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19 Luglio 2018

Se la proprietà “consiglia” la cura da effettuare sul paziente

Queste le responsabilità legali, assicurative, deontologiche e morali dell’odontoiatra

Norberto Maccagno

Tra le criticità che i rappresentanti degli odontoiatri portano contro le società odontoiatriche gestite dal “capitale”, c’è quella (tutta da dimostrare) di indicare all’odontoiatria la terapia, più conveniente per la struttura, da proporre al paziente.

La questione è stata posta anche qualche giorno fa durante l’incontro tra il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani ed il presidente ANDI e CED durante il quale, stando al comunicato ufficiale, è stato evidenziato come “la principale preoccupazione è che gli investitori finanziari influenzeranno le decisioni terapeutiche del dentista curante al fine di garantire un elevato ritorno sull'investimento”.

Ovviamente, ribadiamo, è difficile sapere se questa sia una pratica che avviene veramente. Ma nel caso i timori fossero reali, quali sono le responsabilità dell’odontoiatra che accetta di curare il paziente secondo le indicazioni della proprietà? Essendo l’abilitato all’odontoiatra l’unico che può curare il paziente e dovendolo fare secondo scienza e coscienza. 

Lo abbiamo chiesto all’avvocato Maddalena Giungato (nella foto), esperta di legislazione sanitaria, cercando di capire se il “tengo famiglia” può giustificare il fatto di accettare le indicazioni sulla terapia da prescrivere dettate da esigenze puramente commerciali e quali siano le responsabilità, se il dentista decide di accettare i “consigli”. 


Avvocato, può la proprietà della clinica “consigliare” la terapia che il dentista deve eseguire o “caldeggiare” una sistematica piuttosto che un’altra?

Il professionista deve eseguire la propria prestazione in piena autonomia, scegliendo per il paziente il trattamento che, in base alle linee guida ed alle specificità del caso concreto, ritiene più indicato. Un eventuale confronto clinico con il direttore sanitario (non certo con il direttore amministrativo) è assolutamente lecito ma il “consiglio” che sia ispirato da valutazioni di altra natura è cosa affatto diversa e può avere conseguenze sanzionatorie sotto più profili. Quindi anche sotto il profilo deontologico? Certo, basti considerare che l’art 4 del Codice di Deontologia medica prevede che l’esercizio professionale è fondato sui principi di libertà, indipendenza, autonomia e responsabilità, principi che comunque sono alla base di tutti gli articoli del Codice. Peraltro gli art. 30 e 31 del C.D. sanzionano proprio il conflitto di interessi e le prescrizioni che possano procurare un illecito vantaggio economico al sanitario.


Cosa rischia il professionista che accetta di sottostare alle eventuali richieste della proprietà?

Sotto il profilo deontologico una sanzione, che viene irrogata al termine di un procedimento disciplinare e commisurata alla gravità dell’illecito accertato: per cui  difficilmente può comportare  la  radiazione ma  frequentemente può determinare la  sospensione dall’esercizio della professione e, in casi meno gravi, la censura o l’avvertimento. Fermo restando che se il trattamento “consigliato” non è il più indicato e provoca un danno, il sanitario sarà – ovviamente- tenuto al risarcire il paziente e restituire il corrispettivo ricevuto. Il dentista che non vuole sottostare alle presunte imposizioni, ma è legato ad un contratto con la struttura, può comunque rifiutarsi e concludere la collaborazione? Nessun contratto può imporre ad un sanitario di non agire in piena indipendenza e autonomia. Un contratto contrario alla legge non può vincolare le parti: questo è quello che insegna il diritto e ancora prima il giuramento di Ippocrate. L’art. 22  contempla proprio l’ ipotesi del rifiuto di prestazione professionale allorché vengano richieste “prestazioni in contrasto con la propria coscienza o con i propri convincimenti tecnico-scientifici”: Nell’esperienza concreta allorché il professionista intende sciogliersi dal contratto spesso si verificano “frizioni” di varia natura e in questi casi magari per avere un supporto nella gestione di una situazione spesso complessa può essere opportuno rivolgersi al Presidente CAO o al proprio Sindacato. Il dentista quindi ha l’obbligo di denunciare le eventuali “pressioni”.


A chi deve rivolgere?

Si, anzitutto all’Ordine di appartenenza, ai sensi degli art. 64  68 del Codice Deontologico - e magari al proprio Sindacato anche  per un aiuto concreto nella gestione delle eventuali criticità e  se  del caso valutare, nei casi più gravi,  se sia necessario il coinvolgimento della autorità amministrativa e/o  giudiziaria competente.


Se non le denuncia ha delle responsabilità civili ed ordinistiche? 

Si ma ancor prima - è il caso di ribadirlo - ha una responsabilità morale nei confronti del paziente che, nel momento in cui si affida al sanitario si aspetta di ricevere un trattamento che sia unicamente ispirato dalle migliori finalità di cura. Non solo: in casi del genere, c’è anche la possibilità che l’assicurazione non copra il sinistro perché, ad esempio, si potrebbe contestare che il prestare attività professionale sistematicamente in un centro, che esegue un elevato numero di prestazioni, comporti per l’odontoiatra libero professionista un aggravamento del rischio che, se non dichiarato al momento della sottoscrizione della polizza, potrebbe comportare la riduzione o l’esclusione della copertura assicurativa.  Occorre comunque precisare, per quanto pleonastico, che ogni struttura ha una storia a sé e quindi come negli studi monoprofessionali, associati e nelle STP esistono realtà molto diversificate per cui  ogni generalizzazione sul punto è  semplicistica ed inappropriata qualsivoglia. 


In questo ambito che ruolo ha il direttore sanitario, e quali le sue responsabilità sia in ambito civile che ordinistico?

Il Direttore sanitario ha un ruolo di primo piano  perche deve tutelare anzitutto la autonomia dei colleghi del centro e in secondo  luogo, anche sotto il profilo oridinistico, il rispetto delle norme deontologiche: tant’è che deve comunicare tempestivamente il proprio incarico e le eventuali rinunce successivamente intervenute. La figura del Direttore sanitario ha già assunto ma è destinata ad assumere viepiù in futuro un ruolo di crescente importanza: basti pensare alle  modifiche introdotte dall’art. 1, comma 153 e segg della L. 04/08/2017, n. 124 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza) che impongono nei centri polispecialistici in cui è presente un ambulatorio odontoiatrico anche .- un direttore sanitario odontoiatra che non può ricoprire tale incarico in più strutture.La previsione recentemente introdotta ha, in sostanza , riempito di contenuto concreto le prescrizioni dell’art. art 69 del Codice di Deontologia  che vietava  “incarichi plurimi, incompatibili con le unzioni di vigilanza attiva e continuativa”  .Con un ‘ espressione un pò enfatica potremmo sostenere che il direttore sanitario è verosimilmente destinato a porsi quale “garante” della salute del paziente  nei confronti del singolo e delle istituzioni. . E’ innegabile che una maggiore tutela del paziente passi anche attraverso una maggiore valorizzazione -  e responsabilizzazione - del ruolo del Direttore Sanitario : il primo a dover rimanere fedele alla medicina ippocratica, nell’interesse dei colleghi ma anche e soprattutto del cittadino. 

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