali aumenti con l'età: fino ai 44 anni la percentuale è estremamente bassa (0,2%), tra le persone di 45-54 anni è pari al 2,2% e raggiunge il 50,4% tra gli over 75. Il fenomeno complessivamente è stabile rispetto al 2005 se si analizzano i tassi grezzi (era il 10,9%), mentre risulta in diminuzione se si tiene sotto controllo l'invecchiamento della popolazione (il tasso standardizzato passa dal 12,0% del 2005 al 10,8%). Rispetto al 2005 la quota di persone senza alcun dente naturale si riduce dal 28,4% al 25,1% tra i 65-74enni e dal 53,6% al 50,4% tra gli over 75.
La perdita di tutti i denti naturali è più diffusa tra le donne, soprattutto a partire dai 70 anni: tra le ultrasettantacinquenni la quota raggiunge il 52,2%, contro il 47,6% tra gli uomini.
Nel confronto con il 2005 rimane comunque esigua la quota di persone senza alcun dente naturale che non li ha sostituiti con una protesi o con impianto completo (0,9% tra le persone di 14 anni e più, 5% fra gli ultrasettantacinquenni).
Risultano invece in calo coloro che hanno sostituito completamente i denti mancanti con una protesi o con un impianto completo, soprattutto tra gli anziani (dal 27,2% al 22,9% tra i 65 e i 74 anni e dal 49% al 44,1% dopo i 75 anni).
Forti le diseguaglianze sociali
Il Report fornito da Istat conferma come siano ancora molto forti le diseguaglianze sociali in termini di salute orale. Diseguaglianze sociali nell'accesso alle cure si sono accentuate rispetto al 2005: la quota di persone (di 25 anni e più) che si sono rivolte al dentista nei 12 mesi precedenti l'intervista è diminuita in misura maggiore tra chi possiede un basso titolo di studio (dal 31,0% al 27,6%), soprattutto tra i 25-44enni (dal 36,2% al 31,3%).
Le persone anziane che hanno conseguito la laurea hanno un rischio nettamente più basso di perdere tutti i denti naturali.
L'edentulismo totale diminuisce soprattutto tra gli anziani laureati, passando dal 23,7% nel 2005 al 17,9%, rimane invece stabile nella popolazione anziana diplomata (circa il 24%) e in quella che ha raggiunto al massimo la licenza media (42%). Inoltre tra gli anziani edentuli con basso titolo di studio la quota di chi non ha sostituito alcun dente con protesi né con impianti è quadrupla rispetto ai più istruiti (9,0% contro 2,1% tra i laureati).
Tra le persone laureate raddoppia la propensione a ricorrere alle cure dell'odontoiatra nel corso dell'anno, nonché a sottoporsi a controlli con eventuale ablazione del tartaro nello stesso arco temporale, così come è molto più elevata la propensione a lavarsi i denti almeno due volte al giorno.
Il ricorso alle visite di controllo finalizzate alla prevenzione delle malattie odontoiatriche è in forte diminuzione nel 2013, indipendentemente dal titolo di studio; passa dal 20,9% nel 2005 al 14,2% tra le persone con titolo basso e dal 43,8% al 38,4% tra i laureati. Si accentuano le disuguaglianze nella popolazione anziana: tra le persone con basso titolo di studio, la quota di coloro che hanno fatto visite di controllo si dimezza rispetto al 2005 (dal 12,6% al 7,4%), mentre tra i laureati si osserva una riduzione di minore entità (dal 31,4% al 23,3%).
A questo link l'indagine Istat integrale
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